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Venerdì, 19 Aprile 2024
Suono ma nessuno apre

Suono ma nessuno apre

A cura di Matteo Fabbri

82 anni per Giorgio Moroder: eccellenza italiana con 3 Oscar apprezzata solo all'estero

Un personaggio (italianissimo) che ha praticamente inventato di sana pianta un genere musicale, che ha vinto tre premi Oscar, che ha prodotto artisti del calibro di Bowie e Freddie Mercury e che ha composto canzoni entrate nell’immaginario collettivo

Se faceste un sondaggio chiedendo ai vostri amici “dimmi i più importanti musicisti italiani di sempre”, c’è chi vi risponderebbe Morricone, chi Battiato, chi De Andrè, qualcuno Battisti, altri Dalla, ecc... Tutte risposte lecite e corrette. In quesiti di questo genere non salta invece quasi mai fuori un personaggio (italianissimo) che ha praticamente inventato di sana pianta un genere musicale, che ha vinto tre premi Oscar, che ha prodotto artisti del calibro di Bowie e Freddie Mercury e che ha composto canzoni entrate nell’immaginario collettivo non solo nel nostro paese, ma più o meno in tutto il mondo. Un artista, paradossalmente, più stimato all’estero che in Italia e che il 26 aprile ha compiuto 82 anni. Il suo nome è Giovanni Giorgio ma, come dice lui, tutti lo chiamano Giorgio.

Prima di capire perché un gigante del genere venga così snobbato dal proprio paese di provenienza, facciamo un passo indietro e cerchiamo di riassumere in poche righe (impresa ardua) la sua immensa carriera. Classe 1940, Moroder nasce sulle Dolomiti a Ortisei, un paesino della Val Gardena in provincia di Bolzano. Fin dall’adolescenza coltiva il sogno di diventare un musicista, impara a suonare da autodidatta la chitarra e forma i primi complessi con cui gira l’Europa esibendosi in piccoli locali. A fine anni ‘60 decide di cercar fortuna in Germania dove, prima a Berlino poi a Monaco, si guadagna da vivere come fonico e turnista, scegliendo di dedicarsi principalmente alla scrittura di testi e musiche soprattutto per altri (si era reso conto che vocalmente non era un fenomeno). In Baviera, coi soldi guadagnati dai suoi primi lavori, fonda gli studi di registrazione “Musicland”, che alcuni anni più tardi guadagneranno un prestigio enorme, tanto che ne usufruiranno star di caratura internazionale tra cui Stones, Elton John, Deep Purple, Iggy Pop e Zeppelin.

Nel 1972 per Moroder arriva il primo numero uno in classifica, grazie a un brano che porta la sua firma e che passa alla storia per essere il primo singolo di successo ad avere come suono dominante quello del sintetizzatore Moog, col quale era venuto a contatto proprio in Germania. Il Moog è quello strano strumento in grado di riprodurre una gamma di suoni praticamente infinita, che gli consente di dare vita al “suono del futuro”, come lo chiamerà lui in seguito. L’incontro cruciale per svoltare la sua carriera è però quello con una giovane corista americana di nome Donna Summer che, con lui, si trasformerà nella regina della discomusic. Nel ‘75, infatti, vede la luce la rivoluzionaria “Love To Love You Baby” (coi suoi 17 minuti di orgasmi in musica) che consacra definitivamente Moroder. E due anni più tardi, nel ‘77, questa coppia d’oro colpisce ancora, sfornando quella che ancora oggi è considerata una delle canzoni più influenti dell’intera storia della musica: “I Feel Love”, ovvero l’apoteosi del sintetizzatore. Un’intuizione grazie alla quale ha aperto la strada all’avvento dell’elettronica nella musica popolare.

Dopo l’esplosione con Donna Summer, anche il mondo del cinema si accorge del suo tocco magico e diversi produttori gli commissionano colonne sonore di film divenuti cult: “Fuga di Mezzanotte”, grazie a cui si porterà subito a casa il primo Oscar, “American Gigolò” (dove collabora coi Blondie al brano “Call Me”), oppure “Cat People” assieme a Bowie per il “Il Bacio della Pantera”, o ancora “Scarface” nell’83 e “La Storia Infinita” nel 1984. E poi altri due pezzi da novanta con cui vince altrettanti Oscar: uno per “What A Feeling”, traccia chiave di “Flashdance”; l’altro per “Top Gun” con la suggestiva “Take My Breath Away”. Da menzionare anche il suo contributo ad alcuni dei più grandi eventi sportivi: Moroder compone infatti le musiche per le Olimpiadi di Los Angeles ‘84 e Seoul ‘88. E a lui viene affidata anche quella che tra le sue mani diventerà “Un’Estate Italiana”, inno ufficiale dei mondiali di calcio giocati proprio in Italia nel 1990.

Dopo il boom vissuto negli anni ‘70 con l’esplosione della discomusic, e negli anni ‘80 grazie alle colonne sonore, ci fu il buio e dall’inizio degli anni ‘90 il nome di Moroder aveva gradualmente smesso di circolare. Più o meno fino al 2013, quando i Daft Punk pubblicano il loro best seller, “Random Access Memories”, al cui interno c’è un pezzo accattivante intitolato “Giorgio By Moroder”, grazie al quale le nuove generazioni hanno potuto riscoprire un pioniere, che con le sue idee innovative ha anticipato i tempi. Insomma, uno dei più importanti musicisti di sempre, vincitore di 3 Oscar, vari Grammy, e numerosi altri premi, ha avuto bisogno di essere ripescato da quel duo di robot. Ma perché tutto questo? Perché questo snobismo verso di lui? È perché viene considerato “mezzo tedesco”? Eppure, sebbene sia legato culturalmente a Monaco, lui si sente pienamente italiano, perché è italiano, non “di origini italiane”, come mi è capitato di leggere alcune volte. Allora è perché al grande pubblico frega poco di chi produce i brani, e ancor meno degli oscar musicali? Sì, va bene, ma non mi pare valga lo stesso per Morricone. E’ vero che quest’ultimo ha una platea più ampia grazie ai nomi cui si è legato (Sergio Leone su tutti), ma i film a cui ha lavorato Moroder non sono certo di nicchia, anzi. Eppure, quando si parla di italiani premiati con l’Oscar, spesso anche gli articoli degli “addetti ai lavori” rimuovono, colpevolmente, quelli vinti da lui, che invece di statuette ne ha portate a casa ben tre (più dello stesso Morricone).

Allora sarà forse perché siamo il paese del bel canto e Moroder è stato un innovatore ben poco italiano in questo? Può darsi. Ma alla fine penso che la ragione di questa poca considerazione nei suoi confronti risieda in tre fattori primari: il pregiudizio nei confronti della discomusic (vista solo come musica da ballo e quindi “meno seria”), il fatto che abbia sempre lavorato all’estero e, soprattutto, la formazione di molti giornalisti nostrani, esclusivamente legati al mondo del rock e quindi ignoranti nel campo della musica disco-dance-elettronica. Insomma, c’è poca informazione su di lui, mentre invece Moroder è un’eccellenza italiana (non a caso è stato nominato “Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana”) e ha fatto tanto: ha praticamente inventato un genere (senza di lui, forse, non conosceremmo nemmeno una come Donna Summer), ha imposto il suono dei sintetizzatori nel pop, e ha creato un immaginario sonoro che prima non esisteva. E allora: lunga vita Giovanni Giorgio!

A questo link è possibile ascoltare l'episodio del podcast

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