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Cronaca Lugo

Boom di iscritti per il corso di aiuto cuoco per disabili

Una trentina di domande per undici posti disponibili. E’ boom di iscrizioni al corso gratuito di formazione (appena partito) per aiuto cuoco riservato a persone disabili

Una trentina di domande per undici posti disponibili. E’ boom di iscrizioni al corso gratuito di formazione (appena partito) per aiuto cuoco riservato a persone disabili iscritte ai centri per l’impiego della provincia di Ravenna. Progettato e realizzato dal Cefal, ente di formazione del Movimento cristiano-lavoratori-Mcl,  nella sede a Villa San Martino di Lugo (via Provinciale Bagnara, 30; tel. 0545 24330; mail: segreteriavillasanmartino@cefal.it), il percorso professionalizzante è finanziato da Regione Emilia-Romagna e Provincia di Ravenna.

«Abbiamo intercettato, ma anche dato risposta concreta ad una specifica domanda di formazione proveniente dal nostro territorio», spiega il direttore del Cefal, Flavio Venturi. Riservato a persone con diverse abilità in età lavorativa che aspirano a mettersi ai fornelli ben preparati, le 350 ore (210 teorico-pratiche e 140 di stage) tra libri e padelle coprono tutti gli step che portano a indossare l’agognato cappello: dallo studio dei principi nutrivi degli alimenti alle norme sulla sicurezza nei luoghi del lavoro. Per non parlare dell’arte di imparare a friggere-bollire o grigliare.  Passaggi compiuti tenendo ben presente le attitudini degli alunni.

Insomma gli undici aspiranti aiuto-cuochi, imparando a mettere le mani in pasta, entrano dalla porta principale di un settore che, soprattutto nel ravennate, non conosce particolari battute di arresto. Anzi. Come dimostrano alcune edizioni precedenti dello stesso corso che hanno avuto fino a undici contratti di lavoro su quindici partecipanti. Segno quindi che quanto prevede la legge 68/99 in termini di «promozione dell'inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato» può diventare una realtà.

Un traguardo che dimostra come l’idea alla base del modus operandi del Cefal sia più che mai valida. Più di trent’anni fa, l’ente di formazione intuì che il lavoro non ha solo una dimensione produttiva, ma anche (e soprattutto)  sociale. «In questo modo – prosegue Venturi -, noi ‘usiamo’ il fare come strumento per essere. Ovvero come un inserimento sociale graduale delle persone svantaggiate o in difficoltà che altrimenti, in seno alle nostre comunità, non avrebbe una loro identità sociale».  E quindi vivrebbero ai margini.

E se, da un lato, l’equazione lavoro-dignità della persona viene risolta dal Cefal con corsi tagliati sui talenti del singolo, dall’altro non si perdono di vista le esigenze del mercato. Poiché, osserva Venturi, «i nostri corsi sono pensati in collaborazione con le imprese del territorio. E questo è il modo migliore non solo per dare risposte concrete a chi è in cerca occupazione e a chi la offre, ma anche per fare incontrare domande e offerta all’interno del nostro centro di formazione».

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