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Cronaca

Delitto e Castigo 'porno' dal teatro Alighieri ai banchi del consiglio comunale

Continua a fare discutere l’adattamento a opera di Konstantin Bogomolov di “Delitto e castigo” dopo le critiche sopraggiunte dal Popolo della Famiglia prima e dall'associazione culturale San Michele Arcangelo poi

Continua a fare discutere l’adattamento a opera di Konstantin Bogomolov di “Delitto e castigo”, prodotto da “Emilia Romagna Teatro Fondazione” nell’ambito delle celebrazioni del suo quarantennale che andrà in scena martedì e mercoledì. Dopo le critiche sopraggiunte dal Popolo della Famiglia prima e dall'associazione culturale San Michele Arcangelo poi, anche Lista per Ravenna interviene nel merito, presentando un question time al sindaco De Pascale.

"Sono convinto che non si debba fare censura sui lavori di ricerca artistica, anche provocatori e dissacranti, qual è l’opera in questione di Bogolomov, regista tra i più irriverenti e derisori della scena russa - spiega il capogruppo Alvaro Ancisi - Lascio dunque ogni giudizio sul suo valore e qualità a chi sceglie di pagare il biglietto d’ingresso. Cedo perciò la parola alla recensione pubblicata dalla rivista Teatro e Critica in occasione della sua rappresentazione all’Arena del Sole di Bologna. Partendo dall’assunto, “cinico ma condivisibile dato di fatto”, che "il dubbio se sia giusto o meno uccidere non è più un argomento così attuale" (da un’intervista a Bogolomov), da cui consegue che “al delitto non consegue necessariamente il castigo né la pena”, Teatro e Critica riferisce però che “a determinare negli spettatori reazioni quali borbottii o esclamazioni di disgusto o anche un ‘ma che c’entra?’ sono alcune scene che fanno riferimento a una sessualità violenta perché tenuta doverosamente a bada dalla moralità”. Questa è personificata sul palco, a sovrastare tali scene, da un “vigoroso pressante” crocifisso asessuato, “simbolo di un Dio pantocratore e di una religione asfissiante che determina il peso delle azioni degli uomini”. Emilia Romagna Teatro Fondazione si definisce “un palcoscenico progettato per proprie città e con le proprie città”; di qui, le seguenti domande rivolte al sindaco, quale rappresentante politico della città di Ravenna: se ritiene opportuno che l’amministrazione pubblica a cui fa capo l’Ert abbia scelto lo spettacolo in questione come celebrativo di quarant’anni della politica culturale nella nostra regione, tenuto conto che potrebbe ragionevolmente non essere condiviso da larga parte della comunità che finanzia la Regione Emilia-Romagna stessa; se ritiene che tale tipo di scelta sarebbe stata o sarebbe compiuta nel caso che, a simboleggiare l’oppressione asfissiante delle religioni sulle “azioni degli uomini”, non fosse, almeno una volta nella nostra Regione, solamente la religione cristiana, su cui peraltro si fondano le radici della civiltà occidentale o se, al contrario, ciò non significhi, a suo giudizio, una forma di non intrepida autocensura".

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