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Allarme lavoro: oltre 30mila i disoccupati in provincia

Gli ultimi dati sull'andamento occupazionale messi a disposizione dal servizio per l'impiego della Provincia di Ravenna, evidenziano che il disagio sociale è destinato ad aumentare

Gli ultimi dati sull'andamento occupazionale messi a disposizione dal servizio per l'impiego della Provincia di Ravenna, evidenziano che il disagio sociale è destinato ad aumentare senza che si intravveda l'uscita da una crisi che ormai perdura da almeno quattro anni. Ciò ha ricadute pesanti sui livelli occupazionali evidenziato da un forte incremento della disoccupazione. Al 31 dicembre del 2011, si registrano in provincia di Ravenna 30.415 persone iscritte alle liste di collocamento con un incremento in un solo anno di 3.134 unità rispetto allo stesso periodo del 2010.

“Solo nel 2011 in provincia – commenta Giancarlo Marchi, responsabile delle politiche per il lavoro della Cgil di Ravenna - l'occupazione persa, è paragonabile a titolo esemplificativo, a circa 5 Marcegaglia dello stabilimento di Ravenna, 10 Omsa e quasi 40 Pansac. Il fenomeno assume dimensioni ancora più preoccupanti soprattutto se analizziamo la situazione prendendo a riferimento lo stesso periodo del 2008 che registrava 21.498 iscritti, via via aumentati nel 2009 con 26.266 e 27.281 nel 2010”.

I dati evidenziano le dimensioni del processo di espulsione dal mercato del lavoro che rischia di avere ricadute devastanti sulla coesione sociale che in questa provincia si è sempre cercato di mantenere. Dal 2008 al 31 dicembre del 2011 gli iscritti alle liste di collocamento sono aumentati di ben 8.917 unità. “Per analizzare il problema nella sua interezza occorre portare altre considerazioni – aggiunge Marchi -. Rispetto allo stesso periodo del 2010 aumentano i disoccupati, in fascia di età compresa tra 41 e i 54 anni, di 1.559 unità e, nella fascia 55 anni e oltre, di quasi 700 unità. Nella fascia di età tra i 30/40 anni l'aumento numerico equivale a 555 unità. Su un totale di richieste di assunzione, pari a 114.356 ben 101.246 sono le assunzioni precarie nelle svariate declinazione che la legislazione italiana consente”.

Da un anno all'altro si assiste a uno spostamento anche delle modalità di assunzione a termine. Infatti crescono molto nel 2011 le assunzioni dei cosiddetti contratti intermittenti (lavoro a chiamata) che è la modalità di assunzione tra le più “indecenti in quanto, di fatto, fa pagare il rischio di impresa ai lavoratori. In uno stato civile che rispetta la dignità delle persone – commenta Marchi - questa forma di assunzione non dovrebbe essere possibile perché non si può chiedere a chi cerca lavoro di aspettare la telefonata dell'impresa che alla bisogna li chiama al lavoro. E ancor più indecenti sono quei contratti a chiamata a tempo indeterminato e poi se va bene lavori uno/due giorni al mese, generando il paradosso che essendo assunto a tempo indeterminato non si può neanche utilizzare alcun tipo di sostegno sociale”.

L'allarme è imponente perché assieme ai dati appena esposti si sommano  tutte le situazioni aziendali che hanno attivato processi di riorganizzazione aziendale con espulsione di lavoratori/trici. Il fenomeno prosegue dopo oltre  quattro anni di crisi, non si vedono soluzioni di ricollocazione occupazionale e al contempo gli ammortizzatori a sostegno del reddito si stanno esaurendo.

Il lavoro precario tra i giovani resta uno dei principali problemi che si può risolvere con una vera riforma del mercato del lavoro. Si devono ridefinire poche modalità di assunzione a tempo che devono prevedere un costo maggiore per le imprese che li utilizza. Oltre a ciò il territorio deve affrontare il dramma di migliaia di uomini e donne, espulsi dai processi produttivi, non trovano più ricollocazione. La drammaticità diventa poi estrema se analizziamo i dati riferiti ai lavoratori in mobilità, che continuano ad aumentare in presenza di una diminuzione nell'utilizzo delle varie forme di cassa integrazione. “Tutti dobbiamo interrogarci – conclude Marchi - e provare ad agire per individuare soluzioni che permettano di superare il problema occupazionale. Occorre partire da azioni legate allo sviluppo che deve vedere impegnate, in prima istanza, le istituzioni e le imprese per una praticabile progettualità a partire dal patto per lo sviluppo che in provincia di Ravenna si sta cercando di concretizzare. Quel patto deve poter registrare l'impegno delle imprese per una rinnovata progettualità di prodotto e soprattutto di processo produttivo, cogliendo le opportunità che il mercato sa offrire in un contesto di grande sofferenza per rigenerare sviluppo e buona occupazione”.

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