rotate-mobile
Martedì, 16 Aprile 2024
Eventi

Il rumore del tempo e il sapore delle rivoluzioni: è già l'alba del Ravenna Festival 2017

"Il rumore del tempo" è il tema del Ravenna Festival 2017, tra echi della rivoluzione e l'immancabile tocco esotico che, per la futura edizione, guarda all'India

Sarà un Ravenna Festival esotico e con echi della Rivoluzione, quello presentato con le autorità cittadine, tra le note di un sitar indiano, al Palazzo dei Congressi. Un'edizione che si preannuncia ricca e generosa di collaborazioni, sulla linea di quell'idea di rete caldeggiata dal sindaco Michele de Pascale e dall'assessore Elsa Signorino che, in virtù del fitto parterre di associazioni e attori della cultura, contribuisce a rendere la nostra città davvero speciale, insieme alle poche altre che, in Italia, hanno di fronte a sè un grande potenziale di sviluppo per far parte dei fiori all'occhiello della penisola e attrarre sguardi ancora troppo distratti dal triumvirato turistico di Venezia, Roma e Firenze.

La ventottesima edizione del Festival "darà spettacolo" dal 25 maggio all'11 luglio tornando indietro di cent'anni a quel 1917, in cui ci furono “i dieci giorni che sconvolsero il mondo” - nelle parole del giornalista John Reed. La caduta degli zar e l’ascesa dei bolscevichi guidati da Lenin e Trockij. La Rivoluzione che, come quella francese, nell'immaginario europeo, è la sovversione per antonomasia, il ribaltamento dell'ordine costituto che non può avere ritorno, e da cui si può solo partire per un nuovo corso della storia. Che purtroppo in questo caso fu sotto l'egida dei totalitarismi.

La Rivoluzione portò spiriti e intelletti geniali, come Majakovskij, Malevich, El Lissitzky. E anche la prima generazione di artisti che ne ereditò il patrimonio culturale – come Prokof’ev e Sostakovich - fu plasmata, o stroncata  da quella che venne definita “epoca dei lupi”.
Ecco i capisaldi della poetica e del programma che ci attende per il 2017

Il lacerante rapporto tra intellettuale e potere è uno dei temi del Festival, che nella vicenda di Sostakovicˇ trova il caso più noto e dibattuto. Da qui il titolo di questa XXVIII edizione “Il rumore del tempo”, grazie all’omonimo romanzo di Julian Barnes, dedicato proprio al compositore che fu bollato “nemico del popolo”; non solo però: questo è anche il titolo di una raccolta di prose brevi di Mandel’stam. 
Il Festival ripercorre la parabola dalla Rivoluzione Russa, dalla prima italiana dell’opera futurista “Vittoria sul sole” di Aleksej Kruchënych, con musiche di Matjusin e scene e costumi di Malevich, al concerto dedicato a Sostakovich dalla Filarmonica di San Pietroburgo – la leggendaria orchestra della Leningrado del terribile assedio durante il quale fu composta ed eroicamente eseguita la Settima Sinfonia – diretta da Yuri Temirkanov. Con “1917”, commissione al gruppo ravennate ErosAntEros, si ridà invece voce a coloro che cantarono la Rivoluzione, ricostruendone la gioia per l’avvento di un tempo nuovo.
La grande “anima russa” riuscì miracolosamente a preservare la proprio spiritualità pur messa a dura prova: anche questo aspetto trova eco nel programma grazie al Coro del Patriarcato di Mosca diretto da Anatolij Grindenko e a omaggi ad Andrej Tarkovski, come quello di Leonard Slatkin con l’Orchestra National de Lyon e la straordinaria violinista Anne-Sophie Mutter, per la prima volta al Festival, per l’esecuzione di “Nostalghia” di Takemitsu. 

