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Referendum Costituzionale, a Ravenna oltre cento firme per il "Manifesto per il sì"

Gianluca Dradi: "Vogliamo riportare tutto al merito delle questioni, svelenendo il clima di questi giorni".

Un “Manifesto per il sì” trasversale, che non guarda alla provenienza politica e che punta a far sì che i cittadini chiamati a votare al prossimo Referendum Costituzionale esprimano la loro opinione non in base a pregiudizi ideologici, ma per una convinzione personale.

A questo puntano i promotori (Andrea Baravalli, Gianluca Dradi, Mario Petrosino, Giangi Baroncini, Sergio Fioravanti, Aldo Preda, Mara Cavallari, Raffaele Iosa, Patrizia Ravagli, Guido Ceroni, Tonino Lazzari, Elsa Signorino, Ermanno Cicognani, Alessandro Luparini, Massimo Trebbi) del documento che, al momento, ha raccolto oltre cento firme.

“Quello che desideriamo – ha spiegato Gianluca Dradi in occasione della presentazione ufficiale del Manifesto – è riportare tutto al merito delle questioni, svelenendo il clima. Noi siamo convinti che la riforma non sia quel pericolo per la democrazia che qualcuno vuol far credere. Il fatto che tutto non sia stato scritto nel migliore dei modi possibili non è una ragione sufficiente per dire ‘no’ e rinviare ancora di anni la riforma”.

“Leggendo l’elenco dei nomi dei primi cento sottoscrittori – ha aggiunto Mara Cavallari - ci si rende conto della pluralità di storie, di collocazioni sociali e professionali, di culture, che lo compongono. Continueremo in questo lavoro nelle prossime settimane, contando sulla possibilità di raggiungere una platea rappresentativa della ‘società civile’ in forme ancora più ampie”.

IL MANIFESTO – Ecco i punti chiave del “Manifesto per il sì”:

“La sola Camera dei Deputati sarà l’organo di indirizzo politico che dà la fiducia al Governo e la principale protagonista della funzione legislativa.
Il Senato viene invece trasformato in un organo di rappresentanza delle istituzioni territoriali  (Regioni e Comuni), cui competono anche funzioni di verifica (dell’impatto delle leggi, delle politiche pubbliche, delle nomine di competenza del Governo) e di partecipazione all’elezione degli organi di garanzia.
Con una legge elettorale (quella attuale oppure una che risulti da modifiche da varie parti richieste) che assicuri la formazione di una maggioranza di governo, si potrà semplificare e al contempo rafforzare il processo legislativo e il ruolo del Parlamento.

Il procedimento legislativo ordinario è monocamerale; il Senato avrà la facoltà di proporre modifiche, sulle quali decide in via definitiva la Camera; in tal modo potendo promuovere una riflessione ulteriore, senza però esercitare poteri di veto. Un limitato numero di leggi restano invece bicamerali: quelle riguardanti le modifiche costituzionali, i referendum, la partecipazione dell’Italia alla formazione ed attuazione delle politiche e normative europee nonché l’ordinamento degli enti locali e le prerogative dei senatori. Il numero dei senatori è ridotto a 100; essi non percepiranno indennità e saranno nominati tra i consiglieri regionali e i sindaci: proprio il meccanismo di elezione indiretta favorirà l’emergere degli interessi degli enti rappresentati, piuttosto che quelli tipici della politica nazionale, coerentemente con la nuova natura del Senato.

Al Governo viene garantita una corsia preferenziale alla Camera per i disegni di legge essenziali per l’attuazione del programma. Di contro si introduce il divieto di abuso dei decreti legge, che ha negativamente caratterizzato la nostra storia parlamentare.
Nel rapporto tra Stato e Regioni, viene eliminata la competenza legislativa concorrente ridistribuendo le materie alla competenza esclusiva o dello Stato o delle Regioni. Viene inoltre introdotta una “clausola di supremazia” che consente allo Stato centrale di intervenire anche in materie non riservate alla propria competenza quando ciò sia necessario per la tutela dell’interesse nazionale o dell’unità della Repubblica.

E’ opportuno precisare che dal disegno di riforma, il sistema di garanzie e bilanciamenti esce rafforzato. Nella polemica politica è stato oscurato il fatto – fondamentale - che l’elezione degli organi di garanzia (Presidente della Repubblica, componenti “laici” del CSM e della Corte Costituzionale) richiede maggioranze qualificate, superiori a quella derivante dalle elezioni politiche. Pertanto, per eleggere gli organi di garanzia, il partito che avrà vinto le elezioni politiche non potrà mai essere autosufficiente.

Inoltre viene ampliata la competenza della Corte Costituzionale, cui è assegnato il vaglio preventivo di legittimità delle leggi elettorali (a cominciare dall’Italicum), a richiesta di ¼ dei deputati o di 1/3 dei senatori”.

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