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Cronaca

Lo Spazio Mosa in darsena a Ravenna si presenta ai cittadini

Nell'ambito dei piano di riqualificazione della darsena di città, è il primo grande fabbricato di archeologia industriale in sinistra Candiano oggetto di un progetto complessivo di ristrutturazione, anche con finalità sociali e culturali

Si intitola Spazio Mosa l'insieme di idee ed elaborati progettuali per il riutilizzo e la rivitalizzazione dell'imponente ex mangimificio Martini, firmato da tre giovani architetti ravennati di Spazio 52 (Laura Giovannini, Giovanni La Mela, Jonathan Farina). Nell'ambito dei piano di riqualificazione della darsena di città, è il primo grande fabbricato di archeologia industriale in sinistra Candiano oggetto di un progetto complessivo di ristrutturazione, anche con finalità sociali e culturali.

Riscoperto recentemente dai ravennati per il murales di Ericailcane – che ricopre una parte del fabbricato e rappresenta uno dei simboli di Ravenna 2019 – lo Spazio Mosa è entrato a far parte dei progetti strutturali inseriti nel dossier di candidatura per la capitale europea della cultura. Costruito nei primi anni '50 in funzione di mulino, nei primi anno '80 vien acquisito dalla Mosa spa e subito dopo entra a far parte del gruppo agroalimentare Martini, che lo trasforma in mangimificio fino alla dismissione nel 2009. L'edificio iè in buono stato di conservazione, con una superficie coperta di più di ottomila metri quadrati, in parte affacciata sullo specchio d'acqua del Candiano e in posizione strategica per i collegamenti urbani.

Due le possibili modalità di intervento: un uso temporaneo ed un progetto di ristrutturazione funzionale, in sintonia con il Poc Darsena e le norme di tutela e recupero dell'archeologia industriale. L'ipotesi di riuso prevede la riapertura degli spazi esterni e l'utilizzo della stecca su via Salona, con spazi aperti per eventi artistici e culturali, laboratori ed atelier di giovani artisti, attività di coworking e start up. La facciata rivolta verso la città invece potrebbe essere trasformata in un grande totem urbano con un utilizzo grafico della facciata, per advertising pubblci e privati.

La seconda fase progettuale, quella di ristrutturazione funzionale, parte dalla situazione attuale, con interventi di restauro conservativo. Ispirandosi ad esempi virtuosi di riconversioni di ex strutture industriali (ad esempio la New Tate gallery di Londra) i progettisti hanno previsto un vasto e luminoso spazio espositivo, all’ultimo piano, con tanto di ristorante con veduta sul Candiano. Ma non tutti gli oltre 8mila metri quadrati di superficie saranno dedicati all’arte. Infatti, il corpo principale dell’edificio dovrebbe essere diviso in tre parti: quella a ridosso dell’acqua sarebbe adibita a residenziale con appartamenti tra i 50 e i 90 mq, quella centrale – a pianta libera – avrebbe vocazione polifunzionale, a seconda delle necessità (un'ipotesi è un comporto residenziale e di servizio per studenti universitari), il terzo blocco infine sarebbe destinato a servizi e collegament del complessoi. Il tutto in orbita  ad una corte interna ricavata eliminando parte dei vecchi silos.

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