Ordinanze anti-alcol in via Gulli: "Modello autoritario, si applichi la legge dello Stato"
Finché non colpirà altri cittadini e imprese, non si avrà la corretta percezione di quanto sta avvenendo, perché fino ad oggi le ordinanze sulla sicurezza urbana hanno mirato e colpito solo alcune attività, casualmente negozi cosiddetti etnici, gestiti perlopiù da piccoli imprenditori e commercianti di origine straniera. Accade a Ravenna che da luglio, in una via della città (Via Tommaso Gulli) e a soli 3 pubblici esercizi, non si applichi più la legge dello stato (generale e astratta, che si applica a tutti, senza discriminazioni di sorta) ma una serie continua di ordinanze comunali, che in deroga alla legge di fatto hanno introdotto un regime di apartheid giuridica per alcuni esercizi pubblici. Sì, perché la legge prevede che gli orari di apertura degli esercizi commerciali siano liberamente decisi dall'imprenditore e che per vendere bevande alcoliche quest'ultimo debba essere semplicemente munito, come tutti, delle prescritte licenze ed autorizzazioni, come accade esattamente per i commercianti di Via Tommaso Gulli. La legge prevede anche che se si verificano reati come molestie, danneggiamenti o disturbo della quiete pubblica, l'autorità di pubblica sicurezza accerti le violazioni e punisca i trasgressori, perché la responsabilità penale è sempre e solo personale: se io, imprenditore commerciale esercente un negozio di generi alimentari sono in regola con le autorizzazioni amministrative e pago regolarmente le tasse devo poter vendere anche le birre. E se il Comune vuole giustamente evitare che il consumo avvenga in strada deve fare un'ordinanza, semplice semplice e facile facile che vieti il consumo di alcolici in strada, ma non la vendita, perché il consumatore, se non compra dall'esercente chiuso, comprerà comunque altrove e il Comune finirà così anche per favorire involontariamente alcuni e danneggiare altri, interferendo con la libera concorrenza. Faccio passeggiate serali frequenti nella zona interessata e non ho mai, ripeto, mai assistito a nessun episodio che neanche lontanamente possa assomigliare ad una violazione della sicurezza o del decoro e sono convinto che un negozio aperto e una vetrina accesa, anche in orario serale, siano meglio del buio e del deserto. L'unico fatto rilevante di ordine pubblico in cui mi sono imbattuto sono le ronde dei neofascisti di Forza Nuova, che a Ravenna continuano indisturbate mentre nella vicina Forlì è stata aperta un'indagine. Si dirà: il sindaco applica una legge (il Testo Unico degli Enti locali modificato dal decreto Minniti sulla sicurezza urbana del 2017) che gli consente di emettere ordinanze. Sì, ma la applica male, eludendo il termine temporale di efficacia previsto dalla legge ("periodo comunque non superiore a trenta giorni") con la reiterazione nel tempo della stessa ordinanza: 30 giorni dopo 30 giorni sono passati 5 mesi in cui a Ravenna, in quel tratto di Via Tommaso Gulli, la legge dello stato è sospesa. Sussistono i presupposti per sparare ordinanze a raffica? No, perché questo tipo di ordinanze, possono essere applicate solo in caso di "afflusso particolarmente rilevante di persone" o "svolgimento di specifici eventi" (leggere l'art. 50 comma 7 bis del Testo Unico): se, dunque, si giustifica il divieto di vendita di bevande alcoliche per esempio durante una partita di calcio o un concerto rock, non si giustifica un divieto imposto per ordinanza, praticamente sine die e in via ordinaria applicato solo ad alcuni esercenti. Per non parlare del diritto di difesa: questi commercianti potrebbero, come hanno già vanamente tentato di fare, impugnare le ordinanze dinanzi al TAR ma la giurisprudenza securitaria che finora si è espressa non lascia spazio ad alcuna seria e approfondita verifica di legittimità e i tempi tecnici per fare ricorso (redazione, notifica e deposito) fanno consumare inesorabilmente il tempo finché si arriva all'udienza con l'ordinanza già scaduta (può durare solo 30 giorni) e l'impossibilità di ottenere una decisione di merito, per sopravvenuta carenza d'interesse. Insomma, si sta realizzando uno spazio in cui i diritti di alcune categorie di persone sono sospesi e ogni eccesso amministrativo può imperare senza un effettivo controllo di legalità. Sono preoccupato in quanto cittadino e giurista. Ma dovremmo essere in molti a preoccuparci, perché iniziano a traballare vistosamente alcuni principi cardine della Costituzione.
Andrea Maestri, esponente di Possibile