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Cronaca

"Il Comune sposta i mosaici di Invader: e a pagare tocca sempre ai cittadini"

Lista per Ravenna: "Nessuna spiegazione giustifica gli interventi, se non l’ermetica necessità di “garantire la tutela e la conservazione dell’edificio""

Il 7 settembre scorso, il Comune di Ravenna ha approvato un “intervento di ricollocazione tessere mosaico” presso la Porta Serrata di via di Roma e l’Arco del Morigia di via Ravegnana (il cosiddetto Portonaccio), affidandone i lavori a una ditta di restauro, decorazione e restyling al prezzo di 7.930 euro, comprensivo di 1.500 per oneri di sicurezza. "Gli interventi consistono nella rimozione meccanica delle piastrelle colorate di ceramica poste sulle decorazioni in marmo delle due porte, che verranno poi ricollocate “sul paramento murario in laterizio” a lato delle decorazioni: in sostanza, un trasferimento dal marmo lesionato alle pietre. Nessuna spiegazione giustifica gli interventi, se non l’ermetica, quanto roboante, necessità di “garantire la tutela e la conservazione dell’edificio"" - spiegano Alvaro Ancisi e Stefano Donati, capigruppo di Lista per Ravenna in consiglio comunale e nel consiglio del Centro urbano - Nel 2006, però, entrambi i monumenti erano già stati oggetto, insieme alle altre porte storiche della città, di un intero restauro, comprendente anche il consolidamento delle decorazioni, finanziato dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna con 877 mila euro. Lista per Ravenna ha perciò voluto verificare sul posto quali siano le “pericolose” piastrelle decorative in questione, accertando che si tratta di quelle installate - in piena notte e senza che la proprietà, cioè il Comune, nulla sapesse - dall’artista Invader. Forse per malinteso senso della privacy, il provvedimento del Comune non ne fa menzione. Le suddette opere d’arte versano peraltro nelle ottime condizioni iniziali. Tutto dunque si collega alla segnalazione che nel marzo 2015 il Consiglio territoriale del Centro Urbano, su proposta di Lista per Ravenna, rivolse alla Soprintendenza per i Beni architettonici: “Recentemente, la città di Ravenna è stata oggetto di alcune incursioni artistiche ad opera dello street-artist francese noto con lo pseudonimo “Invader”. In vari punti della città sono state installate le sue opere, rappresentate da mosaici di piastrelle che si ispirano ad un celebre videogame degli anni ’70. A quanto ci risulta dalle informazioni in nostro possesso, l’unica installazione ufficiale, realizzata in collaborazione con il Comune di Ravenna, risulta essere il mosaico posto sulla parete del Planetario, mentre in parallelo e in varie forme, sono state installate numerose opere non ufficiali e non autorizzate. Nello specifico e per quanto di Vostra competenza, questo Consiglio Territoriale si rivolge alla Soprintendenza di Ravenna, per avere informazioni circa le due installazioni effettuate sullo storiche Porta Serrata e Porta Ravegnana, al fine di chiarire se siano state da Voi effettivamente autorizzate. In caso contrario, chiediamo quali azioni saranno intraprese per i due piccoli mosaici in stile spaziale”. La richiesta non ha ricevuto nessuna risposta. Il provvedimento di “restauro” del Comune non ne parla, ma i fatti dimostrano, anche se con spregio della trasparenza e con risultato discutibile, che era a segno. Era stata approvata dai consiglieri di tutti i gruppi politici, salvo due del Pd, perché “a loro le opere di Invader piacciono”. Piacciono anche ai sottoscritti, che le avrebbero accettate volentieri, se cortesemente richiesti, sulla propria abitazione. Ma il pregio artistico non era e non è in causa. Si vorrebbe solo che anche gli artisti rispettassero le leggi, nella fattispecie quelle che tutelano, addirittura a livello costituzionale, la proprietà, pubblica e privata; e che le opere d’arte non si sovrapponessero - come il caso dimostra - all’integrità dei beni storici monumentali. Se poi, solo per metterci una pezza non si sa quanto migliore del buco, tocca agli incolpevoli cittadini pagare – con dubbia liceità - una fattura da 8mila euro, il nostro dissenso, nulla avendo a che fare con le legittime valutazioni sulla qualità delle opere d’arte, è anche maggiore".

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