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Il Consiglio comunale vuole vietare i video delle sedute: "Privacy"

Dice il Movimento 5 Stelle: "Da settimane, la maggioranza, tramite l'inserimento di un articolo supplementare nel Regolamento Comunale, sta lavorando per impedire ai comuni cittadini di effettuare riprese"

Il Consiglio comunale di Ravenna è orientato a vietare le riprese video durante le sedute. A denunciare il passo indietro sulla trasparenza è il “Movimento 5 Stelle”, la lista che fa riferimento a Beppe Grillo: “Come già evidenziato, pare che l’urgenza principale dei lavori del Consiglio sia attualmente rappresentata dalla modifica al Regolamento Comunale in tema di riprese audio/video delle sedute. Come Movimento 5 Stelle abbiamo sempre effettuato le riprese video dei consigli comunali, in quanto riteniamo che i video siano gli strumenti più immediati ed efficaci attraverso cui si possano divulgare correttamente le informazioni. La nostra battaglia per riportare la politica fuori dalle aule, nel segno della partecipazione e della trasparenza, passa, a nostro avviso, anche attraverso la scelta dei mezzi di divulgazione opportuni”.

Continua il Movimento 5 Stelle: “Da settimane, la maggioranza, tramite l’inserimento di un articolo supplementare nel Regolamento Comunale, sta lavorando per impedire ai comuni cittadini di effettuare riprese audio/video del Consiglio Comunale; Consiglio che, lo ricordiamo, a tutti gli effetti è completamente pubblico. La giustificazione è che, comunque, le riprese effettuate da “estranei” sarebbero superflue od inutili, in quanto le sedute sono rese pubbliche tramite diretta streaming ed archiviate per 30 giorni sul sito del Comune”.

E ancora: “Davvero non riusciamo a comprendere il perché di tale richiesta, a fronte, lo ripetiamo, di un Consiglio aperto al pubblico, di pubblici ufficiali al lavoro nella pubblica funzione a loro affidata dalla cittadinanza.  Ci hanno parlato di diritto alla “privacy”, di diritto all’ “oblio”. L’uno riguarda discussioni inerenti ai dati cosiddetti “sensibili”, ma per la tutela di queste è sufficiente “secretare” le sedute nelle modalità già previste dal regolamento. Davvero risulta strano attribuire un diritto alla “privacy” per un consigliere o un assessore nel normale esercizio pubblico della propria funzione. Per quanto riguarda l’invocato “diritto all’oblio”, ci pare che questo, finora, sia stato riferito alla tutela delle persone già indagate od imputate a cui, mediante la messa in rete degli atti riguardati indagini o imputazioni, verrebbe sottratta la possibilità, dopo un congruo tempo, di veder cessato l’interesse dei media verso le proprie vicende”.

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