Processo Cagnoni, la difesa all'attacco: "E se a uccidere Giulia fossero stati in due?"
Dopo la prima parte dell'arringa difensiva di Matteo Cagnoni, durante la quale l'avvocato Giovanni Trombini ha cercato di smontare le prove portate dall'accusa, lunedì pomeriggio sono emersi nuovi elementi
Dopo la prima parte dell'arringa difensiva di Matteo Cagnoni, il dermatologo ravennate accusato dell'omicidio della moglie Giulia Ballestri - durante la quale l'avvocato Giovanni Trombini ha cercato di smontare le prove portate dall'accusa - lunedì pomeriggio sono emersi nuovi elementi. Il legale di Cagnoni ha continuato nella ricostruzione dei giorni vicini all'omicidio del 16 settembre 2016: per la difesa, a differenza di quanto sostenuto dall'accusa, "non vi è prova che Cagnoni sia rientrato nella villa dell'omicidio dopo il 16 settembre". Trombini solleva infatti dubbi sull'affidabilità del gps dell'auto di Cagnoni e del “tettuccio nero” dell'auto che si vede passare vicino a via Padre Genocchi sabato 17; per la difesa, infatti, non ci sarebbe una Chrysler quel sabato che va in via Padre Genocchi, e per questo il pubblico ministero avrebbe "omesso di acquisire i filmati delle telecamere della Guardia di finanza riferite a quel sabato, ma fermandosi al venerdì". In sostanza, per Trombini la pubblica accusa vede che nei filmati non c'è nulla di utile, quindi non li acquisisce per lasciare il dubbio che qualcosa, invece, avrebbe potuto esserci. Restano però le due telefonate che, quel sabato, partono dalla casa della coppia di via Giordano Bruno verso la villa di Firenze dei genitori di Cagnoni: chi è che chiama da quella casa che, in teoria, doveva essere deserta? "Questo resta un grande mistero che nessuno è riuscito a spiegare", sorvola Trombini.
Si passa poi all'analisi di domenica 18 settembre. Quella mattina Cagnoni sente per telefono la madre di Giulia, che gli dice che sua moglie non si trova. "Matteo pensa subito che lei sia con l'amante - spiega l'avvocato - e perchè dovrebbe tornare? Voi lo avreste fatto? Non tornare, di certo, non fa di lui un assassino". E invece di tornare, Cagnoni si reca dall'amico avvocato - Trombini, appunto - a Bologna insieme al padre. "E andare dall'amico avvocato - suo amico - diventa indizio di responsabilità solo perchè sono un penalista? E' un ragionamento perverso che limita la libertà di esercitare un diritto", tuona rivolgendosi alla pubblica accusa. Cagnoni, per Trombini, "ha la sola colpa di essersi fatto gli affari suoi per due giorni ed essere poi andato a Bologna; e per questo gli inquirenti lo raggiungono a Firenze ancor prima del ritrovamento del cadavere, usando modi duri e dicendo frasi come 'Lo sai cosa ha fatto tuo figlio?' al padre. Matteo quindi si spaventa e fugge, e anche quella fuga diventa la prova del fatto che lui è colpevole". Anche l'ipotesi della fuga premeditata in aereo, lanciata dall'accusa, per Trombini è da scartare: "Avrebbe sprecato troppo tempo, poteva farlo prima". E i messaggi inviati domenica notte all'amica e alla segretaria, in cui mostrava di sapere già cosa era successo alla moglie ancor prima del ritrovamento del cadavere usando parole come "tragedia" e "grosso guaio"? Per Trombini "Cagnoni, in quel momento, sapendo che c'era la Polizia in casa sua pensa che abbiano trovato Giulia morta. Provate a pensare di ritrovarvi accusati di un omicidio così grave: anche voi parlereste di "una tragedia". Cosa si prova nell'animo dopo una cosa così? Si cerca di ricordare, ma i ricordi reali si mescolano ai dati immaginari, si confondono i momenti". Così come sarebbe stata confusa la madre di Matteo Cagnoni nel dire ai poliziotti (sempre prima del ritrovamento del cadavere), che i tre bambini si trovavano a Firenze perchè la loro madre era stata uccisa tre giorni prima da un ladro nella villa di Ravenna: per la difesa, è la frase di "un'anziana con problemi cognitivi, e non la prova di un alibi annunciato troppo presto", come invece sostiene l'accusa. E cosa dire del padre poi? "Se il figlio fosse stato colpevole, non avrebbe mai dato i filmati delle videocamere di sorveglianza alla Polizia". Non solo: per Trombini indagare il padre di Cagnoni per favoreggiamento e poi per concorso in occultamento di cadavere sarebbe “un vergognoso attacco alla famiglia, non è più solo un processo a Cagnoni ma alla sua intera famiglia”.
