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Cronaca

Una campagna di mobilitazione per la regolarizzazione dei migranti irregolari

"Anche sotto il profilo sanitario e della salute individuale e collettiva non è accettabile che vi siano oltre 600.000 persone a rischio di contagio, attivo e passivo"

Una campagna di mobilitazione per la regolarizzazione universale dei migranti irregolari. Cittadini e associazioni della provincia si sono mobilitati per la regolarizzazione universale dei migranti presenti sul territorio nazionale in condizione di non volontaria irregolarità. "Numerose proposte concrete sono state avanzate a livello nazionale: da Asgi a Meltingpot, dai sindacati a studiosi e intellettuali - spiega l'avvocato Andrea Maestri - Mi preme che il tema entri nel dibattito pubblico locale e che i consigli comunali di tutte le città, luoghi della rappresentanza istituzionale e della partecipazione dei cittadini alla vita della comunità possano discutere e votare sulla urgenza di adottare una misura universale ispirata a giustizia, umanità, legalità, sicurezza".

"Non sfugge a nessuno che la decisione potrà essere presa solo dal Parlamento - continua Maestri - ma è fondamentale che i cittadini, anche attraverso gli organi della rappresentanza locale, condividano e sostengano questa iniziativa dal basso (o dall’alto, a seconda della prospettiva e dell’idea di politica come servizio per il bene comune). Non è più tollerabile che ci siano oltre 600.000 persone prive di permesso di soggiorno alle quali siano negati i diritti fondamentali: dalla casa, al lavoro, alla tutela sanitaria, cominciando dalla dignità di essere umano di tutte e di tutti. L’attuale situazione favorisce gli interessi delle mafie, dei caporali e degli imprenditori disonesti, favorisce l’evasione fiscale e contributiva, alimenta l’insicurezza, crea una diffusa illegalità. Anche sotto il profilo sanitario e della salute individuale e collettiva non è accettabile che vi siano oltre 600.000 persone a rischio di contagio, attivo e passivo. Sarebbe certamente necessario approfondire le cause profonde e strutturali di questi numeri così rilevanti: una legislazione fortemente inadeguata (è ancora in vigore la Bossi-Fini, con i suoi meccanismi infernali e impraticabili), diseguale distribuzione della ricchezza, un modello economico che sacrifica alla divinità pagana del profitto la dignità, i diritti, la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori. Ma ora si tratta di rispondere a una vera e propria emergenza sociale che chiama in causa la responsabilità di tutti, perché la Costituzione impone alla Repubblica e quindi alle istituzioni e ai cittadini, il dovere inderogabile di solidarietà economica, politica e sociale".

"Chiediamo ai cittadini e alle associazioni di aderire a questa campagna e di promuoverla attivamente - conclude il legale - Chiediamo con forza alle istituzioni locali di discutere e prendere posizione. Chiediamo al Parlamento e al Governo di assumere l'iniziativa legislativa per la regolarizzazione universale di tutti i migranti irregolari presenti sul territorio nazionale, in nome di umanità, giustizia, sicurezza e legalità". Per adesioni inviare una mail ai seguenti indirizzi con nome, cognome, indirizzo mail e cellulare, specificando se si tratta di adesione individuale o di associazione: avv.andreamaestri@libero.it, pippotado@gmail.com.

"Mi complimento con Andrea Maestri e Pippo Tadolini per aver ideato e lanciato anche a Ravenna l'appello per la regolarizzazione universale dei migranti irregolari presenti in Italia - commenta Charles Tchameni Tchienga, presidente della onlus Il terzo mondo - È una importante iniziativa di grande rilevanza umana. In virtù dell'importanza capitale dell'iniziativa, credo che quest'appello meriti non soltanto una profonda riflessione, una ampia diffusione ma anche una larga adesione nel ravennate indipendentemente dalle personali ideologie e convinzioni culturali.  Pertanto aderisco con tutti i miei associati esprimendo con orgoglio e speranza la condivisione e il sostegno da parte dell'associazione di volontariato Il Terzo Mondo onlus a questa grande iniziativa. Lo facciamo per principio umano e per lealtà.  Se è vero che la tolleranza è l'unico rimedio per la diversità di opinioni, è altrettanto vero che la legge naturale è l'istinto che ci rende giustizia".