Ravenna Festival per Dante
Dante è sempre, ed è sempre stato, al centro delle tematiche affrontate dal Festival. Dal 2015 il cammino dantesco del Festival ha subito un’accelerazione, che mira al settimo centenario dalla morte nel 2021. Il coinvolgimento – dei giovani, dei non professionisti, della cittadinanza tutta –accomuna questi progetti e trasforma l’omaggio al Poeta nel 2017 in un laboratorio diffuso all’insegna della partecipazione e riscoperta di quel patrimonio condiviso che è l’opera di Dante.
Il bando “Giovani artisti per Dante” si rivolge infatti alla nuova generazione di creativi e appassionati di Dante, chiamata a progettare brevi spettacoli destinati ai Chiostri Francescani accanto alla Tomba del Poeta (tutte le mattine alle 11 dal 25 maggio al 2 luglio).
Olivier Dubois, direttore del Centre Chorégraphique National de Roubaix / Ballet du Nord, torna invece al Festival con “Les mémoires d’un seigneur”, che, attraverso l’incontro fra un danzatore (Sébastien Perrault) e 40 non professionisti selezionati in un workshop, esplora le nozioni del potere e della tentazione in un caravaggesco ritratto d’inferno. Questo racconto in tre parti – un’epica della solitudine che si dipana in tre “epoche”: La Gloria, La Caduta, L’Addio – si presta a prologo di un progetto sulla Divina Commedia che impreziosirà con la firma di Dubois il percorso verso il 2021.
Per 34 giorni (dal 25 maggio al 2 luglio, tutti i giorni tranne il lunedì, alle 20) in un Teatro Rasi trasfigurato, “Inferno” di Marco Martinelli e Ermanna Montanari guida gli spettatori nei paesaggi infernali alla scoperta della natura teatrale della Commedia, ripensata come sacra rappresentazione medievale nella consapevolezza che al tempo di Dante tutta la città era palcoscenico e nei “misteri” i giullari professionisti erano affiancati dai cittadini in veste di figuranti, mentre altri si curavano di scene, costumi, luci. Sull’orizzonte di questa “città in scena” si sviluppa il coinvolgimento della cittadinanza per una trilogia che, commissionata dal Festival in collaborazione con Ravenna Teatro - Teatro delle Albe, si completerà con il Purgatorio nel 2019 e il Paradiso nel 2021.
E se il Teatro Rasi era probabilmente noto a Dante, in quanto allora Convento delle Clarisse, i “Vespri a San Vitale” che quotidianamente animano la Basilica alle 19, dal 25 maggio al 2 luglio, con cori provenienti da tutta Europa selezionati attraverso un bando, fanno parte di quell’ideale paesaggio sonoro che accompagnava il Poeta stesso durante la stesura del suo Paradiso. 

Passaggio in India
È difficile trovare una dimensione più compenetrata di spiritualità - la base della vera ricerca artistica per Tarkovskij - della musica “classica” indiana. Quasi un festival nel festival, il fine settimana del Darbar sarà una full immersion in questa tradizione, apparentemente lontana dall’estetica occidentale eppure di ammaliante bellezza, per un “passaggio in India” (ricordando il magnifico romanzo di E. M. Forster). Fondato nel 2006 da Sandeep Singh Virdee, che ne è Direttore Artistico, il Darbar Festival è il più importante festival di musica classica indiana, da quella carnatica a quella indostana, al di fuori dell’India. Se a Londra il Darbar si tiene al Southbank Centre, l’eccezionale tre giorni di Ravenna, completa dimostrazioni e sessioni di hatha yoga, troverà una cornice memorabile per i propri concerti anche a San Vitale e San Francesco
Per la sezione Passaggio in India è stata inoltre invitata l’audace coreografa inglese di origine indiana, Shobana Jeyasingh, che presenta in prima italiana la sua ultima intensa creazione “Material Men", per due danzatori della “diaspora” indiana di diverso stile e provenienza (classico e hip hop).
Tra le rivoluzioni bisogna ricordare anche quella psichedelica e hippy, datata attorno all’uscita Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, che compirà nel 2017 mezzo secolo di gloriosa vita. In quel disco rivoluzionario, tra i primi concept albums, molti udirono per la prima volta il suono del sitar, suonato da Harrison: ebbe così inizio la scoperta della musica indiana. La splendida musicista Anoushka Shankar, figlia del leggendario virtuoso del sitar Ravi, presenta per la prima volta in Italia la sua ultima composizione Land of Gold. 

Tra sinfonie e liturgie
Gli appuntamenti sinfonici si aprono con un altro direttore di scuola russa, Semyon Bychkov, e la Munich Philharmonic. In programma  il concerto n. 1 in si bemolle minore di Cˇajkovskij – solista Jean-Yves Thibaudet, - e la Symphonie fantastique di Louis-Hector Berlioz. Oltre alle già citate Filarmonica di San Pietroburgo e Orchestre National de Lyon, il Pala ospiterà l’Orchestra Nazionale della Rai, sul podio lo slovacco Juraj Valcˇuha e al piano David Fray, solista nel concerto per piano diSchumann; il programma prevede inoltre la raramente eseguita Eine Alpensinfonie di Richard Strauss. Ancora una volta il Festival vanta la presenza di Riccardo Muti e della sua Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, coinvolti nel progetto de Le Vie dell’Amicizia, che celebra vent’anni proprio nel 2017.
Con il titolo Rivoluzioni in musica si sottolineano programmi e autori che rappresentano passaggi cruciali nel definirsi di nuovi stili e forme musicali. A misurarsi con Franz Joseph Haydn in esclusiva per il Festival saranno Ottavio Dantone e Giovanni Sollima, con Accademia Bizantina, con le Sinfonie nn. 80 e 81 e il secondo concerto in re maggiore per violoncello. Celebreranno invece il genio di Arcangelo Corelli, inventore della sonata e del concerto, due fra i più illustri interpreti del violino barocco, originari della provincia ravennate come il compositore nativo di Fusignano: Stefano Montanari e Enrico Onofri si dividono le 12 sonate dell’opera V di Corelli replicando la n. 12 – la celebre Follia – nei due appuntamenti “Follie Corelliane”. 
Fra i protagonisti delle rivoluzioni musicali non si poteva non ricordare Claudio Monteverdi nel 450° della nascita. A San Vitale I Cantori di San Marco e I Solisti della Cappella Marciana diretti da Marco Gemmani eseguono la ricostruzione di un Vespro della Beata Vergine Assunta; nella Basilica di Sant’Apollinare in Classe Elena Sartori a capo dell’Allabastrina Choir & Consort propone brani della Selva Morale e Spirituale.
Il 1917 e lo scoppio della rivoluzione d’ottobre coincisero anche con la proclamazione dell’Indipendenza della Finlandia che approfittò della situazione per emanciparsi dalla Russia degli Zar. Per celebrare i 100 anni dell’Indipendenza della Finlandia, torna a Ravenna il coro di voci bianche e giovani della Cattedrale di Helsinki Cantores Minoresdiretto da Hannu Norjanen nel programma di autori nordici e finlandesi dal medioevo ai giorni nostri “Il suono del Nord".

