Michael Jackson, Prince e i 'riccioli Jehri': alla scoperta del 'Synth-funk'
C'è una moltitudine di incredibili dischi “Synth-Funk” che aspettano solo di essere riscoperti. In questo calderone ci possiamo inserire George Clinton da solista, gli stessi Prince e Michael Jackson, i grandissimi Zapp, le Pointer Sisters, la Gap Band...
Come ho scritto in un altro articolo, mi hanno sempre affascinato (e, in certi casi, fatto sorridere) i nomi dati ad alcuni sottogeneri musicali. Negli ultimi tempi si è assistito a un’esplosione di nomignoli buffi e spesso azzeccati. Oggi voglio proseguire in questa piccola rassegna di sottogeneri da riscoprire e lo faccio continuando nel solco già intrapreso, ovvero trattando musiche, a parer mio, molto fresche ed estive, e quindi adatte a questo periodo. Se infatti era estate con lo “Yacht- Rock”, magari durante una gita in barca in pieno giorno, poteva esserlo anche con l’“Acid-Jazz” al tramonto in spiaggia col drink in mano, e ancora col “Sophisti-Pop” durante una cena intima ed elegante; ma può essere estate anche col sottogenere di oggi, possibilmente di notte, stavolta in club e discoteche, tutti impomatati e agghindati con completi luccicanti e colorati, al grido anzi al ritmo del “Synth-Funk”.
Tra la fine degli anni ‘70 e l'inizio degli anni ‘80, infatti, nessun genere è stato immune dall'invasione del sintetizzatore. Le nuove tecnologie hanno spinto i musicisti di tutti i generi ad adattarsi, anche quelli che suonavano rock. E, sebbene a qualcuno abbia portato risultati imbarazzanti, per altri è stata una svolta in positivo. La black music, e in particolare il funk, è stato uno di quei generi contaminati: molti artisti annoverabili in questo stile hanno adottato un approccio “synth-friendly”, trainando il loro sound verso il futuro. I sintetizzatori si sono rivelati un complemento naturale del funk, aggiungendo più peso soprattutto alle linee di basso. Tutto ciò ha significato una cosa: dal funk si è passati al “Synth-Funk”, detto anche “Electro-Funk”.
Più che per l’uso in sé dei sintetizzatori, già ampiamente utilizzati nel decennio precedente, gli anni ‘80 segnano il passaggio dalle grandi funk-band degli anni ‘70 (con gigantesche sezioni strumentali, composte a volte anche da venti persone sul palco) a un funk più scarno e minimale, con l’uso dell’elettronica a infondere un’aria più futuristica e tecnologica. Sassofoni e trombe furono sostituite dai sintetizzatori, e ai fiati veri rimasti furono concesse solo parti semplificate e pochi assoli di contorno. Così come le classiche tastiere, come l’organo Hammond, iniziarono a essere rimpiazzate dai nuovi strumenti digitali. Mentre le drum machine elettroniche presero il posto dei batteristi veri e certe linee di basso venivano spesso create direttamente coi synth.
Anche i testi iniziarono a cambiare, passando da suggestivi doppi sensi a contenuti sessualmente più espliciti. Esponenti come Rick James e Prince, che infatti rivaleggiavano tra loro, combinarono erotismo disinibito a una certa complessità musicale e un’immagine oltraggiosa e teatrale: un vero spettacolo. Il mio preferito in assoluto è proprio Rick James, fautore dell’electro-funk anni ‘80 più bombastico per eccellenza. Ma anche i Cameo, nati nei ‘70 come funk-band classica sullo stile dei Parliament, e sopravvissuti nel decennio successivo dandosi una patina hi-tech e lentamente spogliandosi degli orpelli settantosi (da dieci elementi piano piano rimarranno in tre).
Il funk negli anni ‘80 si propone quindi come suono della notte con quel suo tono urban, sporco e godereccio. Ma anche attraverso un'estetica bizzarra, piena di tastiere pittoresche, vestiti sfarzosi, spalline giganti e soprattutto i “Jheri Curl” (dal nome del suo inventore), ovvero quell’acconciatura molto popolare tra uomini e donne di origine afroamericana negli anni ‘80 e caratterizzata da lunghi riccioli morbidi e lucidi. Questa permanente era di gran moda tra le celebrità nere (Michael Jackson in primis) e la possiamo vedere, trattata in versione umoristica, anche nel film “Il Principe Cerca Moglie”, dove vengono presi in giro i suoi difetti (ad esempio le sostanze chimiche utilizzate, le macchie d’unto sul divano, ecc...).
E insomma, tornando alla musica, gli anni tra la caduta della discomusic (fine ‘70) e l'ascesa della house (seconda metà degli anni ‘80) tendono a essere sorvolati quando si parla di musica dance, ma c'è una moltitudine di incredibili dischi “Synth-Funk” che aspettano solo di essere riscoperti. In questo calderone ci possiamo inserire George Clinton da solista, gli stessi Prince e Michael Jackson, i grandissimi Zapp (la loro “More Bounce To The Ounce” è un tormentone campionato da chiunque), le Pointer Sisters, la Gap Band, ecc... Alla fine, come sempre, l’importante è che sia musica bella e piacevole, soprattutto quando si è nel mood giusto. Io personalmente non posso che parlarne bene, sebbene i puristi del funk per lo più lo schifino. Ma, si sa, in generale i puristi sono una brutta razza...
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