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Economia

"Nel 2019 non andremo oltre la stagnazione": l'analisi di Cna sulle imprese ravennati

E' preoccupato Pierpaolo Burioli, presidente della CNA di Ravenna, nel presentare il tradizionale rapporto congiunturale ed economico delle imprese della provincia di Ravenna

"Sono fortemente preoccupato della situazione economica del Paese e la sensazione è che stiamo procedendo troppo lentamente e per quest’anno difficilmente riusciremo ad andare oltre la stagnazione”. E' preoccupato Pierpaolo Burioli, presidente della CNA di Ravenna, nel presentare il tradizionale rapporto congiunturale ed economico delle imprese della provincia di Ravenna.

"C’è la necessità che il Governo metta in campo, immediatamente, nuove politiche economiche a favore dello sviluppo dei territori e delle imprese - prosegue Burioli - Se, infatti, abbiamo rilevato nel corso del 2018 un piccolo aumento dell’1,23% di affidamento del credito che riguarda in particolar modo le piccole imprese, rimaniamo ancora molto lontani dalle perdite registrate negli ultimi sette anni che hanno visto diminuire i finanziamenti di una quota pari a circa il 20%. Anche le dinamiche imprenditoriali hanno risentito del ristagno economico registrato nel secondo semestre del 2018 e, ancora una volta, il Registro Imprese della Camera di Commercio di Ravenna ha presentato saldi negativi nel rapporto tra le iscrizioni e le cancellazioni aziendali. Chiediamo, pertanto, maggior attenzione da parte delle Istituzioni all’artigianato e alla piccole e media impresa che da sempre rappresentano un importante volano di crescita occupazionale nei nostri territori. In ambito settoriale voglio poi segnalare il perdurare delle difficoltà nell’ambito delle Costruzioni che continuano a presentare andamenti dei fatturati altalenanti e volatili per cui, come sosteniamo da tempo, occorrerebbe mettere in campo un progetto complessivo di recupero e rigenerazione urbana caratterizzato da forti elementi di innovazione e di risparmio energetico. Indispensabili, inoltre, i progetti per lo sviluppo e la manutenzione delle infrastrutture materiali e immateriali e gli interventi preventivi per la messa in sicurezza del territorio”.

"Dobbiamo individuare le cause dei piccoli segnali di ripresa, quando ce ne sono, ma anche i fattori che al contrario ostacolano la ripresa, come il deficit infrastrutturale - conclude Burioli - Abbiamo imprese molto piccole ma altamente specializzate. Chiediamo una stabilità del quadro normativo, per non dovere ogni anno richiedere che vengano finanziati gli incentivi che favoriscono la ripresa. Come fanno le imprese a investire se non vi è un quadro normativo stabile? Il porto, poi, ha un potenziale enorme, ma mancano quelle azioni migliorative che consentirebbero alle nostre imprese di investirci sopra. Noi non siamo contrari alla burocrazia tout court, ma siamo contrari alla burocrazia cattiva che ha come solo obiettivo quello di rallentare o di salvaguardare i funzionari".

Si cresce, dunque, per il quinto anno consecutivo, ma rispetto al 2017 si è verificato un rallentamento: "Ci si aspettava una crescita analoga all'anno scorso - spiega Maurizio Gasperoni, responsabile del Dipartimento Economico della CNA di Ravenna - mentre la causa di questo rallentamento è da ricercare nei bassissimi livelli di crescita avvenuti nella seconda parte dell'anno".

Il quadro economico nazionale

L’andamento del PIL - Nel corso del 2018 il PIL nazionale ai prezzi di mercato è risultato pari a 1.753.740 milioni di euro correnti, con un aumento in termini di  volume, dello 0,9%. La crescita dell’economia italiana è proseguita per il quinto anno consecutivo, segnando tuttavia un rallentamento rispetto rispetto al 2017. Le previsioni di crescita del PIL per il 2019 oscillano tra lo 0 e lo 0,3%. La crescita del PIL è stata accompagnata da una espansione delle importazioni di beni e servizi del 2,3% mentre - dal lato degli impieghi - si è registrato un  aumento del 3,4% degli investimenti fissi lordi e dello 0,5% dei consumi finali nazionali. Il contributo della variazione del PIL della domanda nazionale è risultato positivo per 1,0 punti, mentre la variazione delle scorte ha fornito un apporto negativo di 0,1 punti percentuali. All’interno della domanda nazionale, la spesa delle famiglie residenti e Istituzioni Sociali Private (ISP) ha contribuito alla crescita per 0,3 punti percentuali e gli investimenti fissi e oggetti di valore per 0,6 punti. L’apporto della domanda estera netta è stato negativo per 0,1 punti percentuali.