La danza 
Oltre alle già citate creazioni di Olivier Dubois e Shobana Jeyasingh, la programmazione di danza accoglie il prestigioso Ballet Nacional de Cuba fondato nel 1948 dalla leggendaria Alicia Alonso, che ne è ancora direttrice artistica e anima ispiratrice. “La magia della danza” condensa in un unico sontuoso spettacolo tutta la ricchezza del balletto classico assimilata all’essenza nazionale cubana.
Prodotto nell’ambito del progetto Ric.Ci di Marinella Guatterini, “Uccidiamo il chiaro di luna” con i danzatori della Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi sulle coreografie di Silvana Barbarini, l’unica danzatrice futurista, è un compendio di quanto il futurismo italiano riuscì a elaborare. Assieme a “Vittoria sul Sole”, lo spettacolo è un’occasione per immergersi nella vivace atmosfera di inizio Novecento quando sembrava possibile buttarsi alle spalle tutto ciò che appariva passatista, compreso l’anemico chiaro di luna “rottamato” da Marinetti & Co.

Tra fotografia e cinema: il trionfo del bianco e nero
La fortunata rassegna Musica&Cinema torna con tre appuntamenti caratterizzati da musiche live. Il primo con il capolavoro del cinema espressionista “Il gabinetto del Dottor Caligari” (1919) di R. Wiene, con live electronics di Edison Studio. Secondo episodio è rappresentato da “La passion de Jeanne d’Arc” di C. T. Dreyer (1928), musicato dall’Orlando Consort nella chiesa di San Francesco. La trilogia si conclude con uno dei più bei film di Charlie Chaplin “The Gold Rush” (1925), restaurato dalla Cineteca di Bologna. Le musiche originali sono state ricostruite da uno specialista come Timothy Brock che sarà sul podio dell’Orchestra Luigi Cherubini.
Uno sguardo a ritroso rivela come il Festival abbia dato ampia visibilità a molti dei fotografi della  “Romagna Felix”: da Paolo Roversi a Guido Guidi e all’Osservatorio Fotografico. Due le proposte ospitate nel MAR, Museo d’Arte della Città: la prima è la mostra “Musiche” di Roberto Masotti e Silvia Lelli, viaggio fotografico tra i protagonisti di linguaggi musicali tra loro molto diversi, da Keith Jarrett a Arvo Pärt, da Astor Piazzolla a Claudio Abbado. La seconda è la videoinstallazione “Vuoto con memoria” di Lelli, esito di un’ininterrotta ricerca negli spazi silenziosi di quella meraviglia architettonica che è Palazzo S. Giacomo a Russi.

Trilogia d’Autunno
Lo sguardo sulle mutazioni che accompagnano il traghettare da un secolo all’altro sarà il focus della trilogia di quest’anno: composti nell’ultimo decennio del XIX secolo, “Cavalleria Rusticana” (1890), “Pagliacci” (1892), “Tosca” (1900), risentono delle nuove sensibilità che corrono per l’Europa all’alba del ‘900, quelle di un’adesione al reale nei suoi aspetti più materiali e crudi. Mente ispiratrice sarà Cristina Mazzavillani Muti, che a capo del suo ormai tradizionale e apprezzato team curerà regia, ideazione scenica e impaginazione. A dirigere Vladimir Ovodok, uno dei primi allievi dell’Italian Opera Academy di Riccardo Muti, con l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini e il Coro del Teatro Municipale di Piacenza istruito da Corrado Casati.

CONSULTA IL PROGRAMMA NEL DETTAGLIO

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Il rumore del tempo e il sapore delle rivoluzioni: è già l'alba del Ravenna Festival 2017

RavennaToday è in caricamento