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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

I ricordi di una volta riaffiorano con "Sguardi in camera": raccolte 700 pellicole

Le tavolate in pineta per San Giuseppe, il barista che per vent'anni ha ripreso i clienti, la vita del Villaggio Anic e la costruzione della Romea: emergono tante storie preziose dai filmati consegnati dai ravennati

Venerdì si è chiuso il bando di raccolta pubblica “Sguardi in camera – Ravenna nei film di famiglia e amatoriali” promosso dall’assessorato alle politiche e cultura di genere del Comune e da "Home Movies - Archivio del film di famiglia" in collaborazione con l’Istituzione Biblioteca Classense e con la Fondazione Casa di Oriani. L’adesione di numerosi cittadini ravennati e l’elevato numero delle pellicole raccolte hanno decretato per gli organizzatori il successo dell’iniziativa. Nei sessanta giorni di apertura del bando, infatti, 63 ravennati hanno aderito al progetto conferendo oltre 700 pellicole nei formati 8mm (40%) e Super8 (60%). Da segnalare anche la consegna di fondi in 16 mm, un formato già professionale, che rappresentano una particolarità e che avranno necessità di essere analizzati e studiati a parte. In totale le ore di girato raccolte equivalgono a 49, contro le 30 che ci si era dati come obiettivo.

“Un sentito ringraziamento – dichiara l’assessore alle politiche e cultura di genere Ouidad Bakkali - ai cittadini che con generosità hanno donato pezzi della loro memoria familiare alla città. Siamo già al lavoro per concretizzare la seconda parte del progetto, ovvero il focus sul ruolo delle donne e il cambiamento in questi ultimi 50 anni”. Gli anni di realizzazione delle pellicole partono dai primi anni '50 del secolo scorso a rappresentare una Ravenna in bianco e nero, come le riprese della spiaggia di Porto Corsini con le tende a fare ombra ai bagnanti, le turiste con i costumi interi e per quelle più emancipate i “due pezzi”, con i bambini che giocano a palla e si divertono con l’altalena, mentre il corpus delle pellicole si situa a metà degli anni ’60 e metà degli anni ’80, dove il colore prevale sul bianco e nero. Ravenna appare una città dinamica, che afferma la propria identità attraverso l’arrivo del boom economico che predispone verso consumi alla portata di tutti (le abitazioni con gli elettrodomestici, le prime gite fuori città con la fiat 500 o la Lancia, in estate le domenica al mare o in inverno nelle località sciistiche). Alcuni fondi consegnati sono di particolare interesse poiché documentano aspetti meno consueti e per questo molto interessanti come il mondo del lavoro (le immagini realizzate al porto industriale di Ravenna con le operazione di scarico delle grandi navi mercantili, o la documentazione dell’attività nel proprio esercizio commerciale o nei reparti d’ospedale con i colleghi medici o le riprese dei cantieri stradali, i lavori agricoli quali l’aratura, la trebbiatura, l’aratura). Le pellicole raccolte provengono da quasi tutti i quartieri della città, compreso il forese, a costituire una mappa che si compone di immagini, scorci, panoramiche, prospettive e che privilegia il punto di vista del cittadino.