La villa dell'omicidio
Trombini entra poi nella villa dell'omicidio: l'avvocato solleva dubbi sull'effettiva chiusura del cancello, della porta e sull'allarme inserito o meno. Su quest'ultimo la difesa mostra un video in cui non si sentirebbe il 'bip' del disinserimento dello stesso. "Non è quindi possibile dire che chi ha ucciso Giulia quando è uscito abbia inserito l'allarme", conclude il legale. La porta del terrazzo all'ultimo piano, poi, è un elemento su cui la difesa ha sempre insistito molto: era aperta o chiusa quando entra la Polizia? Trombini mostra di nuovo il video girato dagli inquirenti dell'ingresso nella villa: per la difesa era già aperta, e da lì si sarebbe potuto introdurre un ladro – "non un acrobata con gli elastici, come disse Cagnoni, ma magari arrampicandosi su un gazebo e poi su di un condizionatore", azzarda il legale. Dubbi vengono sollevati anche sulla dinamica dell'aggressione: per Trombini, se Giulia dopo l'aggressione sul ballatoio fosse stata trascinata lungo le scale "si sarebbe dovuta trovare una lunga scia di sangue (nonostante l'attività di ripulizia)". Per la difesa, dunque, Giulia non è stata trascinata, ma sarebbe scappata a piedi lungo le scale; la ripulitura da parte dell'omicida, poi, impedirebbe una ricostruzione precisa di cosa è successo nel salotto. Trombini torna a parlare di "un tentativo di strozzamento e soffocamento", per l'accusa inesistente, a cui Giulia avrebbe reagito graffiando il suo aggressore con le unghie: e così si spiegherebbe il dna estraneo trovato sotto le unghie della vittima, elemento su cui come prevedibile la difesa fa molta leva. Il trascinamento del corpo di Giulia, invece, anche per la difesa è certamente avvenuto dalla sala verso la cantina: poi Giulia avrebbe provato di nuovo a scappare – lo dimostra l'impronta insanguinata del suo piede scalzo verso le scale della cantina – ma viene riacciuffata e sbattuta contro la cosa più vicina, lo spigolo. Ed è qui che la difesa fa emergere una nuova ipotesi, mai azzardata fino a oggi: "E se a uccidere Giulia fossero stati in due? - domanda Trombini - Uno indossando le Timberland, un altro le Hogan. In tal modo si spiegherebbe meglio come si sia potuto fare tutto, uccidere Giulia e ripulire la villa, così rapidamente: uno avrebbe aggredito Giulia sul ballatoio col bastone, l'altro l'avrebbe riacciuffata al piano terra tentando di strangolarla, poi l'avrebbe portata in cantina mentre l'altro si occupava di ripulire casa". I ladri, quindi, diventerebbero due: nessuno di loro, naturalmente, per la difesa può essere Cagnoni. Anche le impronte infine - la "prova regina" - per Trombini non posso essere attribuite a Cagnoni (il perchè lo aveva spiegato a lungo il perito di parte).
L'arringa difensiva si concluderà venerdì 22, dopodichè si passerà alle eventuali repliche ed è probabile che l'imputato vorrà rilasciare le ultime dichiarazioni spontanee. Poi la Corte si riunirà in camera di consiglio, e la sentenza potrebbe arrivare entro sera.