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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Matteo Cagnoni torna a Ravenna, le associazioni femministe: "Quale giustizia? Siamo indignati"

Il 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne, si è sparsa la notizia che Matteo Cagnoni è stato riportato di nuovo nel carcere di Ravenna

Il 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne, si è sparsa la notizia che Matteo Cagnoni, il dermatologo ravennate condannato in primo grado all'ergastolo per l'omicidio della moglie Giulia Ballestri, è stato riportato di nuovo nel carcere di Ravenna. Nello stesso giorno, tra le tante scarpette rosse contro la violenza disposte su tutta piazza del Popolo, è comparsa una sedia con appoggiate sopra tre piccole paia di scarpette bianche, a simboleggiare i tre figli della coppia, con affisso un cartello dedicato proprio a Giulia Ballestri.

"Proviamo stupore e indignazione per questa decisione, che riteniamo ingiusta e gravissima, un vero affronto alla memoria di Giulia e a tutte noi donne che da anni, giorno dopo giorno, lavoriamo e lottiamo per contrastare e sconfiggere ogni forma di violenza contro le donne - commentano in merito al ritorno di Cagnoni nel carcere di Ravenna le associazioni Udi (Unione donne in Italia), Linea Rosa, Dalla parte dei minori e Casa delle donne (le prime tre costituitesi parte civile nel processo contro il medico ravennate) - Stando alle parole di uno dei legali dell'“insigne” dermatologo, il trasferimento dall'opprimente carcere della Dozza di Bologna al più confortevole e domestico carcere di Ravenna sembra dovuto al disagio provocatogli dall'aumento di attacchi di panico e dalla lontananza dai familiari, condizioni che avrebbero spinto “le istituzioni a dimostrare grande umanità condividendo questa richiesta e applicando la legge. Quale legge? Ci chiediamo noi, anche a nome delle donne che hanno riempito le strade di Roma sabato 24 novembre, che hanno punteggiato piazza del Popolo a Ravenna di scarpe rosse, tante quante le donne vittime di femminicidio, vittime di violenza in famiglia, vittime di uomini padri padroni, figli a loro volta di una cultura patriarcale e sessista. L'istanza è stata accolta dal DAP (dipartimento dell'amministrazione penitenziaria), e ha ottenuto il nulla osta del Tribunale, attraverso l'attuale presidente di Corte d'Assise. Prassi vuole, invece, che i detenuti condannati per reati gravi debbano scontare la pena in strutture idonee, non quindi il carcere di via Port'Aurea, nel quale sono detenute le persone in attesa di giudizio e quelle condannate a pene inferiori ai cinque anni, o con un residuo di pena inferiore ai cinque anni. Ci informeremo presso queste istituzioni per capire che cosa sta succedendo, quale legge è stata applicata e quale umanità rispettata. Lanceremo appelli che mirano ad allargare la nostra ansia di conoscere e di ricevere una giustizia che sia uguale per tutti e per tutte".

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