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Fanghi di dragaggio a Porto Fuori: " Perché il Comune non si è costituito parte civile?"

Il decreto di citazione a giudizio degli imputati è stato notificato anche al sindaco di Ravenna, quale legale rappresentante del Comune, identificato come “persona offesa”.

“È assolutamente deprecabile che il Comune abbia deciso di non costituirsi parte civile nel processo penale avviato presso il Tribunale di Ravenna lo scorso 18 luglio sulla nota questione dell’uso come logistica portuale dei terreni agricoli di Porto Fuori (denominati Comparto 3), destinati a ricevere i fanghi di dragaggio provenienti dal Canale Candiano”. 
A pensarla così è Alvaro Ancisi, consigliere di Lista per Ravenna. Nel processo sono imputati del reato di esecuzione dei lavori in assenza di permesso a costruire i legali rappresentanti di allora della CMC (proprietaria dell'area e committente), dell'impresa costruttrice e due progettisti della SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività). 

“Viene loro contestata – ricorda Ancisi- l’esecuzione di importanti opere di movimento terra, costituite, mediante riporto di terreno scavato dalla medesima area, da una cordonatura lunga circa 600 metri e alta circa 6-7, ottenuta sbancando 5,97 ettari di terreno (sui 7,46 ettari dell’intero comparto 3) per una profondità di 60 centimetri. La mancanza del permesso a costruire è motivata col fatto che la SCIA contrastava con: 1) l’assetto urbanistico dell’area disposto dalla variante al Piano Operativo Comunale (POC) tematico logistica 2010, che prevedeva la realizzazione di una cordonatura di “mitigazione” sui confini del comparto; 2) la destinazione urbanistica stessa dell’area imposta dal Piano Strutturale Comunale (PSC) a vocazione agricola e non logistico-produttiva, come invece prevedevano la SCIA e il POC tematico logistica 2010 modificato, a sua volta illegittimo; 3) con il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) sulla presenza di un paleodosso fluviale particolarmente pronunciato e di due sistemi dunosi costieri di rilevanza storico documentale paesistica.
Queste due ultimi addebiti sono, in particolare, alla base degli esposti presentati al Corpo Forestale dello Stato e alla Procura della Repubblica da Lista per Ravenna.
I due progettisti sono anche imputati, nella loro qualità di esercenti di un servizio di pubblica necessità, di falsità ideologica per avere attestato nella SCIA che l’intervento risultava conforme alle altre norme vigenti e non erano dovute autorizzazioni”.

Il decreto di citazione a giudizio degli imputati è stato notificato anche al sindaco di Ravenna, quale legale rappresentante del Comune, identificato, nello stesso atto processuale come “persona offesa” dai reati contestati.
“Il Comune ha però deciso di non costituirsi in giudizio, rinunciando così alla possibilità di sostenere nel processo penale le ragioni della comunità ravennate e di beneficiare, in caso di condanna degli imputati, di un immediato introito finanziario derivante dal risarcimento dei danni. La nostra convinzione è che ovunque, nei processi che seguiranno al riguardo, anche di ben maggiore portata, il Comune debba tutelare gli interessi della comunità, costituendosi parte civile in giudizio. È suo dovere e non gli costa niente. Gli avvocati li ha in casa, già stipendiati”.

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