La domanda interna e la domanda estera netta - Nel 2018 la spesa per consumi finali delle famiglie residenti è cresciuta in volume dello 0,6% (+1,5% nel 2017). La spesa per consumi di beni e quella di servizi sono entrambe aumentate dello 0,7%. Gli aumenti più accentuati, in volume,  riguardano la spesa per vestiario e calzature (+2,3%), per mobili, elettrodomestici e manutenzione della casa (+1,6%) e per comunicazioni (+1,2%). Le componenti che segnano una diminuzione sono la spesa per bevande alcoliche e tabacchi (-1,4%), per la sanità (-0,6%) e per alimentari e bevande non alcoliche (-0,1%). La spesa delle Amministrazioni Pubbliche ha registrato un aumento in volume dello 0,2%, mentre quella delle Istituzioni Sociali Private (ISP) è diminuita dello 0,3%. Gli investimenti fissi lordi sono risultati la componente più dinamica della domanda, con un incremento del 3,4% (+4,4 l’anno precedente). Si sono registrati aumenti per tutte le componenti: del 14,5% per gli investimenti in mezzi di trasporto, del 2,7% per gli investimenti in costruzioni, del 2,8% per quelli in macchinari e attrezzature e dello 0,8% per i prodotti della proprietà intellettuale. Le esportazioni di beni e servizi sono aumentate in volume dell’1,9%, le importazioni del 2,3%.

I settori produttivi - Nel 2018 il valore aggiunto totale  è cresciuto dello 0,9%: nel 2017 aveva registrato un aumento dell’1,6%. L’incremento è stato più marcato nel manifatturiero (+1,8%) e nelle costruzioni (+1,7%). La crescita è stata più moderata nel comparto agricoltura, silvicoltura e pesca che ha segnato un incremento dello 0,9% e nell’insieme delle attività dei servizi (+0,7%).

Il credito bancario - Il credito bancario alle imprese ha registrato una espansione elevata nella prima parte dell’anno, poi progressivamente attenuatasi per il calo della domanda e per l’irrigidimento delle condizioni dell’offerta.

L’occupazione - Nel 2018 l’occupazione in Italia ha continuato a crescere, seppur a ritmi inferiori rispetto ai due anni precedenti. Il numero di occupati è aumentato di 192 mila persone (+265 mila nel 2017), pari a un incremento percentuale dello 0,8% (+1,2% nel 2017). Il profilo trimestrale mostra in particolare che, dopo 19 trimestri di crescita ininterrotta, il numero di occupati ha registrato – al netto degli effetti della stagionalità – una contrazione congiunturale sia nel terzo che nel quarto trimestre del 2018 (-0,2% in ciascun trimestre); ne è derivato un rallentamento nella crescita tendenziale dell’occupazione complessiva.  Il tasso di occupazione si è attestato in media d’anno al 58,5%, in aumento di 0,6 punti percentuali rispetto all’anno precedente, livello oramai vicino a quello pre-crisi (58,6% nel 2008). L’incremento annuale ha continuato a riguardare i lavoratori dipendenti (+215 mila, +1,2%), ma esclusivamente per  la componente a tempo determinato (+323 mila, +11,9%), mentre, per la prima volta in quattro anni, è diminuita quella a carattere permanente (-108 mila, -0,7%). Per l’ottavo anno consecutivo è proseguita, seppure a ritmi meno sostenuti, la riduzione degli occupati indipendenti (-23 mila, -0,4%). La crescita occupazionale ha interessato tutti i macro settori, ad eccezione delle costruzioni (-0,2%). L’occupazione è aumentata dell’1,4% nel manifatturiero, dello 0,8% nei servizi e dello 0,7% nell’agricoltura, silvicoltura e pesca.

La movimentazione delle imprese - Il sistema delle imprese, nonostante un 2018 trascorso in affanno, alla fine mette a segno un saldo positivo tra aperture e chiusure registrando l’iscrizione di 348.492 nuove imprese (8.500 in meno rispetto al 2017) e 316.877 chiusure di imprese esistenti (quasi 6mila in più rispetto all’anno precedente). Il risultato di queste due dinamiche ha consegnato a fine dicembre un saldo positivo per 31.615 imprese con una crescita dello 0,5%. Anche se positivo, il dato 2018 segna un rallentamento rispetto al 2017. A livello aggregato i quattro settori più significativi per numerosità di imprese mostrano tutti segnali di arretramento. Se, rispetto al 2017, un segno in campo negativo non rappresenta una novità per manifattura (- 3.440, -0,60%), agricoltura (-1.795, -0,24%) e costruzioni (-6.722, -0,40%), il passaggio al segno meno lo è per il commercio che chiude il 2018 con 6.238 unità in meno (-0,40%), risultato che in termini assoluti lo colloca all’ultimo posto della graduatoria. Tutti gli altri settori economici, negli ultimi dodici mesi, hanno chiuso il bilancio anagrafico in campo positivo. In termini assoluti, a guadagnare di più è stato quello delle attività di alloggio e ristorazione (8.318 imprese in più nell’anno), seguito dalle attività dei servizi professionali, tecnici e scientifici (+6.093) e quelle di noleggio e servizi alle imprese (+5.915). Il più dinamico in termini di crescita imprenditoriale è invece il comparto della sanità cresciuta del 3,6% a fronte di una crescita media dello 0,5%. Oltre la soglia del 3% anche le attività di noleggio e servizi alle imprese e quelle di fornitura di energia elettrica e gas. Quanto all’artigianato, il bilancio dell’anno (-13.433 imprese) segna complessivamente un peggioramento rispetto a quello, pur sempre negativo, del 2017, quando chiuse con una perdita di 11.429 unità. Guardando al mondo artigiano, negli ultimi dodici mesi hanno fatto meglio le imprese di noleggio e servizi alle imprese (1.301 imprese in più), dei servizi alla persona (+757) e le attività di informazione e comunicazione (+198). In rosso le costruzioni (-6.722 in meno nel 2018), le attività manifatturiere artigiane (-5.488) e dei trasporti e magazzinaggio (-1.699).

