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Cronaca

Cellulari vietati durante la caccia, il Tar respinge il ricorso di Federcaccia Ravenna

Secondo il tribunale "nessuno vuole limitare il diritto a comunicare". Il Pri pronto a sostenere una raccolta firme per il ricorso al Consiglio di Stato.

Il Tar di Bologna ha respinto tutti i motivi del ricorso della Federcaccia di Ravenna contro la disposizione del calendario venatorio regionale che ha vietato l'utilizzo del cellulare ai cacciatori, salvo quanto previsto dal regolamento sulla caccia agli ungulati (limitatamente al momento organizzativo dell'azione di caccia o per garantire l'incolumità delle persone) e nei casi in cui risulti di primaria importanza tutelare la salute personale.
La disposizione, secondo la sentenza, non è affatto irraggionevole: "è un fatto notorio che gli strumenti di comunicazione radio-telefonici possono essere utilizzati dai cacciatori per agevolare la ricerca della fauna selvatica e per azioni di caccia congiunta.Anche quando è stata ammessa la caccia in forma collettiva al cinghiale, l'uso degli strumenti di comunicazione è stato consentito limitatamente al momento organizzativo dell'azione di caccia o per garantire l'incolumità delle persone, rimanendo comunque vietato durante l'esercizio della caccia. Il divieto non vuole limitare il diritto di comunicazione, non è imposto per qualsivoglia motivo, anche solo per riferire ad un proprio familiare o amico un semplice ritardo, come affermato dall’associazione ricorrente, ma nel momento in cui il cacciatore sta esercitando la sua attività venatoria. Il ricorso, in conclusione, è infondato". Federcaccia dovrà anche pagare le spese del procedimento, 2mila euro.
Una volta venuti a conoscenza della sentenza, i  consiglieri comunali del  PRI di Ravenna, Giannantonio Mingozzi e Chiara Francesconi, ribadiscono la loro contrarietà alle disposizioni della Regione e la disponibilità a sostenere la raccolta di firme per un eventuale ricorso al Consiglio di Stato. “Siamo solidali con Federcaccia, Libera Caccia e tutti coloro che ritengono questo divieto della Regione frutto di pregiudizi e non di un'analisi serena delle responsabilità che si assumono i cacciatori e la loro volontà di rispettare leggi e buon senso: qualora si decida di raccogliere le firme per un ricorso al Consiglio di Stato siamo disponibili fin da ora ad impegnarci affinché una decisione così esagerata venga rivista”.
 

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