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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Se Monna Lisa ha i baffi: Claudio Spadoni ci svela l'ironica rilettura di Duchamp

L'attesa opera di Duchamp che ritrae la Gioconda con i baffi è arrivata al Mar di Ravenna: Claudio Spadoni, curatore de "La seduzione dell'antico. Da Picasso a Duchamp da De Chirico a Pistoletto" (dal 21 febbraio al 26 giugno) ci ha svelato qualche anticipazione di una mostra che si annuncia davvero imperdibile.

L'immagine della Gioconda con i baffi - il cui titolo è "L'envers de la peinture" - creata dal dissacratore dadaista per eccellenza, Marcel Duchamp, è talmente nota nell'immaginario collettivo, che potrebbe gareggiare in popolarità con la versione originale di Leonardo da Vinci. E mercoledì ha fatto il suo ingresso trionfale al Mar, per la sua prima volta a Ravenna, dove sarà in compagnia di altre blasonatissime opere, per il nuovo progetto espositivo curato da Claudio Spadoni"La seduzione dell’antico. Da Picasso a Duchamp da De Chirico a Pistoletto" (dal 21 febbraio al 26 giugno al Museo in via di Roma). 

Al le opere di Warhol e Duchamp (foto di M.Argnani)

Il significato di un'opera che ha fatto così tanto breccia nella cultura popolare, dando luogo essa stessa ad altre innumerevoli parodie (irrompendo nella linguaggio della grafica, del fumetto, fino alla comunicazione pubblicitaria e ai "meme" che brulicano nei social media) non si può certo ridurre a una boutade: il curatore, dopo aver delicatamente estratto l'opera dalla cassa di protezione per il trasporto, ci ha offerto uno spaccato della sua complessità e un affondo sui motivi per cui sarebbe un peccato perdere questa mostra. 

Professor Spadoni, che ruolo ha questa famosissima opera nell'economia della nuova esposizione?
"E' stata scelta come immagine guida della mostra, perchè è una delle poche varianti che Duchamp ha realizzato della Monna Lisa con i baffi. E' una sorta di sberleffo fatto a un mito della pittura, al dipinto più famoso del mondo, da parte di un autore - Duchamp - che aveva abbandonato la pittura per dedicarsi ai ready-made. La citazione non si riduce al solo sberleffo, perchè in realtà nasconde anche significati alchemici, a loro volta citazioni di una cultura antica e un sapere antico estraneo alla cultura scientifica, dunque alla modernità​".

Quali altre opere affiancherà nel percorso espositivo?
"Sarà inserita in un'intera sezione dedicata alla citazione ironica e farà il paio con altri pezzi molto importanti: un'altra Monna Lisa di Enrico Baj, che ha il busto della Gioconda e il volto di Duchamp. Baj d'altronde era amico dei dadaisti, così come Man Ray che è presente con due lavori: "Target" sul tema delle tre grazie e "Venus restaurata", un busto di Venere legato con delle corde. Sempre alla Venere classica si rifa Yves Klein, con la sua "Venus blue", che non sceglie la cifra grottesca, ma uniforma antico e presente con il colore blu, il suo "marchio" distintivo. Poi ci sarà una parodia della "Maya desnuda" di Goya realizzata da Mattia Moreni, con le tipiche scritte in apparenza deliranti, in realtà rispondenti alla sua logica dell'illogico. D'altronde quello che aveva aperto la strada alle demistificazioni nel modo più pungente, era stato il critico Roberto Longhi, che definì la Gioconda una pagnottella giallastra boffice come un
puntaspilli e in sospetto d'infezione".

Se dovesse riassumere il senso profondo di questa mostra in un'opera?
"Il Figliol prodigo" di Arturo Martini: il giovane che si separa dal vecchio, ma poi è costretto a tornare e lo riabbraccia. Nel progetto dovrebbe essere opposto a una "Venere a cassetti" di Dalì pensata per aprire la sezione dedicata alle citazioni ironiche, all'inizio del percorso, che però a causa del suo ingombro (pesa dieci quintali!) forse saremo costretti a collocare diversamente. L'opera di Martini è una perfetta metafora dell'arte del Novecento: le prime avanguardie, all'inizio del secolo, rompono con il passato, mentre le neoavanguardie del secondo dopoguerra (come l'Arte povera, ad esempio) fino al Postmoderno tornano ad attingere a piene mani dall'antico. Non a caso la mostra termina con opere di Parmeggiani, Pistoletto e Ontani che, tra gli altri, seguono questo ultimo orientamento". 

Altri grandi nomi da non perdere?
"Ci sono pezzi che mai, o quasi mai, sono stati prestati dalle istituzioni di appartenenza, come l'Arpia di Leoncillo, mai uscita dalla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma; un Crocefisso di Dalì conservato ai Musei Vaticani; sei o sette de Chirico, un enorme cartone di Sironi che è stato appena restaurato, intitolato "Il mito".

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