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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Amori e passioni, tradizione e innovazione nella stagione d'Opera e Danza dell'Alighieri

Dal 10 gennaio al 5 aprile tre titoli d’opera e quattro appuntamenti con la danza

Con tre serate dedicate all’opera e quattro appuntamenti con la danza, la Stagione 2019/20 del Teatro Alighieri porta a Ravenna raffinate coproduzioni e compagnie di calibro internazionale, arricchendo di nuove proposte - dal 10 gennaio al 5 aprile - la programmazione del teatro, fra tradizione e innovazione. Dall’ombra di un platano di una Persia senza tempo all’orto racchiuso fra le mura di un convento, fino alla Venezia del Carnevale, i titoli d’opera popolano il palcoscenico di immagini di pace, e allegria, presto avvelenate - non solo metaforicamente - da rivalità e antiche colpe. Forse l’antidoto ai conflitti “di famiglia” del Serse, di Suor Angelica e di Lucrezia Borgia sta tutto nel Gianni Schicchi, nella sua arguzia quanto nel suo cuore, pronto a commuoversi alla vista dei giovani innamorati il cui abbraccio conclude l’opera. Il calendario opera si apre il 10 e 12 gennaio con il Serse di Händel, impreziosito da un ensemble fra i più accreditati su questo repertorio quale Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone. Si prosegue con la serata pucciniana Suor Angelica / Gianni Schicchi (31 gennaio, 2 febbraio) per la regia del cosmopolita Denis Krief, mentre Marco Guidarini dirige l’Orchestra della Toscana, e si conclude con la Lucrezia Borgia (6 e 8 marzo) di Donizetti nel nuovo allestimento diretto da Andrea Bernard, con l’Orchestra Giovanile Cherubini guidata da Riccardo Frizza. Il percorso danza si inaugura il 15 e 16 febbraio con il Nuovo Balletto di Toscana e la Cenerentola su musica di Prokof’ev e coreografia di Jirˇí Bubenícˇek, già star dell’Hamburg Ballet e vincitore del Benois de la Danse. Seguirà il ritorno a Ravenna dell’Alonzo King Lines Ballet con Händel e Common Ground (29 febbraio, 1 marzo), coreografie firmate dal fondatore della strepitosa compagnia di San Francisco, mentre si torna sulle punte per il Don Chisciotte (21 e 22 marzo) di Johan Kobborg, da Marius Petipa, con il Balletto Yacobson di San Pietroburgo, che il pubblico dell’Alighieri ha già ammirato la scorsa stagione nella serata omaggio a Leonid Yacobson. Gran finale il 4 e 5 aprile con la prima visita a Ravenna della Compagnie Hervé Koubi e il più potente ed emblematico lavoro del coreografo franco-algerino, Les nuits barbares, creazione ad altissimo impatto visivo. Il programma della Stagione 2019/20 è reso possibile dal sostegno del Comune di Ravenna, della Regione Emilia Romagna e del Ministero per i beni e le attività culturali, con il contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.

Opera

Il sipario si alza sulla Stagione Opera il 10 e 12 gennaio, con il Serse di Georg Friedrich Händel secondo l’interpretazione musicale di Ottavio Dantone, al clavicembalo e alla direzione della sua Accademia Bizantina, e la visione drammaturgica di Gabriele Vacis alla regia. Basandosi sull’edizione critica curata da Bernardo Ticci e favorendo un ritmo narrativo serrato e coinvolgente, il nuovo allestimento - ha debuttato a primavera, frutto della coproduzione fra Reggio Emilia, Modena, Piacenza e Ravenna - restituisce freschezza al titolo che Händel scrisse su commissione del King’s Theatre di Londra, dove fu presentato nel 1738. Scene e costumi, affidati come le luci a Roberto Tarasco, stilizzano un contesto settecentesco in cui il conflittuale intreccio amoroso (il re persiano ama Romilda, che ama Arsamene fratello di Serse, che è amato anche da Atalanta sorella di Romilda...) si dipana con il controcanto di giovani attori cui è delegato il compito di mimare e così commentare gli “affetti” espressi dal canto. Serse è Arianna Venditelli, trascinante fin dalla celebre aria d’apertura Ombra mai fu che il re persiano intona in omaggio a un platano, mentre Arsamene è Marina De Liso; Romilda e Atalanta sono rispettivamente Monica Piccinini e Francesca Aspromonte. Il contralto Delphine Galou veste invece i panni di Amastre, la fidanzata ripudiata di Serse che si traveste da soldato per riconquistare il promesso sposo. Il 31 gennaio e 2 febbraio è la volta di una doppia serata con Suor Angelica e Gianni Schicchi, due delle tre opere in un atto, del trittico che, con Il tabarro, Giacomo Puccini presentò a New York nel 1918: inconfondibilmente italiane, ma ibridate l’una da Debussy e l’altra da Stravinskij, appartengono di diritto al Novecento musicale europeo. A Ravenna si tratta anche in questo caso di coproduzioni (oltre all’Alighieri la cordata coinvolge il Teatro del Giglio di Lucca, il Lirico di Cagliari e il Maggio Fiorentino) con Marco Guidarini alla guida dell’Orchestra della Toscana e Denis Krief a firmarne regia, scene, costumi e luci. Poliedrico e poliglotta, musicista e uomo di teatro, Krief ha immaginato una messa in scena limpida e lineare che lascia ampio spazio ai personaggi pucciniani e al diverso registro delle due opere: struggente per Suor Angelica, storia di un’aristocratica costretta al convento per via di un bambino nato fuori dal matrimonio e che l’annuncio della morte del figlio spinge ad avvelenarsi con le erbe dell’orto conventuale; comico per Gianni Schicchi, dove il protagonista di ispirazione dantesca gabba gli avidi e litigiosi familiari dell’abbiente Buoso Donati, assumendo i panni del defunto per dettare un nuovo testamento al notaio...testamento del quale Schicchi è principale beneficiario. Alle misurate, contenute interpretazioni del primo titolo si contrappone la recitazione frizzante e dinamica nel secondo. Ha debuttato con successo nel ruolo di Suor Angelica Alida Berti, mentre l’arcigna Zia-Principessa che porta alla giovane la notizia della morte del figlio è Isabel De Paoli; Gianni Schicchi può contare sul talento istrionico del baritono Marcello Rosiello, mentre alla Lauretta di Francesca Longari è affidata l’emozionante e da sempre amata aria O mio babbino caro.

