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Economia Faenza

"A rischio il futuro delle lavoratrici della casa di riposo": la vertenza dei sindacati

I sindacati: "Per mantenere il posto in struttura è stato chiesto alle lavoratrici di dimettersi, e rinunciare, di fatto, a indennità di circa 120-130 euro mensili che le dipendenti percepiscono da quasi vent’anni"

"Cosa succede se non mi dimetto?". A Faenza, al civico 23 di via Cova dove sorgeva l’antica villa “Galli-Ferniani”, le lavoratrici non si chiedono altro da settimane. Le cooperative sociali In Cammino e Zerocento, infatti, hanno annunciato un piano di riorganizzazione gestionale della casa di riposo “Sant’Umiltà” che getta ombre sul futuro di poco meno di una trentina di lavoratrici.

"Le due società, che dal 1998 gestiscono in solido il centro residenziale nel rispetto dei requisiti di accreditamento, sono in pressing su personale e sindacati per assicurare il passaggio di gestione dei servizi socio-assistenziali offerti dalla struttura nelle mani della cooperativa In Cammino che, bontà sua, si ritroverà a “ereditare” anche il personale attualmente in organico a Zerocento - spiegano Fp Cgil Ravenna, Fisascat Cisl Romagna e Uil-Fpl - Per mantenere il posto in struttura è stato chiesto alle lavoratrici di dimettersi, e rinunciare, di fatto, a indennità di circa 120-130 euro mensili che le dipendenti percepiscono da quasi vent’anni. Unica contropartita, oltre al mantenimento del trattamento contrattuale in essere e all’anzianità di servizio, il riconoscimento di un incentivo all’esodo di un migliaio di euro lordi e la promessa della stabilità della sede di lavoro fino alla fine del periodo di accreditamento (in scadenza al 31 dicembre del 2020). In modo arbitrario ed unilaterale senza margine alcuno per una trattativa, e senza riguardo per la responsabilità sociale che avrebbero a svolgere nel territorio di riferimento, le cooperative stanno rendendosi responsabili di pesanti violazioni contrattuali e normative, con conseguente danno professionale ed economico a carico delle lavoratrici coinvolte e con presumibili ricadute deleterie anche sulla continuità e la qualità dei servizi erogati. Il tutto a invarianza delle risorse accordate alle cooperative in ragione del contratto di servizio e del richiamato accreditamento definitivo. Si dispongono risparmi ed economie, ci si prodiga per “ottimizzare” la gestione e l'organizzazione della struttura e si lesina sul salario accessorio di queste lavoratrici, senza nemmeno che siano state negate risorse al servizio".

"A nulla sono valsi gli appelli alle istituzioni competenti per il territorio - proseguono le organizzazioni sindacali di categoria di Cgil, Cisl e Uil - L’unico a intervenire è stato il sindaco di Solarolo, Fabio Anconelli, che nell’Unione della Romagna Faentina ha la delega ai servizi socio-sanitari. Il sindaco ha fatto in modo che le cooperative ammettessero il progetto per iscritto in un verbale d'incontro dello scorso 15 gennaio. Poi, però, al fianco delle due società ha tenuto assemblee con le lavoratrici per spiegare l'operazione: prima a Faenza e poi a Casola Valsenio, nella Residenza “S. Antonio Abate e S.S. Filippo e Giacomo”, dove altre 23 lavoratrici, in questo caso dipendenti della cooperativa In Cammino, sono chiamate ad affrontare un meno traumatico passaggio alla cooperativa Zerocento. Anche a Casola è stato chiesto alle lavoratrici di rassegnare le dimissioni; almeno qui, però, le condizioni economiche e contrattuali di lavoro non sono in discussione. Laddove l’operazione fosse perfezionata, ci sarebbe l’impegno di Zerocento per il mantenimento di tutte le garanzie attualmente godute".

"Da anni – concludono i sindacati – denunciamo che la cura dei nostri cari e la promozione sociale delle persone in condizioni di fragilità ha subito un processo di privatizzazione che, per concorrere, in quella giungla spietata che è l’economia di mercato, ha trasformato utenti in clienti, e lavoratrici e lavoratori in “missionari del sociale”. Tra precariato e bassi salari il settore è saturo di una cultura volontaristica che nega diritti minimi al lavoro. La vertenza delle lavoratrici di Sant'Umiltà si spinge ben oltre le mura di quella struttura, è una battaglia di civiltà che non può subire arretramenti, né cedimenti di sorta. Per questo motivo, dopo aver diffidato le cooperative dal modificare le attuali condizioni contrattuali normative, retributive e contributive godute dalle lavoratrici coinvolte in questa riorganizzazione, invieremo richieste di intervento all’indirizzo del Prefetto, dell’Ispettorato del Lavoro, dell'Asp e dei vertici del distretto socio-sanitario della Romagna Faentina e della Sanità regionale. I diritti non si discutono, si estendono".