Giuseppe Pazzaglia e Silvia Savorelli, ideatori e responsabili del progetto, hanno effettuato delle interviste ai cineamatori delle pellicole, a volte agli autori stessi, altre ai figli o ai nipoti di chi aveva effettuato le riprese, con lo scopo di raccogliere preziose informazioni, documentazione, storie e vicende famigliari, avvenimenti, per dare spessore al controcanto delle immagini in movimento. Così vicende personali si mescolano con avvenimenti legati alla vita della città, come i racconti e le immagini di Ermes Calderoni che insieme alla moglie Alda ha ripreso le tavolate che i ravennati organizzavano in pineta nel giorno di San Giuseppe, un’usanza che è andata perduta e che coinvolgeva tutta la città; le riprese di Enrico Ridolfi, da tutti conosciuto come “Rico”, storico proprietario di un bar in via di Roma che per oltre vent'anni ha ripreso i clienti, i riti del caffè e delle colazioni, le partire a carte, il biliardo, le cene con gli amici, ma anche quello che succedeva in strada, le corse di auto e moto d'epoca, le gare ciclistiche, lo scorrere della vita della città. Monica Piancastelli tiene moltissimo all’archivio di pellicole che le ha lasciato il padre Ezio, che per lavoro ha viaggiato molto all’estero e ha girato tanto con la sua cinepresa. Mariano Brandi ha consegnato 20 bobine, girate dal padre Daniele ma anche da lui e dai suoi fratelli, con le vacanze, i matrimoni ma anche la vita del Villaggio Anic, ora quartiere San Giuseppe, un pezzo importante della storia di Ravenna, raccolta in quei fotogrammi 8 mm. Sergio Trombini racconta di quando, durante il servizio militare, arrivò secondo ad una gara nazionale di pentathlon militare e come premio ricevette una macchina da presa 8mm che usò poi per documentare e riprendere la vita della sua famiglia (ha mostrato la fotografia della cerimonia della premiazione quando a consegnare la medaglia e la cinepresa fu incaricato un giovane Giulio Andreotti). Manuela Farneti ha deciso di depositare le pellicole che racchiudono la storia della sua famiglia, del padre Antonio, figura chiave della Resistenza, comandante di radio Zella, la madre Rina Belleghi, staffetta partigiana. Paola Panzavolta ha consegnato preziose pellicole 16mm del padre Adriano, che oltre a riprendere la sua famiglia documentava anche i cantieri stradali che dirigeva, come la costruzione della Romea, ma anche la sua grande passione, la vela.

Giuseppe Pazzaglia e Silvia Savorelli hanno accertato come la diffusione e l’utilizzo delle cineprese amatoriali non fossero, per via dei costi, appannaggio della classe media, medio-alta ravennate, ma che avessero un certo grado di diffusione anche nei ceti dei lavoratori, che comunque non volevano rinunciare alla possibilità di esprimersi con il linguaggio delle immagini in movimento e manifestavano la volontà di lasciare comunque un segno della propria vita. Le fasi successive alla raccolta prevedono il lavoro di visione e di inventariazione, peraltro già avviati, in modo da disporre delle informazioni necessarie per precisare le caratteristiche dalle singole bobine ai fondi più corposi e articolati, un lavoro di ricerca e di approfondimento quindi sulle pellicole, sui contesti e sui soggetti ripresi. Nei mesi di novembre – dicembre verrà allestita in compartecipazione con l'assessorato alle Politiche e cultura di genere, nella Manica Lunga della Biblioteca Classense una mostra di immagini tratte dai fotogrammi dei film di famiglia raccolti e nello specifico verrà organizzato un percorso espositivo che metterà al centro il ruolo della donna e i cambiamenti sociali e culturali di questi ultimi 50 anni di storia. Nella grande maggioranza dei casi, la cinepresa è stata nelle mani degli uomini, sia perché si potevano permettere l’acquisto del mezzo e di sostenere le spese di “produzione” del film (acquisto dei caricatori, sviluppi, lavorazioni, applicazioni del sonoro) sia perché tradizionalmente si pensava che gli aspetti legati alla tecnica e alla manualità fossero ad appannaggio dell’uomo, perché più propenso, più capace a gestirli, “naturalmente”. Poi, in realtà, la ricerca ha individuato come diverse fossero le cineoperatrici donne che riprendevano con la macchina da presa; ricordiamo in questo caso Paola Zavatta che ha documentato i suoi avventurosi viaggi africani con il marito Gino Sorci. In occasione della mostra si cercherà anche di organizzare un calendario programmato per consentire la restituzione nei supporti digitali dei film restaurati e digitalizzati ai cittadini ravennati che hanno deciso di donarli all’Archivio Nazionale del Film di Famiglia.

Questa prima fase del progetto “Sguardi in camera” ha dimostrato come sia vivo nella comunità ravennate il desiderio di raccontarsi e di valorizzare la storia della propria città, e per questo motivo l’auspicio dei promotori è che in futuro si possano individuare dei nuovi finanziamenti che permettano di proseguire il lavoro di raccolta delle pellicole, i colloqui e le interviste con i donatori, l’inventariazione e la visione del materiale raccolto soprattutto con la prospettiva di creare un archivio ravennate della memoria filmica famigliare quale parte integrante dell’Archivio Nazionale del Film di Famiglia.

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