Il cartellone Opera si conclude il 6 e 8 marzo con Lucrezia Borgia, titolo che si lega ai precedenti sia per i conflittuali legami familiari che rappresenta, sia per l’uso del veleno. Ampio e frequente uso in questo caso, dato che tentati (e infine riusciti) avvelenamenti accompagnano l’intera trama. Gaetano Donizetti la compone nel 1833 su libretto di Felice Romani, che trae il materiale dalla tragedia di Victor Hugo. Questi, come già aveva fatto in Le Roi s’amuse con Triboulet (da cui il verdiano Rigoletto), ingentilisce la lugubre tradizione legata alla figura di Lucrezia Borgia per mezzo dell’affetto, in questo caso materno. Così il riscatto morale di Lucrezia passa per l’amore per il figlio ritrovato e presto perduto; un’eroina, insomma, che abbandona i tratti demoniaci a favore di quelli ricchi di pathos della madre. L’allestimento ha appena debuttato al Donizetti Opera di Bergamo, che lo coproduce con Reggio Emilia, Piacenza, Trieste e naturalmente Fondazione Ravenna Manifestazioni. L’orchestra in questo caso è la Cherubini, diretta da Riccardo Frizza, mentre il Coro del Teatro Municipale di Piacenza è preparato da Corrado Casati. La regia è del giovane altoatesino Andrea Bernard, già assistente di Pier Luigi Pizzi con all’attivo collaborazioni con registi quali Damiano Michieletto, Keith Warner e una promettente carriera già disseminata di successi. Donna Lucrezia, figlia del Papa Borgia e parte della più potente e pericolosa famiglia italiana del tempo, è Francesca Dotto, mentre il geloso e vendicativo Don Alfonso suo marito è Mattia Denti; il giovane Gennaro, di cui tutti credono che Lucrezia si sia infatuata (in realtà il figlio che non ha mai potuto riconoscere), è Francesco Castoro.

Danza

La Stagione Danza 2019/20, che come sempre scorre in parallelo al programma d’Opera, si inaugura il 15 e 16 febbraio con il Nuovo BallettO di ToscanA e una Cenerentola fresca di debutto al Maggio Fiorentino. È il nuovo lavoro che il coreografo e premiatissimo ballerino ceco Jirˇí Bubenícˇek ha creato su musica di Sergej Prokof’ev, in collaborazione con Nadina Cojocaru per le scene (della Cojocaru anche i costumi). Il balletto in un atto per 14 danzatori è una versione moderna della celebre fiaba dei fratelli Grimm, che qui perde i connotati più favolistici conservando però trama e personaggi chiave - le sorelle, la matrigna, il principe... - e puntando su elementi simbolici. Al centro rimane sempre Cenerentola, una ragazza coraggiosa e gentile, memore degli insegnamenti della madre e con un bagaglio di sogni da realizzare. La compagnia diretta da Cristina Bozzolini rappresenta una costante e significativa presenza nel panorama della danza italiana fin dal 1970, capace di privilegiare giovani professionisti formatisi nella propria scuola per una piena idoneità tecnica e artistica nella danza sia classica che contemporanea. Fondamentale la collaborazione con autori di prestigio, nonché quella con il Maggio Musicale Fiorentino. Il 29 febbraio e 1 marzo il Teatro Alighieri accoglie la Alonzo King Lines Ballet con due coreografie, Händel e Common Ground. Se la prima, creata su musiche di Händel con contributi di Leslie Stuck, dialoga idealmente con l’altro omaggio all’autore del Serse nella Stagione Opera, la seconda è una recente creazione su arrangiamenti musicali del Kronos Quartet. Alonzo King, autore di entrambi i lavori, ha firmato Händel nel 2005 per lo Swedish Royal Ballet, per poi riprenderlo per la propria compagnia nel 2018. Esplorando l’universo musicale di Händel, visionario che per primo unì nella stessa partitura il nuovo stile omofonico e la tradizionale polifonia, King ha creato una complessa musica di corpi, dove l’eleganza drammatica dell’espressione barocca lascia trasparire l’equilibrio trovato dal compositore nelle linee essenziali ed eleganti dei danzatori. La collaborazione con il Kronos Quartet è invece l’incontro fra i due ambasciatori culturali più importanti della città di San Francisco, di cui Common Ground è una vera e propria ode, in costante conversazione fra il quartetto d’archi e la danza. Due lavori che quindi riflettono pienamente la filosofia artistica di King, re della danza americana per personalità carismatica e sapienza creativa. La compagnia, da lui fondata negli anni Ottanta e formata da eccezionali solisti, è il punto di partenza per esplorazioni, commistioni, innovazioni del linguaggio del balletto, pronta ad accogliere tutte le influenze, dalle danze etniche alle tecniche moderne e contemporanee, per irradiare energia e bellezza. Ne nasce una danza cesellata, dove anche il minimo dettaglio - il guizzo di un polso, il piegamento di una caviglia - ha valore. 

