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Cronaca

Provincia unica, Spadoni: "Si rischia di sommare più debolezze"

Per arrivare a un nuovo soggetto geograficamente più esteso per creare un modello di gestione territoriale nuovo, secondo il consigliere di Civici provincia di Ravenna occorre fissare alcuni paletti essenziali

L’approvazione della Legge regionale n.13 del 2015 riguardante i ‘principi per il riordino delle funzioni amministrative, la definizione del nuovo ruolo istituzionale dei soggetti del governo territoriale e il governo delle aree vaste' "ha in qualche modo dato l’avvio al percorso di costituzione di una nuova provincia unica: si è trattato, insomma, della posa della prima pietra con la finalità di dare avvio a una proposta di riforma che parta, appunto, dai territori - commenta Gianfranco Spadoni, consigliere Civici provincia di Ravenna - Tra l’altro agli inizi del 2017 vi è stata una forte presa di posizione da parte del sindaco di Cesena Paolo Lucchi per “superare l’immobilismo”, ma, purtroppo, tuttora la situazione rimane irrimediabilmente stagnante".

Per arrivare a un nuovo soggetto geograficamente più esteso rispetto ai confini delle singole province, in un’ottica di discontinuità rispetto alla situazione attuale e per creare un modello di gestione territoriale nuovo, secondo Spadoni occorre fissare alcuni paletti essenziali. "Anzitutto non si tratta di unire semplicemente le varie realtà provinciali per realizzarne una di natura pachidermica e con possibili rischi di appesantire da subito la nuova macchina pubblica - spiega il consigliere - Oltretutto, si corre il rischio di portare come dote il forte carico di burocrazia in un ambiente statico non in grado di assicurare compatibilità con i ritmi operativi dell’economia. L’obiettivo, piuttosto, deve essere quello di attuare un soggetto snello, innovativo, aperto al nuovo e in grado di fare dell’integrazione e della sinergia fra i vari enti il proprio cavallo di battaglia,con l’impegno non secondario di razionalizzare i costi e di tagliare le spese improduttive. L’ideale sarebbe stato la legittimità democratica e la garanzia ai territori di esercitare il loro diritto dovere di indicare gli eletti e i propri rappresentanti istituzionali, ma questo ormai appartiene al passato. Ad ogni modo va salvaguardata l’identità, la cultura e la storia di ogni singola area geografica con forme di rappresentanza democratica e partecipativa, al fine di dare voce ai cittadini e ai bisogni specifici delle singole realtà. Una nuova macro Provincia romagnola, inoltre, richiede un grosso sforzo di razionalizzazione e in molti casi di azzeramento, di una larga parte di soggetti e di enti partecipati privi di legittimità popolare e nominati dalla politica. Soggetti che, evidentemente, non possono essere trascinati senza troppi scrupoli nel nuovo contenitore di area vasta. Se oggi trascurassimo questa condizione non di poco conto rischieremmo di fare una proposta viziata già dall’origine, oltre ad offrire una soluzione nuova nella forma ma, di fatto, già zavorrata nella sostanza sin dalla partenza. Non ultimo, l’ente che doveva essere abolito richiede oggi assoluta certezza sulle risorse a disposizione, pena il taglio dei già limitati servizi, poiché il rischio più grande, peraltro sottovalutato dal legislatore, è appunto quello di vedere le province in condizioni di dissesto. E l'obiettivo è già stato raggiunto. Alla luce di queste considerazioni, noi confermiamo, come sempre, la disponibilità al confronto più proficuo, nella speranza che l’architettura dei nuovi territori possa contribuire alla crescita economica e sociale".

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