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Suono ma nessuno apre

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A cura di Matteo Fabbri

Bon Jovi, Aerosmith, Bryan Adams: 8 grandi canzoni del cinema che non hanno vinto l'Oscar

Canzoni che, anche se non lo avreste mai detto e nonostante siano quasi subito entrate nell’immaginario collettivo, persero la corsa all’Oscar. Brani sconfitti, eppure rimasti più famosi dei vincitori

Domenica 27 marzo si terrà l’annuale cerimonia della consegna dei premi Oscar. Questo è un blog musicale e sappiamo bene quanto musica e cinema siano spesso connessi. Per tale ragione con questo articoletto mi voglio focalizzare su questo connubio, riferito in particolare a uno dei premi musicali della rassegna, quello dedicato alla “Miglior canzone originale”. Non parleremo però di vincenti ma, al contrario, di illustri perdenti. Ovvero quelle canzoni che, anche se non lo avreste mai detto e nonostante siano quasi subito entrate nell’immaginario collettivo, persero la corsa all’Oscar. Brani sconfitti, eppure rimasti più famosi dei vincitori. Ne ho scelti otto e, per restringere un po’ il campo, mi sono concentrato sui decenni ottanta e novanta. Partiamo subito, nel consueto ordine cronologico.

Il 1982, ad esempio, fu l’anno di “Rocky 3”, caratterizzato da “Eye Of The Tiger”, brano iconico e autentico inno di tutte le palestre (quando viene diffuso non è raro vedere i bilanceri che si caricano). Canzone clamorosa (che però venne sconfitta da “Up Where We Belong” di “Ufficiale e Gentiluomo”) e che ha anche un ruolo importante nel film, perché sottolinea il momento in cui Rocky è costretto a tornare ad allenarsi duramente per rivendicare il titolo che aveva perduto. Una sorta di metafora della vita, anche di Stallone stesso. E pensare che inizialmente Stallone aveva optato per “Another One Bites The Dust”, ma i Queen misteriosamente non diedero il permesso, e allora dovette “ripiegare” su “Eye Of The Tiger” (che forse, a posteriori, ci sta anche meglio) di una band semi-sconosciuta: provate a fermare dieci persone per strada e chiedere chi siano i Survivor...

E rimaniamo in un certo senso nelle palestre, cambiando però leggermente contesto ma senza spostare le lancette di molto, perché andiamo al 1983 e restiamo belli sudati con “Maniac” di Michael Sembello direttamente da “Flashdance”. Un altro film molto musicale, tanto da essere candidato alla stessa categoria con due brani differenti (l’altro, “Flashdance...What a Feeling”, trionferà). Sembello, l’autore/cantante di “Maniac”, è il classico volto dietro le quinte di molte hit anni ‘80, avendo collaborato con artisti del calibro di Michael Jackson, Stevie Wonder o Diana Ross. In questo caso invece la canzone l’ha anche cantata e lui compare pure nel video, e mi fa sempre un po’ sorridere perché non era proprio un figurino (barba sfatta, pochi capelli, ecc..). Ai giorni nostri probabilmente gli avrebbero detto “senti, Maniac è bellissima, ti paghiamo i diritti, ma se non ti spiace la faremmo cantare a Justin Bieber”.

“Maniac” è un must per gli amanti del ballo, così come lo è la prossima canzone perdente, stavolta dal 1984: “Footloose” di Kenny Loggins, dal film omonimo che non ha certo bisogno di presentazioni. Un’altra pellicola molto musicale che narra di un conflitto generazionale. Kevin Bacon diventerà una star proprio grazie a questo lungometraggio. Per quanto riguarda la canzone, Kenny Loggins (voce e co-autore) fa parte di quei musicisti che in Italia si filano in pochi a livello discografico, mentre negli Stati Uniti è tuttora una celebrità. Per farvi capire: ha una sua impronta sulla celeberrima “Walk of Fame”, ha partecipato al Live Aid (tipo il concerto più importante della storia), ha cantato in “We Are The World”. E infine, a proposito di canzoni per film, è sua “Danger Zone” di Top Gun. Per la cronaca, il brano “Footloose” venne sconfitto agli Oscar da “I Just Called To Say I Love You”.

Ci trasferiamo al 1985 con un pezzo semplicemente irresistibile: “The Power Of Love” dal primo capitolo di “Ritorno Al Futuro”, che rievoca una serie infinita di ricordi e il sapore delle VHS nel vecchio videoregistratore di famiglia. Un film che resiste al passare del tempo, continuando a far divertire generazioni completamente diverse da quella per cui fu progettato. E ciò significa che è stato scritto e concepito nella maniera migliore. Si tratta di una trilogia molto musicale, con anche pezzi di Michael Jackson (quando Marty va nel futuro), oppure “Johnny B. Goode”, oltre alla colonna sonora orchestrale firmata da Alan Silvestri. Per quanto riguarda “The Power Of Love”, del suo autore Huey Lewis si possono dire cose simili a Loggins perché anch’egli qui in Italia non è che sia così famoso, mentre invece negli States è ancora un idolo, molto amato anche perché simpatico e sempre positivo, grazie anche al suo rock di stampo “easy-listening”, con qualche tastiera qua e là, a fotografare molto bene un certo tipo di musica anni ‘80.

