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Cronaca

Allevare le api in città? "Servono iniziative per allontanare i pregiudizi"

Nei mesi scorsi il Consiglio Comunale approvando all’unanimità un ordine del giorno a firma della consigliera Pd Patrizia Strocchi insieme con il collega Antonio Zampiga, aveva sollecitato questo dibattito anche per approfondire i contenuti in vista della possibilità di condurre apiari su tetti di edifici e balconi

E’ possibile allevare le api in città? Quali rischi si corrono? Perché stanno sparendo? Allevarle è una forma di pet therapy? Sono stati questi alcuni dei quesiti affrontati nel corso di un incontro pubblico organizzato dall’assessorato Diritti degli animali in accordo con la commissione consiliare 4, Ambiente, sul tema dell'apicoltura urbana. Nei mesi scorsi il Consiglio Comunale approvando all’unanimità un ordine del giorno a firma della consigliera Pd Patrizia Strocchi insieme con il collega Antonio Zampiga, aveva sollecitato questo dibattito anche per approfondire i contenuti in vista della possibilità di condurre apiari su tetti di edifici e balconi, in parchi pubblici, negli orti comunali come avviene in realtà urbane.

In apertura della riunione, coordinata dal presidente Pietro Vandini, l’assessora Giovanna Piaia ha introdotto il tema sottolineando l’importanza di modificare il modo di fare agricoltura "poiché la causa della sparizione delle api dalla campagna risiede nell’uso di sostanze tossiche per uso agricolo. Ulteriori ricerche dimostrano che la creazione di arnie e apiari in città può avere anche la funzione, specie nelle città metropolitane, di monitorare la qualità dell'aria, monitorare la biodiversità di un territorio, poiché le analisi consentono di rilevare le sostanze inquinanti, quali varietà di fiori sono state impollinate e in che quantità, come promosso di recente anche dalla Commissione Europea".

Dall'altra parte le amministrazioni comunali hanno bisogno di verificare tutte le implicazioni che tali pratiche possono produrre sul territorio, primo fra tutti evitare allarmismi fra i cittadini dovuti alle sciamature.  “Per questo motivo – ha detto - va affrontata l’apicoltura in città promuovendo nel contempo azioni informative che allontanino i pregiudizi e mettendo a punto le precauzioni necessarie alla incolumità delle persone. Un rischio, infatti, è rappresentato dagli sciami che possono attaccare l’uomo”. Su questo aspetto è intervenuta Diana Venturini del servizio di igiene pubblica dell’Ausl che ha messo in evidenza come, in un possibile e positivo habitat urbano, vadano comunque affrontati in modo adeguato i pochi aspetti di criticità legati alla possibile aggressività delle api in luoghi cittadini, attraverso una progettazione graduale.

Venturini si è inoltre soffermata sulla necessaria competenza che gli apicoltori e coloro che lo fanno per hobby devono avere nel trattare gli allevamenti che richiedono cura e impegno. Filippo Bosi, veterinario, esperto di apicoltura (area sanità pubblica veterinaria - dipartimento sanità pubblica di Ravenna, Ausl della Romagna) autore di numerose pubblicazioni in materia, ha sottolineato come l’iniziativa di allevarle in città sia non solo possibile e positivo, ma possa addirittura rappresentare un apporto al mondo economico. Ha espresso inoltre un giudizio positivo su questa forma di coltura sotto il profilo della pet therapy per la riscoperta del rapporto con la natura che induce. Franco Asioli, in rappresentanza dell’associazione degli apicoltori della Romagna che ne riunisce oltre 500, ha parlato dell’importanza di questa fetta di mercato che vede un volume di affari pari a 5mila quintali di miele.

A Ravenna il regolamento comunale prevede l’apicoltura urbana dettando le seguenti condizioni: "Gli apiari devono essere collocati a non meno di dieci metri da strade di pubblico transito e a non meno di cinque metri dai confini di proprietà pubbliche o private. Il rispetto delle distanze di cui al primo comma non è obbligatorio se tra l'apiario e i luoghi ivi indicati esistono dislivelli di almeno due metri o se sono interposti, senza soluzioni di continuità, muri, siepi o altri ripari idonei a non consentire il passaggio delle api. Tali ripari devono avere una altezza di almeno due metri. Sono comunque fatti salvi gli accordi tra le parti interessate. Nel caso di accertata presenza di impianti industriali saccariferi, gli apiari devono rispettare una distanza minima di un chilometro dai suddetti luoghi di produzione".

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