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Magazzino Sir, M5S: "Lo scandalo continua"

Un progetto di nuova architettura contrario a tutti i regolamenti urbanistici della città di Ravenna ed al Codice dei Beni Culturali è stato addirittura premiato al Salone del Restauro a Ferrara

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RavennaToday

Un progetto di nuova architettura contrario a tutti i regolamenti urbanistici della città di Ravenna ed al Codice dei Beni Culturali è stato addirittura premiato al Salone del Restauro a Ferrara, vetrina della Regione Emilia Romagna e del Ministero dei Beni Culturali; progetto che ha l’unico scopo di disintegrare il paraboloide dell’ex Sir vincolato ai sensi del Codice. Sembra tutto predisposto affinché il centro commerciale di una grande ed evidentemente potente catena di distribuzione possa avere la meglio sulle istanze dei cittadini e sulla tutela dell’unico bene storico artistico della nostra Darsena. Tutto questo secondo un percorso degno dei peggiori papocchi all’italiana.
 
Infatti, in un documento dell’11 ottobre 2012 redatto dalla Soprintendente Antonella Ranaldi ed inviato alla Soprintendenza di Ravenna alla Direzione Regionale si legge, relativamente al progetto SigarOne di cui sopra: “il progetto presentato è stato acquisito in seno al procedimento di tutela nell’incontro del 13.06.2012 con il Comune, la proprietà e i progettisti. Il progetto interpreta e coniuga le istanze della tutela rendendo sostenibile l’investimento di recupero delle strutture, con la realizzazione all’esterno di un altro edificio nuovo. Nello stesso tempo contempera e risolve il tema strutturale – superando in questo modo le stesse osservazioni presentate dalla proprietà – prevedendo: la conservazione degli archi a parabola, mediante la rimozione della copertura in elementi in laterizio e la sua sostituzione con  una rete metallica (…) Si sottopone la chiusura del procedimento di tutela alle valutazioni di competenza di codesta Direzione (…)”. Dunque un avallo senza remore, poi confermato dalla Direzione Regionale con la chiusura del procedimento, e l’ammissione di come il progetto abbia costituito parte fondamentale nella costruzione del procedimento di vincolo. Ci chiediamo se sia lecito tutto questo, e se sia lecito che addirittura il tecnico del Comune architetto Francesca Proni proponesse, come da verbale di un incontro tra Soprintendenza e  Comune del 23 febbraio 2012 un: “Gruppo di progettisti ravennati che hanno proposto alla proprietà di farne il simbolo della Darsena, portando avanti una proposta che stia in piedi anche dal punto di vista della sostenibilità economica (studio Rambelli-Bonini). Studio di fattibilità per trovare sistemazione all’oggetto: male che vada la proprietà pagherà ai progettisti lo studio di fattibilità…”
 
In un altro documento del 24 aprile 2013 redatto dalla Soprintendente Regionale Carla Di Francesco invece si legge che “l’interesse culturale è da riferirsi all’intero immobile”, sicché non si comprende come il progetto SigarOne, definito idoneo alle istanze della tutela dalla sua collega Ranaldi, possa contemplare la distruzione della copertura in laterizio - senza sostituzione con altra analoga - dei controventamenti laterali e di facciata, dei muri laterali in cemento, dei tamponamenti in laterizio, del primo e dell’ultimo arcone differenti dagli intermedi, delle pensiline, delle finestrature e delle quattro postazioni di carico, elementi,  questi, caratterizzanti formalmente l’edificio nonché parte fondamentale nel ciclo produttivo dei prodotti stoccati nel magazzino, tra l’altro l’unico di quelli finora studiati in Italia che presenti tali postazioni così come conformate. La nuda sequela degli esilissimi archetti non è l’intero immobile, che è costituito da ben altra struttura, lo intende anche un dilettante. Non lo intendono invece l'Ufficio Tecnico del Comune, la Soprintendenza ai Beni Culturali di Ravenna e la Soprintendenza Regionale. Quantomeno doveroso, quindi, il ringraziamento del progettista a tutti i soggetti coinvolti apparso in una dichiarazione.
Infine, a coronamento dello scandalo, la Soprintendenza dichiara di non aver ricevuto la proposta progettuale redatta –gratuitamente- secondo i dettami del restauro conservativo da un gruppo di cittadini i quali, facendo valere il diritto di partecipazione al procedimento così come sancito dal Codice, lo ha, per così dire, “commissionato” ad uno studio di progettazione già noto per un riuscitissimo restauro di un edificio simile. Lo dichiara la Soprintendenza, nonostante raccomandate e ricevute di ritorno che attestino l’avvenuto invio e ricezione.

Francesca Santarella, consigliere Movimento 5 Stelle

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