Anche Articolo Uno Ravenna aderisce all'appello: "Condividendo anche le posizioni espresse in questi mesi da altre forze, riteniamo non sia più accettabile che in Italia ci siano oltre 600mila persone sprovviste del permesso di soggiorno, e quindi private dei diritti elementari della persona e destinati allo sfruttamento intensivo del lavoro nero, a sistemazioni abitative precarie, in alcuni casi alla contiguità con la microcriminalità. Sono molteplici le cause della crescita del numero di presenze irregolari, a iniziare dalla natura strutturale dei fenomeni migratori, dalla mancanza di canali regolari e continuativi di ingresso e di qualsiasi forma di regolarizzazione a regime per chi già si trovi nel territorio italiano; a ciò si devono aggiungere la legge Bossi-Fini e gli effetti del cosiddetto Decreto Sicurezza dell’ex ministro dell’interno Salvini, che ha abrogato le norme che consentivano il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari ai richiedenti asilo. In assenza di un intervento legislativo, il numero dei migranti cosiddetti irregolari è quindi destinato a lievitare ulteriormente, ricomprendendo decine di migliaia di persone che, in virtù del permesso di soggiorno temporaneo come richiedenti asilo, per anni hanno costruito relazioni sociali, svolto attività di lavoro subordinato, o comunque lavori di pubblica utilità, frequentato corsi di lingua italiana, in vista di un inserimento sociale che viene bruscamente reciso all’esito del rigetto definitivo della domanda. Inoltre, il migrante irregolare non è ovviamente iscritto al Sistema Sanitario Nazionale e di conseguenza non ha un medico di base e ha diritto soltanto alle prestazioni sanitarie urgenti; nei casi di malattia lieve (qualche linea di febbre, un po’ di tosse) non si rivolge alle strutture sanitarie, mentre nei casi più gravi non ha alternativa al presentarsi al pronto soccorso, il che contrasterebbe con tutti i protocolli adottati per contenere la diffusione del virus. Insomma, gli “invisibili” sono per molti aspetti soggetti deboli, che se non sono più esposti al contagio del virus, più di altri rischiano di subirne le conseguenze sanitarie, per la plausibile mancanza di un intervento tempestivo. Dovrebbe quindi essere evidente la necessità di regolarizzare anche queste centinaia di migliaia di persone: per contenere il loro rischio di contrarre il virus, perché possano con tranquillità usufruire dei servizi della sanità pubblica nel caso di sintomatologia sospetta, perché non diventino loro malgrado veicolo di trasmissione del virus. Affinché ciò sia possibile, però, devono essere sottratte oggi, ed è già tardi, alla condizione costretta di “invisibilità”, attribuendo loro pienezza di diritti, quanto meno di quelli che il sistema riconosce come diritti universali, in primis quelli alla salute e a un’esistenza degna. Se stiamo davvero attraversando un’emergenza sanitaria, se davvero hanno un senso tutte le misure straordinarie fino a oggi adottate e che incidono così in profondità sulle vite di tutte e tutti, allora deve essere sanatoria per tutte le persone migranti che non hanno un permesso di soggiorno. Si potrebbe concludere così: un provvedimento di regolarizzazione dei sans papier è necessario e urgente, anche ai tempi del coronavirus: anche se adesso l’emergenza è (o sembra essere) un’altra, anche se l’attenzione generale in questa fase si rivolge altrove, anche se qualcuno ne approfitterebbe per imbastire una becera propaganda politica, additando al “popolo” gli untori che attraversano il mare a bordo dei barconi. Invece, i tempi del coronavirus rendono ancor più necessario e urgente l’intervento del Governo, perché adesso alle buone ragioni della sanatoria si aggiungono anche le esigenze di tutela della salute collettiva, compresa quella delle centinaia di migliaia di migranti privi del permesso di soggiorno, che non hanno accesso alla sanità pubblica".

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