Il quadro economico regionale

L’andamento del Pil - L’Emilia-Romagna ha chiuso il 2018 con un +1,4% di PIL. La previsione di crescita per il 2019 è molto distante da quelle del biennio precedente (+0,3%). L’andamento regionale risulta il migliore in ambito nazionale: l’Emilia-Romagna si conferma, infatti, al vertice della crescita tra le regioni italiane,  nel 2018 e, in termini previsionali, anche per il 2019. In termini reali, il PIL regionale nel 2018 risulta superiore del 7,9% rispetto ai livelli minimi toccati al culmine della crisi nel 2009, ma ancora sostanzialmente in linea con il livello del 2007 e superiore di solo il 9,8% a quello del 2000. Il settore manifatturiero ha fatto registrare un +2,2% arrivando al quindicesimo trimestre consecutivo di crescita. In aumento anche il settore dei servizi, stabile il settore delle costruzioni, in particolare nel segmento delle imprese di piccola e media dimensione. L’export  è cresciuto del 5,2%, con 20 miliardi di saldo commerciale, il valore più alto di sempre. 

Il credito bancario - I finanziamenti ai comparti produttivi sono rimasti stabili. Le condizioni di offerta di prestiti hanno continuato a mantenersi distese specialmente per il settore manifatturiero e per i servizi. È proseguito il graduale miglioramento della qualità del credito. I depositi bancari delle imprese sono ulteriormente cresciuti. Secondo i risultati delle recenti  indagini della Banca d’Italia, le imprese della regione si attendono, anche per il 2019, la prosecuzione dell’espansione seppure a ritmi contenuti.

L’occupazione - Accelera sensibilmente la tendenza positiva degli occupati nel 2018 (+1,1 per cento), che proseguirà anche nel 2019 (+0,6 per cento). Il tasso di disoccupazione, che aveva raggiunto il suo valore minimo nel 2008 fermandosi al 2,8 per cento per toccare l’8,4 per cento nel 2013, nel 2018 si è ridotto sensibilmente scendendo al 5,9 per cento con la previsione di  diminuire al 5,7 per cento nel 2019. Gli occupati hanno superato quota 2 milioni, 46mila unità in più nel terzo trimestre dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2017, con un tasso di occupazione vicino al 70% e quello femminile quasi al 63%, tra i più alti in Italia. In calo di circa il 50% le ore di cassa integrazione autorizzata.

La movimentazione delle imprese - In ambito regionale, nel 2018 le iscrizioni (25.172) sono solo minimamente diminuite rispetto all’anno precedente (25.327), ma il dato costituisce il nuovo minimo degli ultimi dieci anni. Il tasso di natalità è rimasto stabile al 5,5 per cento e risulta pari al minimo degli ultimi dieci anni. Le cessazioni sono state pari a 27.901, diminuite rispetto al 2017 (28.674) in misura più ampia rispetto alle iscrizioni, e hanno fissato il nuovo minimo dell’ultimo decennio. Il tasso di mortalità è quindi sceso di un decimale al 6,1 per cento, anch’esso il più contenuto degli ultimi dieci anni. Per questa ragione il saldo negativo delle registrate risulta più contenuto di quello del 2017, ma analogo a quello del 2016. Al 31 dicembre 2018 le imprese registrate in Emilia-Romagna sono risultate 454.338. Rispetto alla fine dell’anno precedente hanno accusato una perdita di 2.591 unità, -0,6 per cento, che risulta inferiore a quella del 2017 e analoga a quella del 2016, ma ben lontana da quelle subite nel biennio 2013-2014. Comunque la tendenza alla contrazione delle imprese registrate prosegue senza interruzione dal 2012. La condizione dell’imprenditoria regionale resta difficile. A livello di macro settori, la base imprenditoriale regionale dell’agricoltura continua a restringersi, quella delle costruzioni e più ancora del manifatturiero contengono le perdite, mentre quella dell’aggregato dei servizi resta sostanzialmente invariata da tre anni, compensando tendenze negative e positive al suo interno. I settori di attività economica che hanno maggiormente concorso a determinare la riduzione delle imprese attive regionali sono l’insieme del commercio all'ingrosso e al dettaglio, l’agricoltura, silvicoltura e pesca, le costruzioni e le attività manifatturiere. Inoltre, ha fornito un contributo alla tendenza negativa il settore del trasporto e magazzinaggio. Considerando in dettaglio le variazioni, l’insieme del commercio all'ingrosso e al dettaglio e della riparazione di autoveicoli e motocicli subisce un’ampia flessione delle imprese del settore (-1.270 unità, -1,4 per cento), determinata dal commercio al dettaglio (-910 unità, -2,0 per cento) e all’ingrosso (-471 unità, -1,3 per cento), mentre le attività collegate al commercio e riparazione di autoveicoli e motocicli confermano una tendenza positiva (+1,0 per cento). La base imprenditoriale dell’agricoltura, silvicoltura e pesca si riduce di 962 unità (-1,7 per cento), una variazione determinata dall’agricoltura, mentre continuano a crescere le imprese della pesca e acquacultura (+58 unità, +2,7 per cento).