Adesso saltiamo al decennio successivo, partendo proprio dal 1990 dove troviamo Jon Bon Jovi con la sua “Blaze Of Glory” scritta per il western patinato “Young Guns II”, ovvero la storia un po’ rivisitata di Billy the Kid, fatta di azione, pistoleri, e una serie di attori bellocci dell’epoca. Il brano in questione non era la prima scelta della produzione che inizialmente aveva puntato su un altro pezzo dei Bon Jovi, “Wanted Dead Or Alive”, del loro periodo di maggior successo, quando la band era uno degli esponenti di punta del cosiddetto “Hair Metal”, ovvero un metal più laccato, più morbido, più pop. Alla fine invece prevalse la grandiosa “Blaze Of Glory”, con un Jon Bon Jovi molto diverso: in primis perché da solo (non col gruppo), e in secondo luogo perché il genere si avvicina a un country-rock abbastanza asciutto, a differenza del piglio più pomposo che aveva la sua band negli 80s.

Rimanendo in tema di sex symbol, procediamo con Bryan Adams e la sua “(Everything I Do) I Do It For You” tratta da “Robin Hood - Principe dei Ladri” con protagonista una figura clou degli anni ‘90 come Kevin Costner. Un film scanzonato e romantico, insomma un film per tutti. E il brano è un gancio commerciale clamoroso, con Bryan Adams che nel video suona in mezzo a una foresta con quella sua vocalità molto riconoscibile. Una ballatona strappa-mutande, più che strappalacrime, che, se non sbaglio, detiene ancora il record del numero di settimane consecutive al primo posto (addirittura sedici, cioè ben quattro mesi al primo posto). Se poi consideriamo che oltre al periodo al primo posto, ci devi mettere anche le settimane precedenti e successive, in cui magari era comunque in top-10 o giù di lì, significa che per più di un anno la gente si è sorbita per radio questa canzone molto bella (e molto lunga, a evidenziare il coraggio).

Bryan Adams è sempre stato un bravo ragazzo che non ha mai riempito le pagine dei rotocalchi, come invece ha fatto il prossimo che, però, è talmente un gigante che gli perdoniamo tutto. Mi riferisco a Elton John che per il meraviglioso campione d’incassi “Re Leone” firma parecchi brani, tra cui “Circle Of Life” e altri due che si contenderanno la statuetta: quindi tre candidati su cinque sono suoi! Il “Re Leone” è un altro film in cui la musica gioca un ruolo fondamentale. E la canzone principale in ogni paese fu reinterpretata da un cantante locale (in Italia, ad esempio, toccò a Ivana Spagna). “Circle Of Life” venne sconfitta ma qui ho barato perché Elton vinse comunque con “Can You Feel The Love Tonight”, sempre dal “Re Leone”. E, pensate, lui è l’autore pure di “Hakuna Matata”. Insomma, gli anni ‘90 per lui sono stati a due facce: da un lato la critica lo odiava (non era più quello apprezzato degli anni ‘70); d’altro canto però, stando ai numeri, si tratta del suo periodo d’oro, anzi di platino, grazie alle canzoni per il “Re Leone”, a duetti prestigiosi, come quello con George Michael, a video costosissimi, e soprattutto “Candle In The Wind” per Lady D.

L’ultimo “perdente da Oscar” odierno è un brano molto epico che ai tempi si sentiva davvero ovunque. Nel 1998 a risuonare dappertutto era infatti “I Don’t Want To Miss A Thing” degli Aerosmith per la colonna sonora di “Armageddon” che, oltre a Bruce Willis e Ben Affleck, vede tra i protagonisti anche Liv Tyler, figlia proprio del leader degli Aerosmith. Le musiche hanno fatto la loro parte nel rendere importante anche negli anni successivi questo film. Penso che ognuno di noi quando ascolta questa canzone pensa immediatamente o al film o al videoclip (che contiene le immagini della pellicola). Gli Aerosmith in quel periodo erano in fase calante: il loro lo avevano già detto e avevano un po’ esaurito le cartucce. “I Don’t Want To Miss A Thing” è un pezzo molto “tardo” nella loro discografia ma con essa fecero centro in pieno. Anche se c’è da dire una cosa: non scrissero loro questo pezzo. Come deve essere sapere che la tua hit più popolare sia una canzone che non hai composto tu? Forse un po’ triste, non trovate? Ad ogni modo rimane una perla, con cui però incredibilmente persero, come tutti gli esempi di cui abbiamo parlato oggi...

A questo link è possibile ascoltare la puntata del podcast

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