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Cronaca

Morto Tonini, le sue parole alla Chiesa: "La gente ha bisogno di preti che ci credono"

""Cerco solo di testimoniare, di esprimere quello che penso. Adesso i giornali danno etichette a tutti e a me è toccata quella di 'grande comunicatore'. Cosa significa? Mia madre ad esempio non andava alla radio o in tv, ma comunicava molto più di me"

“Cerco solo di testimoniare, di esprimere quello che penso. Adesso i giornali danno etichette a tutti e a me è toccata quella di 'grande comunicatore'. Cosa significa? Mia madre ad esempio non andava alla radio o in tv, ma comunicava molto più di me. Il fatto è che viviamo in una società dove il valore e' misurato dalla notorietà. Invece bisognerebbe essere noti per il valore”: è a riflessione che alcuni anni fa il cardinal Tonini fece sulla sua etichetta di “comunicatore di Dio”. La capacità di parlare dritto al cuore è senza dubbio la dote che, per i tanti fedeli che lo seguivano, contraddistingueva Tonini.

Altra domanda: La tv quanto ha cambiato la sua vita? ''Niente. Sono quello di prima. Se mi chiamano in tv, vado. Ma sempre con molta paura e trepidazione. E' una cosa estremamente seria. Poi, durante le trasmissioni ritorno quello di prima. Ma vado in tv come vado quando mi invita il parroco di un paese di montagna. Io sono a disposizione di tutti''. L’apice della notorietà arrivò quando Enzo Biagi volle fargli commentare sulla prima rete Rai 'I Dieci Comandamenti”. . ''Il cardinale Tonini - commentava Giulio Andreotti - è estremamente moderno nel saper usare i mass media, la televisione in modo particolare, ma al tempo stesso è estremamente fermo sui principi che enuncia''.

Il suo 'abc' di comunicatore, Tonini lo ha imparato nella semplicità povera ma dignitosa della fanciullezza in campagna (il padre Cesarino ''aveva solo la terza elementare ma leggeva il giornale alla famiglia riunita in circolo''), come nella frenetica attività giornalistica del dopoguerra, quando fu chiamato a dirigere il settimanale diocesano di Piacenza. ''La gente - diceva il cardinale - ha bisogno di vedere preti che ci credono, non preti che insegnano. L'insegnamento della verità è indispensabile, ma deve venire dalla vita, dall'esperienza di una vita, non dai libri di teologia o di sociologia''.

E dunque, ''il prete che parla in tv deve sempre ricordarsi che è un testimone, non un insegnante. Non conta tanto la verità di quel che si dice, ma il come lo si dice, l' atteggiamento, il tono e se quel che racconta riflette la vita''. Ha dei rimpianti?, gli era stato chiesto qualche anno fa. ''Nessuno. Sono felice di aver seguito la vocazione. Felice del cammino che Dio mi ha condotto a fare, e di cui non riesco mai a smettere di meravigliarmi. Mi fa perfino paura''. E se dovesse chiedere perdono a qualcuno? ''Certamente chiederei perdono al Signore. Ma più che perdono dovrei ringraziarlo perchè è stato troppo buono con me''. ''Essere cristiani - aveva aggiunto in un'intervista ad 'Avvenire' in occasione dei suoi 90 anni - non è una condotta morale, è una gratitudine. E' essere come tanta gente semplice che ho conosciuto in confessionale, quando ero parroco: semplicemente grati a Dio, come un figlio col padre''.

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