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Bilancio di fine mandato. Matteucci: "Lascio una città coesa e i conti in ordine"

"Un rimpianto? Quello di non essere riuscito a rivoluzionare i collegamenti sia stradali sia ferroviari".

Dopo due mandati, a 59 anni, Fabrizio Matteucci si prepara a lasciare Palazzo Merlato. Dal 2006 al 2016 la scena politica e sociale è profondamente cambiata: c’è stata la crisi economica, i partiti politici tradizionali sono entrati in seria difficoltà, il ruolo dell’Europa è stato messo sempre più in discussione.

E a Ravenna? Quali sono i cambiamenti che ha notato maggiormente in questi dieci anni di mandato?
“Beh, intanto gli effetti della crisi economica, che qui sono arrivati con un po’ di ritardo, ma dal 2011 si sono fatti sentire. Poi è cambiato profondamente il modo di comunicare: quando sono stato eletto la prima volta Facebook quasi non esisteva e Prodi aveva vinto le elezioni. È chiaro che oggi ci troviamo in un mondo completamente diverso. In tutto questo ha tenuto abbastanza la coesione sociale”.

Cosa ricorda con più piacere di questi anni?
“La rinascita della Ravinplast dalle ceneri della Pansac”.

E il ricordo più spiacevole?
“Il fallimento della riapertura della Vinyls”.

C’è qualcosa che non rifarebbe? Qualche decisione presa di cui si è pentito?
“È stato stimato che un sindaco ogni anno prende 5.500 decisioni sensibili. In dieci anni si parla di 55mila decisioni. Forse un 10 per cento non le riprenderei. Qualcosa di cui mi pento? Credo che il limite principale della mia amministrazione sia stato quello di non aver saputo rivoluzionare i collegamenti di Ravenna, sia stradali sia ferroviari. E poi c’è la partita degli escavi del porto”.

Qualcosa di cui invece è particolarmente orgoglioso?
“Avere mantenuto l’impegno preso ed essere riuscito a difendere il livello dei servizi sociali”.

Cosa lascia al suo successore?
“I conti in ordine. Questo è un vanto di Ravenna. Nella prima legislatura c’è stata il disavanzo del Consorzio per i servizi sociali, che tanto scalpore ha fatto proprio perché a Ravenna certe cose sono l’eccezione”.

Michele de Pascale, candidato sindaco del centrosinistra e segretario provinciale del suo partito, il Pd, ha basato buona parte della sua campagna elettorale prendendo le distanze dal suo operato come sindaco, soprattutto per quanto riguarda le cosiddette "ordinanze antisballo".
“Michele ha elaborato un programma nel quale in molti campi propone innovazioni molto forti, anche rispetto alla mia amministrazione. Credo che faccia bene. Del resto, nell’anno in cui lui nasceva, io conoscevo mia moglie ed ero segretario comunale del PCI. I tempi sono cambiati e io ho sostenuto la sua candidatura perché speravo che facesse esattamente quello che ha fatto”.

Crede che si andrà al ballottaggio?
“Credo che in questa tornata la regola sarà il ballottaggio. Ravenna potrebbe essere l’eccezione, ma se non lo fosse credo che de Pascale e il centrosinistra siano i favoriti anche al ballottaggio”.

Da lunedì cosa farà?
“Spero di avere il tempo di fare una vacanza con mia moglie. Poi, come avevo già detto nel 2011, confermo che non ricoprirò più incarichi politico-istituzionali di primo piano. Ho avuto un paio di proposte che sto valutando, ma per ora preferisco non parlarne”.

Rinunciare alla ribalta non è molto di moda nel mondo politico.
“L’impegno politico continua, non c’è ragione per smettere. Ma dopo quarant’anni sulla scena è bene fare un passo di lato. Io non giudico chi rimane in prima linea, ma per quanto mi riguarda preferisco andare in dodicesima”.
 

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