Le imprese delle costruzioni perdono 723 unità (-1,1 per cento), ma continuano a ridurre progressivamente la tendenza negativa. Al loro interno la flessione è più ampia per le imprese che effettuano lavori di costruzione specializzati (-460 unità, -0,9 per cento), le imprese più attive nella ristrutturazione e nei piccoli interventi, ma è più rapida per le attive nella costruzione di edifici (-254 unità, -1,5 per cento). Il manifatturiero perde 294 imprese (-0,7 per cento), ma per la prima volta dal 2011 la tendenza negativa mostra un tasso tendenziale nettamente inferiore all’1 per cento. Nella sola manifattura la perdita negli ultimi dodici mesi si riduce a 318 imprese (-0,6 per cento), ma oltre l’80 per cento dei sotto settori registra una riduzione delle imprese e i segni positivi sono marginali a eccezione della riparazione e manutenzione di macchine (+103 unità, +3.1 per cento). In dettaglio, il contributo negativo maggiore giunge dalle imprese attive nella fabbricazione di macchinari e apparecchiature n.c.a. (-75 unità, -1.8 per cento), seguite da quelle della confezione (-66 unità, -1,4 per cento) e dell’industria del legno e dei prodotti in legno (-51 unità, -2,6 per cento). Si segnala la rapidità della riduzione delle imprese nell’industria tessile (-3,5 per cento, -42 unità). Infine, la base imprenditoriale dei servizi nel complesso, resta invariata. In particolare, poi un ulteriore segno rosso è dato dalla perdita di 191 imprese del settore del trasporto e magazzinaggio (-1,4 per cento), determinata dal trasporto terrestre (-239 unità, -2,0 per cento) e dai servizi postali e attività di corriere (-7,4 per cento), mentre aumentano le imprese attive nel magazzinaggio e nel supporto ai trasporti (+2,9 per cento). I segnali positivi per la base imprenditoriale giungono tutti dagli altri sotto settori dei servizi. In primo luogo, il maggiore aumento in termini assoluti lo hanno registrato le imprese attive dell’aggregato del noleggio, delle agenzie di viaggio e dei servizi di supporto alle imprese (+383 unità, +3,2 per cento), determinato dalla crescita delle attività di supporto per le funzioni d'ufficio e di altri servizi di supporto alle imprese (+291 unità, +6,4 per cento), che comprendono i call center, le agenzie di recupero crediti e la spedizione di materiale propagandistico, e delle attività dei servizi per edifici e paesaggio (+90 unità, +1,8 per cento), ovvero le imprese di pulizie e giardinaggio.

Viene, quindi, la crescita delle attività professionali, scientifiche e tecniche (+377 unità, +2,4 per cento), derivante soprattutto dalle imprese che svolgono attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale (+296 unità, +6,3 per cento), mentre si segnala l’exploit delle attive nella ricerca scientifica e sviluppo (+5,1 per cento). Ancora citiamo l’aumento delle imprese dei servizi di informazione e comunicazione (+162 unità, +1,9 per cento), determinato dalle imprese attive nella produzione di software, consulenza informatica e attività connesse (+102 unità, +3,0 per cento) e nei servizi d'informazione e altri servizi informatici (+89 unità, +2,8 per cento). Si segnalano, infine, gli aumenti, più limitati in termini assoluti, ma più rapidi, sia tra le imprese della sanità e assistenza sociale (+112 unità, +4,6 per cento), sia tra le imprese del settore dell’istruzione (+3,2 per cento), ambiti nei quali lo stato del settore pubblico ha creato ampi spazi per l’imprenditoria privata.

