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Cronaca

L'ingegnere che vuole bloccare la plastica prima che arrivi al mare: "Presto sperimenteremo nel Lamone"

Bloccare la plastica che inquina i fiumi prima che arrivi al mare. E' la rivoluzionaria idea di Fabio Dalmonte, 38enne lughese ingegnere gestionale, da tempo residente a Londra

Bloccare la plastica che inquina i fiumi prima che arrivi al mare. E' la rivoluzionaria idea di Fabio Dalmonte, 38enne lughese ingegnere gestionale, da tempo residente a Londra. Ogni anno, infatti, vengono buttate negli oceani in media otto milioni di tonnellate di rifiuti plastici: l’equivalente del carico di un camion ogni minuto. Spiagge, flora e fauna marina stanno soffocando sotto la quantità di plastica che tutti noi ogni giorno produciamo, e di cui meno di un terzo riesce a essere avviata a riciclo. La gran parte delle plastiche che arrivano nei mari provengono dai fiumi e anche i nostri mari sono colpiti da questa problematica, come dimostra la grande presenza di plastiche e rifiuti sulle nostre coste.

E così Fabio, durante un master in gestione rifiuti alla University of Scotland, ha intrapreso un viaggio-studio per Giacarta e là ha avuto l'epifania. "Sono stato là due mesi e ho potuto vedere quanti rifiuti ci sono nei fiumi, quanti ne finiscono in mare e quanto sono inquinate le bellissime isole del golfo di Giacarta - racconta l'ingegnere - Quindi ho iniziato a pensare a una possibile soluzione, e così è nata l'idea di una struttura galleggiante che fermasse i rifiuti e che interessasse non solo la superficie, ma anche la prima parte della colonna sotto il pelo dell'acqua. Questo perchè buona parte delle plastiche trasportate dai fiumi sono fili di plastica o contenitori che galleggiano distribuendosi appena sotto alla superficie dell'acqua. Serviva una soluzione semplice, economica e facile da mantenere, perchè l'idea era che venisse adottata come struttura standard in ogni fiume del mondo, anche in luoghi in cui ci sono risorse limitate come nei paesi in via di sviluppo".

Ecco quindi che, insieme al socio Mauro Nardocci, l'ingegnere ha creato "Seads", una barriera costituita da una struttura in cavi di acciaio che sorreggono un pannello costruito in plastica riciclata immerso nell’acqua del fiume per poco più di un metro che permette all’acqua di passare, ma che blocca i rifiuti. La barriera è in grado di intercettare la maggior parte della plastica (che solitamente galleggia), ma è stata ideata anche per non creare danni all’ambiente fluviale, dal momento che pesci e animali possono passare sia sopra che sotto. Inoltre è stata prevista anche la possibilità di una piena e il passaggio di grandi tronchi nel qual caso, tramite un fusibile meccanico, il sistema si apre lasciando avanzare i grossi detriti. Una volta intercettato il materiale, esso viene indirizzato in un bacino di raccolta per poi essere destinato alla filiera del recupero o del riciclo. "Così c'è anche un ritorno economico sulla plastica raccolta, che può essere riciclata e rivenduta, e così si dà lavoro anche alle comunità locali", continua il fondatore della start up che porta il nome della barriera.

Ma quanto costa tutto questo? "L'intero sistema è progettato per essere low-cost, per favorire un aumento del recupero di plastiche e loro relativa valorizzazione favorendo l’economia circolare e considerando il rifiuto come “bene comune”, ed è adattabile a tutti i tipi di fiumi indipendentemente da dimensioni e tipo di correnti - spiega Fabio - I costi per un'amministrazione non sono elevati: in un fiume di una larghezza di un centinaio di metri, come ad esempio il Tevere verso la foce, i costi per l'installazione delle barriere non supererebbero quelli di una rotonda. Poi dipende dalla zona specifica, chiaramente. I benefici, invece, sono enormi: l'analisi del materiale raccolto permette di poter risalire alle principali sorgenti inquinanti a monte dell’impianto e, quindi, di poter agire puntualmente per eliminare alla radice la problematica. Oltre a questo, naturalmente, si ha una riduzione dell'inquinamento degli oceani e anche una riduzione dei costi dovuti all'impatto negativo sul turismo, che chiaramente non è contento di vedere la plastica sulla spiaggia".

E il progetto presto approderà anche a Ravenna: "Ne abbiamo parlato a lungo con l'amministrazione, in particolare con il capogruppo di Ravenna in Comune Massimo Manzoli (che in merito ha anche presentato un ordine del giorno, ndr) - A metà aprile faremo una prova dimostrativa e installeremo nel fiume Lamone (o forse nel Canale Destra Reno) un prototipo delle barriere per dimostrare come funzionano e come raccolgono la plastica. Inoltre abbiamo ricevuto anche la proposta di installarli in altri fiumi che passano attraverso zone naturalistiche, in modo da proteggere non solo il mare, ma anche i parchi naturali".

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