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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Crisi, "se continua così avremo 400 imprese in meno"

“I dati di chiusura del 2011 ci dicono chiaramente che non siamo ancora fuori dalla crisi. Nel 2010 avevamo visto una prospettiva, confermata nel primo semestre 2011"

“I dati di chiusura del 2011 ci dicono chiaramente che non siamo ancora fuori dalla crisi. Nel 2010 avevamo visto una prospettiva, confermata nel primo semestre 2011. Poi siamo ripiombati in piena recessione, con tre trimestri consecutivi di calo del PIL. Nel primo trimestre 2012 tutti gli indicatori sono stati negativi e le previsioni per il secondo non sono migliori”. E' quanto sottolinea Maurizio Cassani, presidente provinciale della Cna, in merito alle piccole imprese e artigianato.

I dati dell’Albo Imprese Artigiane di Ravenna che abbiamo oggi a disposizione ci dicono che siamo a quota –200 imprese e se questo trend proseguirà fino alla fine dell’anno arriveremo a circa 400 imprese in meno. Non è un caso – prosegue ancora Cassani - se il 26 maggio scorso a Bologna abbiamo lanciato un grido di allarme sul nostro sistema imprenditoriale pesantemente minacciato mentre crediamo fermamente che l’artigianato e la piccola impresa possano essere il perno per un rinnovato sviluppo”.

“Il nostro sistema economico – sottolinea il prof Ilario Favaretto, ordinario di Politica Economica Applicata presso l’Università degli Studi di Urbino - con un livello dei salari bassissimo e un sistema basato sul consumismo non ha prospettive”.  “D’altronde – continua Favaretto - un basso livello dei salari vuole dire bassa domanda e bassa domanda significa che le imprese rallentano la produzione. Per cui si ha contemporaneamente una caduta dei consumi e una caduta degli investimenti. Questa situazione è foriera di crisi pesanti la cui soluzione è complessa”. Questo, in estrema sintesi, è il discorso che riguarda il mercato interno. Sul versante estero, invece, risulta che le nostre esportazioni in quantità sono diminuite ma in valore aggiunto sono aumentate. Questo significa che le imprese che sono riuscite a collocarsi sui mercati internazionali hanno portato un più alto valore aggiunto senza il quale non sarebbero riuscite ad affermarsi. Perciò sia il rallentamento dell’economia interna, consumi e investimenti, sia la debole ripresa delle esportazioni, ci dicono che il Paese è in difficoltà di produttività”.

“Quindi, il punto di riferimento da cui ripartire è la produttività del Paese. L’Italia ha perso in produttività perché non utilizza tutte le risorse, lascia le nuove generazioni fuori dal mercato, non fa investimenti, riduce la capacità produttiva e, di conseguenza, si riduce la domanda interna aggregata. Purtroppo i nostri concorrenti sono diventati più produttivi e ci intaccano quote di mercato estero – continua Favaretto -. Noi siamo diventati meno produttivi e non riusciamo a produrre la ricchezza che ci abbisogna. Se andiamo a vedere la nostra bilancia commerciale è in deficit per il 60% per aver importato beni di consumo. In questo contesto la piccola impresa deve ripensare la sua funzione e il Paese deve ripensare la funzione della piccola impresa.  Perché questo è il momento della piccola impresa in Italia, non il contrario. Bisogna chiedere ai piccoli imprenditori di essere partecipi di un grande processo di trasformazione. Il mondo cambia rapidamente e noi oggi subiamo due concorrenze: quella dei Paesi avanzati sui beni ad alto valore aggiunto e quella dei Paesi emergenti che ci attaccano sui beni a minor valore aggiunto. E le nostre imprese cosa stanno facendo? Le nostre piccole imprese prima hanno tentato di tenere le quote di mercato e hanno ridotto i margini di profitto e poi, quando la crisi del 2009 è arrivata in profondità, mancando quote di mercato, hanno perso le speranze”.

Per Favaretto “bisogna cambiare strategia ma al di fuori del binomio riduco i costi, riduco gli investimenti. Quindi non si tratta di ridurre i costi, si tratta piuttosto di modificare la loro struttura. L’imprenditore deve adattare l’azienda, piccola o media che sia, a una nuova concezione di costo dove al centro dovrà mettere gli elementi che gli permettano di stare sul mercato, modificando i livelli di produttività. Ma come farà la piccola e media impresa ad arrivare a questa condizione?  Per fare tutte queste cose il giusto approccio non è diventare più grandi, è strutturarsi, diventare più complessi, saper svolgere meglio funzioni più articolate. Perciò, in concreto, l’obiettivo del consolidamento delle imprese non è più rinviabile. Attenzione però, non è che l’impresa da 10 addetti debba diventare di 40, chi ha anche pochi dipendenti deve avere un mix dei costi diverso, qualitativamente diverso. Oggi bisogna ritornare a spendersi come imprenditori”. “Può essere questo un gioco solo del mercato? Sinceramente penso di no – conclude Favaretto -, occorre che i policy makers siano a fianco di questo percorso mettendo in campo efficaci politiche industriali e le indispensabili risorse economiche per attuarle.
 

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