Il quadro economico provinciale

La movimentazione delle imprese - Prosegue la contrazione del numero di imprese nel nostro territorio provinciale. Al 31 dicembre 2018 le imprese iscritte nel Registro delle Imprese di Ravenna sono 39.109, cioè 267 in meno rispetto alla stessa data dell’anno passato.  Negli ultimi 12 mesi sono state registrate 1.999 nuove iscrizioni a fronte di 2.158 cancellazioni volontarie, il che ha determinato un saldo negativo di 159 unità (la parte rimanente è riconducibile a cessazioni d’ufficio). Il tasso di variazione rimane, pertanto, negativo e pari al -0,4%. Il calo è comunque meno accentuato rispetto ai periodi 2012-2013 quando risultava attorno a -1,0% / -1,2%, ma ancora non si intravede una inversione di tendenza.  Rispetto al 31 dicembre 2017, i settori che vedono un incremento delle imprese registrate sono quelli dei servizi alla persona (+72 unità, con variazione percentuale pari a +2,4%) e dei servizi alle imprese (+58, +1,2%); stabili  i servizi assicurativi e creditizi. In flessione gli altri settori. In termini assoluti, il settore più sofferente continua ad essere quello dell’agricoltura (-148 unità e -2,1% in termini relativi), seguito dal commercio che perde -131 esercizi (-1,6%), dal manifatturiero (-49 unità, -1,5%), dalle costruzioni (-46 unità, -0,8%), dal trasporto e magazzinaggio (-29, -2,2%) e, infine, dalle attività turistiche, con -13 unità e -0,4% in termini relativi. Al 31 dicembre 2018 le imprese artigiane registrate sono 10.505 e sono risultate 58 in meno nel confronto con fine dicembre 2017, che si traduce in una diminuzione dello 0,5%. Prosegue, quindi, la difficoltà del settore artigiano, dove però la contrazione evidenziata risulta inferiore a quella del sistema imprenditoriale nel suo complesso e sembra anche rallentare di intensità. Negli ultimi 12 mesi sono cresciuti i settori dei servizi alla persona di 25 unità (+1,7%) e dei servizi all’impresa di 23 (+3,7%). Diminuiscono, invece, di 48 unità il settore edile (-1,1%), di 31 il manifatturiero (-1,6%), di 15 quello dei trasporti (-1,8%), e solo di 3 unità quello del commercio (-0,5%) e di 4 esercizi il settore del turismo (-0,7%).

Il credito bancario - Nel corso del 2018 la dinamica del credito alle imprese in provincia di Ravenna è tornata in fase espansiva per la prima volta dal 2012. A fine anno lo stock di impieghi al settore produttivo (al netto delle sofferenze) si è attestato a quota 7,9 miliardi, in crescita dell’1% rispetto a un anno prima. Elemento positivo è l’incremento dei prestiti delle banche nel settore manifatturiero (+1,5%). Sono tornati a crescere anche i prestiti nel settore dei servizi (+0,1%), mentre all’opposto si è registrata un’ulteriore flessione nel settore delle costruzioni (-1,8%).

L’occupazione - In miglioramento le condizioni del mercato del lavoro. A fine 2018 le forze di lavoro (popolazione attiva) di Ravenna sono risultate pari a 182.300 mila unità, di cui 171.600 occupati e 10.700 disoccupati. La popolazione attiva è aumentata di 2.300 unità rispetto al 2017 (+1,3%). In particolare sono cresciute di 600 unità le forze di lavoro femminili e di 1.700 quelle maschili. La popolazione inattiva (persone di oltre 15 anni non in cerca di occupazione) ammonta a 155.300 unità. Il tasso di attività si è portato al 54,0% dal 53,3% del 2017. La crescita delle forze di lavoro è legata al consistente incremento degli occupati, mentre i disoccupati sono diminuiti. Il tasso di disoccupazione si è attestato al 5,8% contro il 7,2% di fine 2017, in particolare quello maschile è risultato del 4,2% (contro il 6,9% precedente),  mentre quello femminile è aumentato dal 7,5% al 7,9%.   Il tasso di occupazione totale si attesta al 68,2%, in aumento sull’anno precedente di 2,4 punti percentuali.

L’export - Crescono le esportazioni. Nel 2018 le esportazioni della provincia di Ravenna si attestano alla quota record di  4.394 milioni di euro replicando l’ottima performance dell’anno precedente.  L’incremento rispetto al 2017 è di 380 milioni, pari al +9,4%. Tra le principali tipologie di prodotto (con almeno 100 milioni di export) gli incrementi più rilevanti sono stati registrati nei prodotti metallurgici (+153 milioni, +23,4%), macchinari generici (+117 milioni, +15,5%), prodotti dell’industria alimentare (+52 milioni, +13,2%), prodotti chimici (+37 milioni, +4,6%) e prodotti dell’elettronica (+28 milioni, +31,8%). Sono invece diminuite le vendite all’estero dei prodotti per l’edilizia e l’industria ceramica (-17 milioni, -12,6%) e dei prodotti in metallo (-14 milioni, -10,2%). Per gli altri settori importanti dell’export provinciale, quali la fabbricazione di apparecchiature elettriche, le coltivazioni agricole, la fabbricazione di articoli in plastica e gomma e l’industria delle bevande si sono registrate variazioni di vendite di minore entità.