Il 21 e 22 marzo è in scena un’altra figura entrata nell’immaginario collettivo: Don Chisciotte, che il Balletto Yacobson di San Pietroburgo presenta nella versione di Johan Kobborg, tratta dallo storico balletto di Marius Petipa del 1869 su musiche di Ludwig Minkus. Fin dal debutto al Bolshoi, il Don Chisciotte di Petipa si è imposto come un esempio di bellezza e armonia ed è rimanendo fedele al capolavoro che Kobborg - ex primo ballerino del Royal Ballet - l’ha arricchito con sfumature congeniali al proprio approccio. Oltre a includere la figura di Cervantes alle prese con il proprio romanzo, Kobborg ha favorito lo sviluppo drammaturgico e dato rilievo ai ruoli maschili senza dimenticare l’espressività del linguaggio corporeo cara al fondatore della compagnia Leonid Yacobson. Per scene e costumi il designer francese, ma di origine russa, Jérôme Kaplan si è ispirato invece alle illustrazioni di Gustave Doré, accostando colori vivaci e linee nere per un tocco spagnoleggiante esaltato dalle luci di Vincent Millet. L’appuntamento con Don Chisciotte segna il ritorno a Ravenna della compagnia russa, creata da Yacobson nel 1969 come primo teatro coreografico disgiunto dall’opera e presto ribattezzato “Miniature coreografiche” rifacendosi alla forma ballettistica prediletta dal fondatore. La compagnia mantiene viva la tradizione del suo repertorio, sviluppandosi al tempo stesso anche in altre direzioni di ricerca con la guida dell’attuale direttore Andrian Fadeev, che vanta una carriera da primo ballerino del Mariinskij. La Stagione si chiude il 4 e 5 aprile con Les nuits barbares, ou les premiers matins du monde della Compagnie Hervé Koubi, composta da stupefacenti ballerini che combinano danza contemporanea, capoeira, hip hop, physical dance, breakdance. “Compagni d’arte che amo chiamare fratelli ritrovati - afferma Koubi, francese di origini algerine - con loro sono ripartito per disegnare i contorni di una nuova avventura, per trovare le risposte al mistero delle nostre comuni origini”. Les nuits barbares è un’opera dedicata al tema delle origini della cultura mediterranea, capace di unire la potenza ipnotica della parata da guerra e la precisione del balletto classico e riscrivere una storia millenaria nel linguaggio della danza. Su musiche di Mozart, Fauré, Wagner, ma anche di tradizione algerina, i danzatori fanno vorticare le gonne come dervisci, brandiscono coltelli, indossano maschere gioiello, danno sfogo a un’energia mozzafiato. Così le ombre si alzano dalle notti barbare e mostrano l’alba di una cultura condivisa, contro “questa attualità che è tirannica e binaria e cancella le sfumature: noi e gli altri, i civilizzati e i barbari,” spiega il coreografo. “L’ancestrale paura dello straniero è l’oggetto della mia ricerca, un viaggio per svelare tutto il sommerso, l’incredibile ricchezza e raffinatezza delle culture barbare. Les nuits barbares si nutre delle brillanti tracce lasciate dalle culture vandale, dai Persiani, Goti, Celti, Unni, Arabo Musulmani, della musica sacra d’oriente e occidente. È un inno alla bellezza”. Questa coreografia, insieme a Le Golem, ha fatto di Koubi uno dei più ricercati e interessanti coreografi della sua generazione, tanto da essere già nominato Chevalier des Arts et des Lettres in Francia.

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