Alla Basilica di Sant'Apollinare Nuovo "Lully, un fiorentino a Versailles"
La Basilica di Sant’Apollinare Nuovo è la suggestiva cornice, giovedì alle 21, della prima esecuzione in versione integrale in tempi moderni, del Te Deum e del Dies Irae di Jean-Baptiste Lully, massimi esempi di grand motet, il mottetto a doppio coro che costituiva il cuore della musica sacra di Stato nella Francia del Seicento. L’esecuzione è affidata ai Melodi Cantores – con i solisti Sara Bino, Elena Biscuola, Raffaele Giordani, Mauro Borgioni, Elisa Bonazzi, Anna Pia Capurso e Michele Concato – e all’Orchestra Barocca “La Magnifica Comunità”, diretti da Elena Sartori.
Fiorentino di nascita, Giambattista Lulli (1632-1687), eccellente attore e ballerino oltre che musicista, seppe guadagnarsi i favori della corte francese e in particolare di Luigi XIV, il Re Sole, che lo volle nominare Surintendant de la chambre de la musique du roi, il massimo titolo a cui un musicista avrebbe potuto ambire. Autore di musiche per la scena, destinate ai ballets de cour, alle comédie-ballets e alle tragédie lyriques, non fu particolarmente prolifico nell’ambito della musica sacra, ma ebbe altrettanto successo quanto in quella operistica. Il Te Deum e il Dies Irae sono fra i suoi più ammirati grands motets, destinati ad essere eseguiti nella Chapelle Royale.
Il Te Deum, composto nel 1677, fu ascoltato pubblicamente dieci anni dopo, a seguito della guarigione di Luigi XIV da una lunga malattia, occasione che decretò la fine della straordinaria carriera di Lully: dirigendo battendo il tempo con un pesante bastone, come era consuetudine, si ferì al piede con un puntale; la ferita degenerò in cancrena e il compositore morì due mesi dopo. Il Dies Irae invece era stato scritto nel 1683, in occasione dei funerali della regina Maria Teresa d’Asburgo. Nell’esecuzione ravennate, sono preceduti dal Salve Regina, in forma di mottetto.
Elena Sartori ha scelto una formazione interamente italiana per l’esecuzione di questi capolavori della musica francese. Sebbene il Te Deum sia da considerare “la più grande pagina sacra di tutto il barocco francese”, secondo la Sartori è scritto in un “linguaggio di grandezza internazionale difficilmente riducibile a particolarismi nazionali o di parte”. “Nessuna pagina in lingua latina scritta in Francia – continua Elena Sartori – fa risuonare il testo in questo modo: fraseggio esteso e avvolgente, simmetrie perfette, energia e intenzioni concentrate sul tactus, ritmo prosodico del testo seguito in modo naturale [...]. Si avverte, dirigendo questa musica, una cantabilità radicale e materna, tutta italiana, una conservata memoria della lingua, probabilmente nemmeno intenzionale, che conduce la scrittura verso una bellezza liberamente ibrida e senza appartenenze”.
L’esecuzione del Dies Irae, rimasto a lungo inedito, ha richiesto alla Sartori alcune scelte interpretative soprattutto nelle parti strumentali: “Mi sono occupata di ricostruire integralmente, rivedere e mettere a punto la parte orchestrale, riferendomi alla più completa e definitiva delle redazioni francesi, quella di Versailles del 1700”. Ha inoltre deliberatamente scelto di impiegare il violone, sebbene attestato nell’orchestra francese solo dopo la morte di Lully, “a sostegno delle parti in doppio coro in funzione di raddoppio organistico e a rinforzo dell’effetto percussivo di timpani e trombe”.