I settori produttivi - Migliora la congiuntura per le PMI nei settori manifatturieri, ma non delle costruzioni. Nel 2018 la produzione manifatturiera della nostra provincia fa segnare una crescita media dell’1,5%, proseguendo il trend positivo degli ultimi tre anni. Il fatturato complessivo cresce dell’ 1,4%, quello estero del 3,0%.  Gli ordini dell’1,6 %, mentre quelli esteri chiudono con un valore all’insegna della stabilità, -0,1%. All’opposto il comparto delle costruzioni, dopo i discreti risultati ottenuti nel 2017, chiude il 2018 in rallentamento. L’andamento del fatturato provinciale del settore, altalenante e volatile, segnala l’inversione del trend positivo in corso da alcuni anni, attestandosi al -0,6%. Buona la crescita dei servizi che si attesta all’1,3%.

La situazione a Ravenna

Rispetto all’intero tessuto produttivo provinciale, l’incidenza delle imprese artigiane passa dal 26,83% del 31/12/2017 al 26,86% del 31/12/2018, un dato pressoché invariato. Ciò a fronte del fatto che - rispetto al decremento del Registro Imprese di 267 unità - le imprese artigiane sono diminuite di 58 unità, assestando per questo l’incidenza percentuale rispetto al Registro Imprese ai livelli registrati nell’ultimo triennio, così come nell’ultima parte del 2002. Come si può facilmente osservare, da fine 2008 a fine 2017, il Registro Imprese registra un calo di 3.531 imprese, delle quali quasi il 47% sono imprese artigiane. Da notare che il dato delle imprese artigiane registrate in Emilia-Romagna (-1,28%) a fine 2018 è decisamente “peggiore” rispetto a quello riscontrato su Ravenna (-0,55%), e in linea con quello nazionale (-1,33%). Rispetto al decremento dell’Albo i comuni della provincia presentano dinamiche e performance diverse. Tra i comuni principali, si registrano risultati negativi per Ravenna (-1,54%) e Lugo (-1,31%), mentre Faenza (+0,96%) e Cervia (+0,2%) marcano risultati positivi. Per quanto riguarda le aree territoriali, la Romagna Faentina segna un +0,36% e la Bassa Romagna un -0,15%.

Andamento Albo per settori (dati Provinciale)

Relativamente alle Sezioni e alle Divisioni di attività si riscontrano, pur se quasi tutte caratterizzate da un andamento negativo, anche per il 2018, differenze nei trend che caratterizzano i diversi settori.

L’agricoltura e l’industria alimentare (dati aggregati) rimangono sostanzialmente stabili (-0,57%) rispetto al 2017, che aveva visto una contrazione di simile portata. L’elevata crescita occupazionale registrata nel settore ne conferma il buono stato di salute, probabilmente anche grazie al consolidarsi di una certa riscoperta delle tradizioni e una maggiore e premiante attenzione manifestata dai consumatori nei confronti dei prodotti di qualità del territorio.

Il settore tessile-abbigliamento-calzaturiero registra una ulteriore contrazione e chiude a -0,81% rispetto al dato del 2017. Tale dato va contestualizzato nel ridimensionamento che ha caratterizzato il comparto nell’ultimo decennio. Indicativi, a tal proposito, i dati relativi al periodo 2008-2018, che riflettono un decremento di oltre il 25%.

La meccanica di produzione vede un decremento delle imprese del settore pari al 3,38%, confermando i trend negativi che hanno caratterizzato i 7 anni precedenti (-3,27% al 31/12/2017; -3,00% al 31/12/2016; -0,83% al 31/12/2015; -4,13% al 31/12/2014; -5,69% al 31/12/2013 e -4,43 al 31/12/2012). Tuttavia, la ripresa del fatturato nell’ultimo biennio e, soprattutto, i trend occupazionali positivi, suggeriscono una lettura diversa dei dati legati al Registro Imprese, ovvero una tendenza delle stesse a strutturarsi maggiormente per far fronte ai nuovi paradigmi della competitività.

Per quanto concerne il settore del legno (industria e lavorazione del legno e fabbricazione di mobili), dopo i decrementi dell’ultimo quinquennio, si registra un’ulteriore contrazione pari allo 0,61%. Anche dal punto di vista dell’occupazione (-11,76%) e del fatturato (-1,3%), il settore ha registrato nel corso del 2018 risultati decisamente negativi. Ragionando per aggregati, il settore manifatturiero (agroalimentare, sistema moda, meccanica e legno/arredo) registra una diminuzione dell’1,82%.

