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Cronaca

Valle della Canna: "L'emergenza botulino non è finita: probabile pericolo per l'estate prossima"

Si svolgerà giovedì pomeriggio la commissione consiliare per discutere del "Disastro ambientale nella valle della Canna"

Si svolgerà giovedì pomeriggio la commissione consiliare per discutere del "Disastro ambientale nella valle della Canna: analisi delle cause, manchevolezze della gestione, superare l'emergenza, recuperare dal dissesto le zone umide protette a nord di Ravenna e consolidarne la salubrità ambientale”. Il capogruppo di Lista per Ravenna Alvaro Ancisi, in accordo con Lega Nord e Forza Italia, ha predisposto una relazione introduttiva in vista del dibattito che si avrà nella commissione, da lui stesso diretta in qualità di presidente.

"Fattore scatenante del disastro sono stati i tre mesi in cui, nella scorsa calda stagione, il livello d’acqua della valle, in combinazione con temperature elevate, è stato lasciato ridursi fino ai limiti di guardia, causando una elevata presenza di uccelli, mancanza di ossigeno e quindi la diffusione, tra gli uccelli, del botulismo, malattia paralizzante causata da una tossina, che ha trasformato la valle in una trappola mortale. La causa strutturale sta nella mancata programmazione dei livelli idrici, nel loro mancato controllo e nel mancato flussaggio dell’acqua dentro la valle - si legge nella relazione - Dal 2013, quando è cessata la gestione della valle da parte dell’ associazione “L’Arca”, non si è avuta alcuna efficiente gestione idraulica della valle, lasciando così che le acque letteralmente marcissero, con la morte conseguente di tonnellate di piante acquatiche e pesci. Ma la situazione degenerata si deve anche all’inadeguata vigilanza da parte di chi ha avuto in carico la gestione della valle: Parco del Delta e Comune. Ciò non ha consentito di limitare al massimo i danni, immettendo tempestivamente nella valle acqua non contaminata. I primi decessi di uccelli avrebbero dovuto far scattare immediatamente gli allarmi. Basti dire che il 5 settembre sette carcasse di anatre erano arrivate all’Istituto Zooprofilattico, dalle cui analisi di competenza sono risultate positive ai clostrìdi, produttori di tossine botuliniche. Tutto questo è avvenuto senza rispettare il Piano di gestione del sito di Rete Natura 2000 Punte Alberete-Valle Mandriole, approvato dall’ente Parco, in cui sono puntualmente indicate le criticità del sito e dettate le soluzioni. Ignorate anche le direttive del Piano di Stazione del Parco “Pineta di San Vitale e Pialasse di Ravenna”, approvato il 18 giugno 2019; mentre largamente non assolti sono stati i compiti di gestione e di esercizio delle attività e delle opere necessarie alla tutela della valle, quasi totalmente assegnati al Comune tramite una convenzione stipulata il 12 giugno 2018 tra la giunta comunale e l’ente Parco".

"Si deve soprattutto delle associazioni dei cacciatori se sono stati raccolti 2.200 uccelli morti e 200 vivi, di cui 160 restituiti al volo - continua Ancisi - Ma l’emergenza non è finita: l’innalzamento del livello idrico è stato operato prima che le carcasse fossero tutte asportate, dimodoché moltissime sono rimaste nel fondale. In tal modo la tossina botulinica, presente nelle larve delle mosche sugli uccelli morti, è rimasta copiosamente sul posto. Esiste dunque un’alta probabilità che il botulismo si ridiffonda nel prossimo periodo estivo, quando i livelli dell’acqua ridiscenderanno, se non si provvederà a gestire finalmente in modo tecnicamente adeguato i flussi e i livelli idrici della valle. Occorre che il Parco certifichi formalmente, col supporto di Arpae e assumendosene la responsabilità, che il rischio di infezione dal botulino è terminato, o da quando lo sarà; ma soprattutto che Regione, Parco e Comune di Ravenna diano risposte certe su come intendono risolvere il rischio che uccelli giunti da altre zone umide ne allunghino la moria".

"Oltre a risolvere urgentemente le suddette gravi mancanze gestionali da parte del Parco e del Comune, in proprio o tramite soggetti esterni da scegliere tramite gara, occorre sciogliere il nodo fondamentale delle immissioni e della circolazione idraulica - conclude la relazione - Sarebbe di importanza strategica: sbarrare il fiume Lamone a valle del sistema paludoso, per interrompere così la risalita del cuneo salino e creare un ulteriore bacino di accumulo di acque dolci disponibili; acquisire i diritti di presa delle acque del fiume Lamone dallo sbarramento del Carrarino; realizzare una presa d’acqua da tale fiume, preferibilmente sull’argine sinistro, a monte dello sbarramento, con la quale, tramite la savanella o un tubo, la valle verrebbe alimentata dall’angolo sud/ovest, in perfetta contrapposizione con lo scarico verso lo scolo Rivalone. Per mantenere stabile il livello dell’ invaso, basterebbe un semplice stramazzo regolabile, che assorbirebbe in automatico tutte le variazioni della quota idrica".

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