Il Concerto Gala che conclude la "Riccardo Muti Italian Opera Academy"
Dieci giorni di intenso lavoro, sul palcoscenico quattro giovani direttori d’orchestra e quattro altrettanto giovani maestri collaboratori, oltre cento attentissimi “uditori” in platea: tutti riuniti sotto il segno di “Falstaff” al Teatro Alighieri per seguire le lezioni, i consigli, le analisi rivelatrici di Riccardo Muti. I risultati della prima edizione dell’Italian Opera Academy, la masterclass tenuta dal 10 al 21 luglio dal maestro che in questi giorni ha diretto sullo stesso palcoscenico appunto il Falstaff, sono proposti al pubblico del Teatro Alighieri lunedì (ore 21) in un vero e proprio concerto-gala che vedrà succedersi sul podio dell’Orchestra Cherubini i giovani allievi direttori Vincenzo Milletarì, Vladimir Ovodok, Su-Han Yang e Erina Yashima - presentati al pubblico dal loro maestro - in un programma che dell’ultimo capolavoro verdiano sceglie alcune delle pagine più significative, dalla prima parte di ciascuno dei tre atti fino allo straordinario finale che riunisce tutti gli interpreti su quella sorta di testamento artistico di Verdi che è il “Tutto nel mondo è burla”.
L’attenzione verso la formazione delle nuove generazioni non è certo una novità per Riccardo Muti, che nel 2004 ha fondato la “Luigi Cherubini”, l’orchestra che rinnova periodicamente il proprio organico coinvolgendo nel passaggio dal mondo accademico all’attività professionale sempre nuovi giovani musicisti italiani. Perché, come ha spiegato più volte, “ad un certo punto della vita e della carriera, ho pensato che non potevo mandare disperso tutto ciò che ho ricevuto dai miei maestri, da Antonino Votto, con cui ho avuto il privilegio di studiare al Conservatorio di Milano, seguendone assiduamente le prove alla Scala, e per suo tramite da Arturo Toscanini di cui Votto è stato stretto collaboratore. Un’eredità musicale, ma anche morale, che ora mi sento in dovere di trasmettere ai giovani”.
Giovani che sono approdati a Ravenna da ogni angolo di mondo – oltre trecento sono state le richieste: tra loro soltanto pochi sono stati selezionati ed hanno avuto il privilegio di lavorare direttamente, in prima persona, all’ultimo capolavoro verdiano, di collaborare alla preparazione dei cantanti impegnati nell’allestimento dell’opera - i maestri collaboratori -, e di salire sul podio dell’Orchestra Cherubini – i direttori, veri protagonisti del Gala. A partire dal bielorusso Vladimir Ovodok che, formatosi alla rigorosa scuola del proprio paese, da qualche anno si muove tra le orchestre nazionali bielorusse e l’Accademia nazionale operistica del Bolshoi; alla tedesca di origine orientale Erina Yashima, che dai precocissimi studi ad Hannover si sta formando a Berlino, ma al tempo stesso ha avuto modo di dirigere diverse compagini tedesche e recentemente ha avuto modo di collaborare con El Sistema in Venezuela. Insieme a loro Su-Han Yang, che a Taiwan, dove è nato, ha studiato e perfezionato con importanti direttori internazionali, dirigendo già molte opere contemporanee; e Vincenzo Milletarì, tra i direttori l’unico italiano, nato a Taranto dove ha iniziato gli studi musicali per poi approdare in Germania ed ora all’Accademia Reale di Musica in Danimarca, dove sta intraprendendo i primi passi della carriera direttoriale. Internazionale anche la provenienza dei maestri collaboratori: oltre a due italiani, entrambi pugliesi, Andrès Gallucci e Giorgio Martano, la cinese Yin Gojie e la georgiana Tamar Giguashuili.
Tutti impegnati in una sorta di “bottega rinascimentale” in cui, attraverso il lavoro e lo studio, i segreti e i modi dell’arte musicale passano dal maestro all’allievo: prima di tutto “la fedeltà al testo, in senso drammaturgico e in senso musicale, ovvero il cercare di intravedere dietro le note, senza alterarle, il messaggio dell’autore. In Verdi - spiega Muti - c’è una verticalità perfetta tra parola e musica, ogni nota, ogni accordo, tutto è regolato dal senso della parola, ed è su questa verticalità che deve lavorare un direttore. Egli deve concertare, costruire musicalmente e drammaturgicamente un’opera con prove meticolose, lavorando a fondo con i cantanti, studiando con l’orchestra le caratteristiche della partitura”. Ed è proprio per questo che il lavoro è stato condotto su Falstaff: “perché è l’opera più impegnativa che esista per il rapporto indissolubile, sinfonico, tra parola e musica”. Un meraviglioso, intricatissimo manuale di studio che i giovani allievi, come dimostreranno nel concerto di gala, hanno dipanato sotto la rivelatrice, attentissima e paziente guida del massimo interprete verdiano dei nostri tempi.
Le voci sono quelle di Francesca Ascioti (Mrs. Quickly), Antonella Carpenito (Mrs. Meg Page), Graziano Dallavalle (Pistola), Matteo Falcier (Bardolfo), Mattia Olivieri (Ford), Matthias Stier (Fenton), Bianca Tognocchi (Nannetta), Benedetta Torre (Mrs. Alice Ford), Giorgio Trucco (Dott. Cajus) e Sergio Vitale (Falstaff). Il Coro del Teatro Municipale di Piacenza è preparato da Corrado Casati.