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Cronaca

Terapie in ritardo, Ausl condannata a risarcimento milionario

E’ la sentenza stabilita il 15 novembre scorso dal giudice Alessandro Farolfi relativa al caso di un 53enne di Gela (Caltanissetta), deceduto il 30 gennaio del 1999

L’Ausl di Ravenna condannata a pagare un risarcimento danni di oltre 2 milioni e 300mila euro ai familiari di un paziente morto a causa di una neoplasia della vescica urinaria. E’ la sentenza stabilita il 15 novembre scorso dal giudice Alessandro Farolfi relativa al caso di un 53enne di Gela (Caltanissetta), deceduto il 30 gennaio del 1999. Il giudice ha definito 'inspiegabile' le terapie adottate al paziente.

Il carcinoma gli era stato diagnosticato nell'agosto di quattro anni prima. La malattia era stata trattata per la prima volta nel dicembre '95 nel reparto di Urologia dell'ospedale di Ravenna. Gli esami avevano portato alla luce un alto grado di malignità e rischio di recidive. L'uomo era stato dimesso con prescrizione di controlli periodici. Nel luglio dell'anno dopo, uno specifico esame delle urine aveva evidenziato la presenza di "elementi neoplastici". A settembre e a dicembre altri esami avevano messo in luce una "sospetta recidiva neoplastica".

Nel giugno del 1997 un nuovo controllo aveva nuovamente messo in evidenza ''elementi uroteliali neoplastici", anche se l'esplorazione delle pareti interne della vescica aveva restituito l'assenza di "segni certi di recidiva vescicale". Da quel momento non era più stato fatto alcun ulteriore approfondimento diagnostico. Ma nell'ottobre '98 l'uomo era stato ricoverato per un problema vascolare e qui gli era stata prescritta una nuova visita urologica.

Tanto che a novembre gli era stata certificata una "sospetta recidiva neoplasia vescicale" con prescrizione di ricovero urgente. A quel punto era stato operato, ma era morto dopo un paio di mesi. I familiari del defunto erano assistiti dagli avvocati Gianluca Dradi e Christian Biserni.

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