L’edilizia, vero traino della crescita dell’Albo delle Imprese Artigiane fino al 2008, prosegue la contrazione (-1,08%), confermando le forti difficoltà del settore. Dal 2008, il comparto ha “perso” il 17% delle imprese registrate. Nell’ambito del comparto, segno meno per gli impiantisti elettrici ed elettronici (-0,88%), dove diminuisce soprattutto il numero delle imprese legate maggiormente all’edilizia, sia per quelli idraulici (-0,94%), dove la componente maggiormente resiliente è ascrivibile quasi unicamente alla manutenzione di impianti di riscaldamento. Nel periodo 2008-2018, i due settori hanno registrato decrementi rispettivamente del 13,29 e del 6,24%.

Per quanto concerne il settore dei trasporti, il 2017 si chiude con un decremento delle imprese iscritte all’Albo del 2,10%, da ascriversi esclusivamente al trasporto merci (90% delle imprese del settore). Oltre a tali dati inequivocabili, va evidenziata una ulteriore netta contrazione della redditività delle singole imprese dovuta principalmente dalla riduzione delle tariffe di trasporto riconosciute dal mercato, con ripercussioni pesanti sulla sopravvivenza delle stesse.

Nella manutenzione e riparazione di auto e motoveicoli si registra una situazione identica a quella di fine 2017, che va solo parzialmente a interrompere la contrazione in termini di imprese iscritte che caratterizza costantemente questo settore da ormai diversi anni, generato da un lato dalla crisi dei consumi privati che riducono gli interventi sul loro parco auto, non riparando i piccoli danni o evitando la manutenzione ordinaria del veicolo allo stretto necessario, e dall’altro dall’evoluzione tecnologica dei veicoli che impone una maggiore specializzazione con una conseguente concentrazione delle officine.

Nell’ambito delle attività professionali, si registra un +0,47%, risultato che - seppure positivo -  rappresenta un rallentamento rispetto a quanto registrato a fine 2017 (+2,01%).

Per quanto riguarda i servizi alla persona, oltre a un ulteriore decremento delle tinto-lavanderie (-1,08%), si registra un ulteriore lieve decremento  delle imprese di acconciatura (-0,70%), mentre le imprese di estetica continuano ad aumentare considerevolmente (+4,26%). Va ricordato che questi due settori caratterizzano il comparto per oltre l’85% delle imprese registrate nell’ambito dei servizi alla persona. A conferma della sempre maggiore tendenza delle imprese a strutturarsi in forme complesse di organizzazione, per quanto riguarda la forma giuridica, va segnalato il confermarsi del costante aumento delle Società di Capitale, aumentate nell’ultimo anno di una percentuale di poco inferiore al 5%, mentre le Società di Persone incidono sul totale imprese artigiane per quasi il 20%.

Occupazione

I dati relativi all’occupazione rilevati nel corso del 2018 evidenziano un incremento della forza lavoro del 2,97%. Si consolida pertanto il risultato raggiunto lo scorso anno quando, per la prima volta da fine 2008, si era raggiunto un risultato superiore a quello registrato pre-crisi. A fine 2018, rispetto a fine 2008, si constata un aumento occupazionale pari al 5,95%. Questi dati si riferiscono a un campione rappresentativo di imprese artigiane e piccole imprese.

Relativamente ai principali settori dell’economia artigiana, il comparto delle costruzioni, vero traino della crescita occupazionale fino al 2007, conferma la crescita iniziata nel 2014, dopo la decrescita occupazionale registrata nel quinquennio precedente, evidenziando al 31/12/2018 un incremento del 2,54%. Incremento occupazionale importante anche per il settore impianti (+4,38%). Occorre comunque ricordare che l’edilizia ha perso quasi il 25% della forza lavoro da fine 2008. Cresce l’andamento occupazionale per le attività inerenti all’auto e moto-riparazione (+2,47%), a irrobustire la sorprendente crescita iniziata a fine 2016, che aveva interrotto un trend di costante contrazione nel quinquennio precedente.

Il tessile-abbigliamento-calzaturiero registra un marcato decremento occupazionale (-18,69%). Va sottolineato che il settore ha perso, negli ultimi 10 anni, oltre il 30% di occupati. La meccanica di produzione esprime valori molto positivi (+5,02%). Questo incremento occupazionale, unito al decremento delle imprese registrate, può essere letto come una tendenza delle imprese più strutturate a continuare ad assumere addetti. L’agricoltura e l’industria alimentare (dati aggregati), registrano un forte incremento, pari al 20,35%, confermando il trend avviatosi dal 2015. Di segno decisamente positivo l’andamento occupazionale per il settore dei trasporti (+8,36%), che però va ascritto esclusivamente al trasporto persone. Va qui ricordato che il trasporto merci ha perso dal 2008 oltre il 20% della forza lavoro. Il settore dei servizi alla persona esprime un decremento sia per ciò che riguarda gli acconciatori (-0,79%), sia per gli estetisti (-8,20%), confermando l’andamento altalenante dei trend del settore nell’ultimo decennio.

