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Giovedì, 21 Settembre 2023
Romagna terra di grandi personaggi

Romagna terra di grandi personaggi

A cura di Lorenzo Matteucci

Quintino Quagliati, archeologo dalla Romagna alla Puglia

Quintino Quagliati, che nacque a Rimini nel 1869, lega ancora oggi la sua fama non tanto alla Romagna, ma ad un’altra regione italiana che si affaccia sempre sull’Adriatico: la Puglia

Quintino Quagliati, che nacque a Rimini nel 1869, lega ancora oggi la sua fama non tanto alla Romagna, ma ad un’altra regione italiana che si affaccia sempre sull’Adriatico: la Puglia. Dopo aver conseguito la laurea presso l’Università di Bologna (il suo relatore, tra l’altro, fu nientemeno che Giosuè Carducci…), si dedicò per alcuni anni al giornalismo e all’insegnamento, prima di offrire “interi animo e spirito all’ideale puro della ricerca storica”.

Prima della sua - purtroppo - improvvisa scomparsa, a causa di una febbre malarica, nel 1932, Quagliati diede infatti un contributo decisivo alla conoscenza del passato archeologico pugliese, nonché alla conservazione del patrimonio materiale della regione stessa. Erano quelli anni di intenso sviluppo urbanistico, soprattutto per la città di Taranto, e dai cantieri molto spesso affioravano tracce concrete di quelle civiltà del passato (con un arco cronologico che andava dal periodo pre e protostorico, passando per i greci e i romani, fino all’età tardoantica) che tanto ricca hanno reso l’Italia intera.

Quagliati, grazie al suo instancabile e meticoloso lavoro, ricoprì diversi ruoli di prestigio, fino ad essere nominato, nel 1923, Soprintendente unico alle opere di antichità e d’arte di Puglia e di Basilicata e Calabria. Negli anni successivi, si interessò anche del restauro e della conservazione di monumenti del periodo medievale, per precisione di età normanna e sveva, che numerosi si trovano in quelle regioni.

Per un crudele scherzo del destino, Quagliati contasse la sopracitata febbre malarica che lo portò ad una morte improvvisa proprio durante un sopralluogo sul campo, per una ricognizione archeologica nella valle del fiume Candelaro. Un’ulteriore prova della sua dedizione assoluta alla causa della conservazione e della cura di un inestimabile patrimonio culturale e artistico comune a tutti noi. 

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