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Venerdì, 26 Aprile 2024
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La fotografia delle criticità idrogeologiche: "Il territorio è a rischio"

Di rete idraulica sotto assedio – per effetti meteo e non solo – si è parlato giovedì sera alla Sala Buzzi di Ravenna nell'ambito del convegno promosso da Coldiretti

Negli ultimi mesi fenomeni alluvionali di grande portata ed eventi climatici 'fuori stagione' hanno colpito l'Italia intera, da nord a sud, senza peraltro risparmiare la nostra provincia. Sul banco degli imputati ci sono finiti gli “effetti meteo”, ma anche la politica dell'intervento tampone, dell'emergenza, che purtroppo negli anni ha “rubato la scena” a quella della prevenzione. Di rete idraulica sotto assedio – per effetti meteo e non solo – si è parlato giovedì sera alla Sala Buzzi di Ravenna nell'ambito del convegno promosso da Coldiretti al fine di fare il punto sulle operatività che vanno attivate per far fronte ad un clima che si sta profondamente modificando.

“Un clima col quale dobbiamo imparare a convivere - ha esordito aprendo i lavori il direttore Coldiretti Ravenna Walter Luchetta - e quanto avvenuto nelle ultime settimane tra Liguria e Toscana, così come gli eventi disastrosi del 30-31 maggio e del 20 settembre tra Faentino e Imolese, sono lì a ricordarcelo”. Proprio a seguito di quegli eventi, Coldiretti ha preso carta e penna e scritto ad istituzioni ed enti preposti, mettendo in evidenza le insostenibili condizioni strutturali in cui versa la rete idraulica provinciale e la necessità di un cambio netto di rotta.

“Proprio per questo abbiamo fortemente voluto questo convegno - ha aggiunto il presidente di Coldiretti, Massimiliano Pederzoli - al quale abbiamo invitato esclusivamente i tecnici dei Servizi di Bacino e dei Consorzi di Bonifica, perché non ci interessa fare polemica e nemmeno la solita politica degli annunci, quello che ci preme è uno studio approfondito su come garantire sicurezza ambientale alla nostra provincia e al nostro Paese, perché senza sicurezza non c'è nemmeno sviluppo economico”.

Che ci sia l'urgenza di intervenire e di farlo in modo mirato – “magari dribblando la selva di contraddizioni e i paradossi burocratici nei quali si arenano progetti e buone prassi” - è stato poi ribadito da Caterina Mancusi, ingegnere del Servizio Tecnico Bacino Reno, l'ente che si occupa di prevenzione del rischio idraulico e che concentra la propria attività sui fiumi Senio, Santerno e affluenti, nonché sul Reno, da Ponte Bastia al mare. “Ci ritroviamo a fare i conti con interventi di manutenzione bloccati dalla mancanza di fondi - ha ammesso l'ingegnere - con vincoli ambientali sempre più stringenti che congelano lavori già approvati e con pastoie burocratiche che, come accaduto per le aree golenali del Reno, ci impediscono di affidarne la gestione, sin qui positiva, agli agricoltori”.

Ancora più duro e tranchant l'intervento di Claudio Miccoli, ingegnere responsabile del Servizio Tecnico Bacino Romagna: “Il problema - ha esordito - è che i fiumi devono tornare ad essere tali, perché con le 'bombe d'acqua' che sempre più spesso si abbattono sul territorio, che poi altro non sono che piogge molto concentrate, abbiamo piene diverse rispetto al passato, piene che possono rivelarsi molto pericolose perché oggi avvengono in assenza di quelle infrastrutture che dovrebbero e potrebbero garantire la sicurezza del territorio”. La ricetta di Miccoli per ridurre il rischio potenziale per i fiumi Lamone, Ronco, Montone, Savio è una ed una sola: “Un livello di manutenzione che deve essere spinto al massimo, altrimenti quanto avvenuto il 20 settembre scorso a Borgo Rivola rischia di divenire consuetudine anche in pianura”.

A rinfrescare la memoria sui fenomeni che negli ultimi 20 anni hanno messo idrogeologicamente a dura prova il nostro territorio - “che deve fare i conti con subsidenza, mutazioni climatiche e antropizzazione” - ci ha pensato poi Vincenzo Bosi, ingegnere del Consorzio Bonifica Romagna Centrale, ricordando ad esempio la rotta del Bevano del 1996 e gli allagamenti di Fosso Ghiaia e Mirabilandia, “eventi che rischiano di ripetersi dato che la mancanza di continuità nei finanziamenti frena gli interventi strutturali, il tutto mentre il Governo sembra voglia azzerare i Consorzi di Bonifica e poi stanzia 7miliardi per la difesa del suolo, l'80% dei quali destinati al Sud anche se gli ultimi dissesti hanno colpito tutto il centro-nord”. E di dissesti e alluvioni hanno parlato anche l'ing.Elvio Cangini e il geologo Gabriele Minardi del Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale, con il primo a mettere in guardia “dalle conseguenze che un'alluvione come quella di Genova, provocata da 400mm di pioggia caduti in 24 ore, potrebbe avere sul nostro territorio, nel '96 andato pesantemente in crisi a seguito di precipitazioni che avevano scaricato al suolo 220mm in 36-48 ore”; il secondo a ricordare le 1.200 segnalazioni di dissesto raccolte dal Consorzio tra il 2006 e il 2014, “alle quali si è potuto dare risposta solo in 501 casi per via della mancanza di fondi”.

Chiusura affindata a Francesco Vincenzi, giovane neopresidente di Anbi, l'Associazione Nazionale Bonifica e Irrigazioni, risoluto nel ribadire che “il nostro Paese non può più aspettare, perché la lotta al dissesto chiede concretezza, chiede che quei 2 miliardi e 400 milioni di euro non spesi negli ultimi 15 anni vengano investiti in opere da fare in tempi brevi, opere che significano territori meno fragili, ma anche occupazione e lavoro”. A tutto ciò, sempre secondo Vincenzi, deve affiancarsi “un piano straordinario di adeguamento delle opere di bonifica, la maggior parte delle quali risalenti ai primi del '900” e, da ultimo, “uno stop definitivo al consumo di suolo, perché altrimenti tra 10 anni saremo ancora qui a parlare di prevenzione e di piena emergenza”.

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