Per quanto riguarda i principali comuni e le principali aree territoriali della provincia, si evidenzia un incremento occupazionale per Cervia, per la Bassa Romagna e per la Romagna Faentina, mentre Ravenna, rispetto al 31 dicembre 2017, registra un marcato decremento occupazionale (-0,96%). Dopo una contrazione consecutiva per sette anni, per il quarto anno consecutivo cresce il numero di addetti extra nazionali occupati dalle piccole e medie imprese e dall’artigianato (+11,03%). Dal 2008 si registra una diminuzione di questa forza lavoro pari circa al 12%. Le nazionalità più rappresentative in termini di dipendenti extra nazionali sono, nell’ordine, quella rumena, albanese,  marocchina, senegalese e moldava. Meccanica di produzione, trasporti e impiantistica, si confermano come quelle attività che di più, rispetto ad altre, assorbono manodopera extra nazionale, anche se è stata la prima a contribuire maggiormente all’incremento di dipendenti extra nazionali, soprattutto nell’ultimo triennio.

Credito e Investimenti

Altri importanti elementi di analisi per cogliere i segnali circa l’andamento dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa nella nostra provincia, si colgono dai dati resi disponibili dalla Banca d’Italia in merito al credito e agli investimenti. Nel corso del 2018 sono stati concessi in ambito provinciale finanziamenti alle imprese per un valore superiore dell’1,23% a quelli registrati al 31/12/2017. Va tuttavia ricordato che negli ultimi 7 anni si riscontra una diminuzione dei finanziamenti erogati di quasi il 18%. Nonostante la timida crescita, le dinamiche del credito continuano ancora a risentire della debolezza della domanda di finanziamenti del settore produttivo. Elemento positivo è la costante crescita dei prestiti nel settore industriale (+1,46%), andamento a cui stanno probabilmente continuando a contribuire le misure di agevolazione fiscale sugli investimenti tecnologici contenute nel Piano Impresa 4.0. Sostanzialmente stabile il dato relativo agli impieghi bancari destinati al settore dei servizi (+0,14%), dopo la brusca contrazione registrata nell’anno precedente (-7,2%), mentre il settore delle costruzioni segna un -1,84%, nonostante i timidi segnali di ripresa dell’edilizia e del mercato immobiliare. Possiamo, inoltre, affermare che - in merito all’operatività dei finanziamenti concessi - mentre nel 2008 i due terzi dei finanziamenti riguardavano investimenti produttivi (beni mobili/immobili strumentali) e un terzo concerneva la liquidità (linee correnti e consolidamento), nel corso degli anni la situazione si è ribaltata e nel 2018 assistiamo ai due terzi di richieste per liquidità aziendale e un terzo per investimenti, a conferma dello stato di difficoltà in cui versa ancora il Paese.

Fatturato

Il 2018 si chiude con una variazione positiva del 2,00%, consolidando il trend positivo da fine 2015. Se si confrontano i dati di fine 2018 con quelli disponibili al 31/12/2008 si riscontra, comunque, un calo del fatturato di poco inferiore al 12%. Quasi tutti i settori analizzati – seppure con dinamiche e proporzioni diverse – registrano un aumento del fatturato a fine 2018, anche se, meccanica e servizi alla persona a parte, tutti i settori sono lontani da quello registrato nel 2008.

Prime tendenze 2019

Al 31 marzo 2019 le imprese artigiane registrate sono 10.399, 91 in meno rispetto al 31 marzo 2018 (-0,87%). Prosegue quindi la contrazione delle imprese iscritte all’Albo con una lieve accelerazione nel trend, dal momento che la variazione a marzo 2018 su marzo 2017 esprimeva un dato negativo meno marcato (-0,59%), con una “perdita” di 62 unità. Analoghi i risultati se si prende in esame la variazione congiunturale: a marzo 2019 rispetto a dicembre 2018 si riscontra una contrazione delle imprese artigiane registrate dell’1,01%; a marzo 2018 rispetto a dicembre 2017 si riscontrava una contrazione delle imprese artigiane registrate delle 0,69%. I dati occupazionali esprimono valori positivi, confermando il trend che ha caratterizzato il 2018, seppure a ritmo più rallentato: a marzo 2019 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si registra infatti un incremento occupazionale dell’1,54%. Ricordiamo, infatti, che a marzo 2018 rispetto a marzo 2017, si registrava infatti un incremento occupazionale del 5,27%.

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