Artrosi del ginocchio: tecniche innovative al San Pier Damiano Hospital
Patologia molto frequente negli over 60, colpisce oltre 2 milioni di italiani. Il futuro è dato dalla riparazione biologica con cellule staminali
Utilizzo di metodiche innovative, materiali di ultima generazione e oltre 600 interventi l'anno, 200 dei quali dedicati alla protesica del ginocchio e dell'anca e 250 per artroscopia. San Pier Damiano Hospital, ospedale accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale, è tra le eccellenze nazionali della chirurgia ortopedica del ginocchio. "L'artrosi del ginocchio è una malattia invalidante: per chi ne è affetto anche le attività più semplici possono diventare problematiche - spiega il professor Hassan Zmerly, da oltre 15 anni a San Pier Damiano Hospital e dal 2010 Corresponsabile dell'Unità Operativa di Ortopedia e Traumatologia - Il dolore, il primo e principale sintomo della patologia, costringe il paziente a limitare i movimenti, rinunciare ad una passeggiata, evitare di raccogliere oggetti a terra, andare in bicicletta, praticare qualsiasi disciplina sportiva".
Sulla base delle stime oggi disponibili, si calcola che in Italia siano affetti da artrosi del ginocchio oltre 2 milioni di persone, soprattutto gli over 60. Dati in linea con un'analisi effettuata recentemente da San Pier Damiano Hospital: su un campione di 4.463 pazienti, sottoposti ad artroscopia del ginocchio, è emerso che il 91,9% dei casi esaminati presentava lesioni della cartilagine. Quando si parla di usura della cartilagine, si fa riferimento al termine condropatia; che sia essa di natura degenerativa, traumatica o successiva ad un intervento di asportazione del menisco, la patologia ha un'evoluzione lenta ma progressiva, fino all'usura completa di tutta l'articolazione. Se le terapie farmacologiche e riabilitative falliscono, o si dimostrano non risolutive, è possibile adottare, prima della sala operatoria, metodiche di ultima generazione come l'impiego delle cellule staminali o il Prp (gel piastrinico, concentrato del sangue contenente i fattori di crescita che inducono la riparazione del tessuto).
"Le cellule staminali in particolare - dice Zmerly - sono cellule prelevate dal grasso o dal midollo osseo ed impiantate nell'articolazione danneggiata: queste cellule hanno la capacità di trasformarsi nei condrociti (cellule cartilaginee). Ad oggi sono in corso studi e ricerche per approfondire l'efficacia di questa tipologia di trattamenti". La chirurgia ortopedica applicata alle lesioni cartilaginee o nell'artrosi del ginocchio rappresenta invece una vera e propria sfida per gli specialisti, specie se hanno davanti pazienti giovani e attivi. "Se l'artrosi è di lieve entità - chiarisce il professor - l'artroscopia è utile nel ripulire l'articolazione dai detriti (frammenti) cartilaginei e nel trattare le lesioni a carico del menisco. Attraverso l'artroscopia si elimina il sintomo principale, il dolore, favorendo così la ripresa della mobilità dell'arto. È una tecnica chirurgica mininvasiva praticata con l'impiego di un piccolo strumento chiamato artroscopio - collegato ad un monitor e introdotto tramite una piccola "porta" cutanea (5 millimetri) - che consente di visualizzare dall'interno, e a 360 gradi, lo stato dell'articolazione. Per mezzo di altre mini incisioni vengono poi inseriti gli strumenti chirurgici necessari all'operazione. L'intervento viene effettuato o in anestesia locale (solo il ginocchio), loco-regionale (tutto l'arto inferiore) o generale. La durata dell'artroscopia può variare indicativamente da 45 minuti a un'ora e mezza, secondo la patologia da trattare".
"Nei pazienti under 60 con danno più serio della cartilagine - continua il professor Zmerly - l'obiettivo primario del medico è invece quello di procedere alla riparazione o alla sostituzione di essa mediante altre procedure chirurgiche quali le microfratture dell'osso (stimolando il midollo osseo a formare tessuto riparativo fibro-cartilagineo); gli innesti osteo-condrali (osso+cartilagine) prelevati dall'articolazione del paziente ed inseriti nell'area in cui è presente il difetto; il reimpianto di condrociti (le cellule cartilaginee) prelevati sempre dal paziente; le membrane di collagene oppure gli innesti sintetici". "Se il grado di artrosi del ginocchio è il più grave riscontrabile - aggiunge il professor Zmerly - l'unica alternativa rimane la sostituzione, in anestesia generale o spinale, dell'articolazione con l'innesto di protesi totale o parziale (mediale, laterale, femore-rotula). Il consolidamento delle tecniche interventistiche, lo sviluppo della chirurgia mininvasiva (incisioni ridotte, minor sanguinamento, minor stress operatorio), il rispetto dei tessuti - e dunque una ripresa psicofisica del paziente più rapida - uniti all'evoluzione dei materiali (TNT, Polietilene, Ceramica) con una durata nel tempo delle protesi di oltre 20 anni, ci consentono oggi di migliorare i risultati clinici e ridurre al minimo le complicanze".
Il tempo di recupero successivo all'artroscopia del menisco è stimabile in 1 mese, mentre se l'intervento riguarda la rimozione dei frammenti cartilaginei la tempistica è indicativamente di 2-3 mesi. Quando si fa ricorso alla protesi del ginocchio, il paziente si ristabilisce nell'arco di 3-6 mesi (dipende dal soggetto operato e dalle condizioni cliniche di partenza). Per quanto riguarda invece la riduzione e cura delle patologie cartilaginee e di artrosi vera e propria, esclusa quindi l'interventistica diretta, non vi sono tempi certi poiché i trattamenti vanno ciclicamente ripetuti ed hanno come funzione primaria quella di alleviare solo la sintomatologia. "Il futuro - conclude il Professor Zmerly - è dato dalla riparazione biologica con cellule staminali; allo stato attuale la sostituzione protesica trova indicazione nei casi più gravi, mentre l'artroscopia ha effetti solo sui sintomi della malattia ma non blocca il suo avanzamento".