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Venerdì, 19 Aprile 2024
Romagna terra di grandi personaggi

Romagna terra di grandi personaggi

A cura di Lorenzo Matteucci

Cesare Martuzzi e le 'Cante della nuova Romagna'

Per alcuni, Cesare Martuzzi è - al pari di Francesco Balilla Pratella - uno degli esponenti di maggior spicco della tradizione musicale romagnola. E proprio Spallicci e Balilla Pratella furono stretti collaboratori di Martuzzi

Domenico Giulio Cesare Martuzzi, classe 1885, è legato inscindibilmente alla “nuova polifonia di Romagna” e ad un’altra figura fondamentale del panorama culturale romagnolo, il poeta Aldo Spallicci. Per alcuni, Cesare Martuzzi è - al pari di Francesco Balilla Pratella - uno degli esponenti di maggior spicco della tradizione musicale romagnola. E proprio Spallicci e Balilla Pratella furono stretti collaboratori di Martuzzi. 

In particolare, il biennio 1906-1907 fu cruciale per lo sviluppo della carriera di Martuzzi. Egli infatti incontrò per la prima volta a Forlì (sua città d’adozione, in cui trascorse quasi tutta la sua vita privata e professionale) Aldo Spallicci: con lui strinse un sodalizio artistico, primo atto di una lunga e fruttuosa collaborazione tra i due.  Pochi anni dopo, nel 1910, Martuzzi diede alla luce la sua prima canta romagnola: La majê - ovvero la maggiolata, composizione poetica e musicale popolare che tanto spesso si poteva sentire nel XV secolo durante le feste di maggio. In totale, Martuzzi realizzò ben 29 composizioni, oggi pubblicate integralmente e suddivise in nove raccolte, i cui titoli fanno in alcuni casi esplicito riferimento alla tradizione romagnola: Le quattro stagioni, Albe e tramonti, Amore e lavoro, Paesaggi e visioni di Romagna, I quattro borghi di Forlì, Visioni di guerra, Feste e ricorrenze annuali, Ballatine a leggenda e Poemetti e liriche.

Tutto questo, tuttavia, non sarebbe stato possibile senza il continuo scambio di idee e suggestioni tra Martuzzi e Spallicci; un rapporto, questo, definito a più riprese quasi “osmotico” dal punto di vista letterario e musicale. Così si esprimeva il già citato Francesco Balilla Pratella parlando di Martuzzi: egli lo considerava “il primo a ideare e a comporre musiche di gusto e di struttura popolare su poesia dialettale romagnola”. Insomma, dobbiamo all’estro e alla sensibilità di Martuzzi la possibilità di fruire di quella canta che - per usare le parole dello stesso Spallicci - “parve in sulle prime accolta dalla viva voce popolare” e che “appena levata, spiega il cielo e l’anima di Romagna”.

La fantasia e la curiosità di Martuzzi non si esaurirono nell’opera - già di per sé titanica - di creazione delle cante. Egli infatti inventò anche un nuovo metodo di scrittura musicale - la “Musicotipia” - con lo scopo di semplificare la notazione e studiò approfonditamente anche quella lingua romagnola che, insieme all’amico e sodale Spallicci, aveva saputo valorizzare racchiudendo in musica lo spirito della Romagna.

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