Le repliche

"Con stupore prendiamo atto dell’imbarazzante ricostruzione dei fatti proposta dai sindacati, totalmente irrispettosa della realtà - replicano prontamente dalle cooperative Zerocento e In Cammino - Come questi ben sanno sin dal mese di novembre 2018, a fronte dell’esigenza di procedere a una necessaria riorganizzazione delle Cra di Casola Valsenio e Sant’Umiltà, è stato proposto a tutti i lavoratori di rimanere in forza alla cooperativa di appartenenza, procedendo in questo caso al trasferimento in altri servizi o, in alternativa, rimanere a operare presso la medesima unità lavorativa essendo assunti da altra cooperativa a parità di condizioni contrattuali e forfettizzando, con un’indennità di esodo, eventuali trattamenti di miglior favore riconosciuti ad personam. Tali proposte spontanee dei datori di lavoro sono state esposte in più occasioni. Fra queste un incontro tenutosi il 18 dicembre, il cui verbale è stato sottoscritto dai rappresentanti di Cgil e Cisl, nonché integralmente ribadite e arricchite in occasione dell’incontro tenutosi il 15 gennaio alla presenza, oltre che dei sindacati Cgil, Cisl e Uil, della rappresentanza istituzionale dell’Unione della Romagna Faentina. Evidentemente le organizzazioni sindacali hanno cambiato idea. Come ben noto sia ai sindacati sia alle Rsa che hanno partecipato a ciascun incontro, non è mai stato chiesto ad alcuno di dimettersi ma, al contrario, sono state offerte più alternative. Siamo certi che non avremo difficoltà a esporre la correttezza del nostro operato al Prefetto. Se tutte le vertenze sindacali avessero questi contenuti, l’Italia sarebbe un Paese più felice".

"Quanto accaduto è qualcosa di estremamente negativo e in contrasto con il sistema di relazioni sindacali definito all’interno dell’Integrativo Territoriale di Ravenna", aggiungono le centrali cooperative Legacoop Romagna e Confcooperative Ravenna-Rimini, in rappresentanza di Zerocento e In Cammino. "La riorganizzazione del servizio del territorio faentino è stata effettuata attraverso il confronto da parte delle cooperative sociali coinvolte con i lavoratori, le organizzazioni sindacali e le Istituzioni. Un confronto che aveva individuato soluzioni per il passaggio di lavoratori da una cooperativa all’altra. La convocazione di una conferenza stampa da parte dei sindacati, al fine di denunciare dette soluzioni che vengono ritenute penalizzanti per i lavoratori, è avvenuta senza avere tentato alcuna ricomposizione attraverso la convocazione del Tavolo Unico, così come previsto in questi casi dall’Integrativo Territoriale per le cooperative sociali della provincia di Ravenna. Le affermazioni con cui si chiude il comunicato stampa delle organizzazioni sindacali è di estrema gravità soprattutto perché porta a contestare il ruolo della cooperazione sociale nei servizi alla persona, che è stato in realtà un valore aggiunto del nostro territorio. Dissentiamo quindi dalle considerazioni di natura politica relative alla ‘sconsiderata privatizzazione dei servizi’, perché irrispettose delle scelte politiche regionali e offensive del mondo cooperativo che rappresentiamo, che si è fatto carico di co-gestire insieme agli altri soggetti, Regione Emilia Romagna ed enti locali, un sistema di servizi certamente perfettibile, ma con parametri e standard di elevata qualità; un servizio pubblico - lo ricordiamo - svolto da cooperative, che forma e stabilizza i lavoratori (e non volontari) regolarmente assunti e inquadrati nel rispetto di contratti collettivi di lavoro di cui gli stessi sindacati Cgil Cisl e Uil sono firmatari. Cogliamo l’occasione per denunciare un peggioramento delle relazioni sindacali su più fronti, anche in relazione alla continua e insistente richiesta di applicazione del Ccnl Fise nelle cooperative sociali di tipo B coinvolte, nell’ambito della propria ‘mission’ di inserimento lavorativo di persone con disabilità o disagio sociale, sul servizio di raccolta e trasporto rifiuti".

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