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Venerdì, 19 Aprile 2024
Suono ma nessuno apre

Suono ma nessuno apre

A cura di Matteo Fabbri

Quella volta che Tina Turner resuscitò dalle ceneri, come una fenice del rock

Tina ha dimostrato come sia possibile riemergere da abissi profondi, dando vita a uno dei più incredibili ritorni nella storia della musica

Autunno 1981: Tina Turner in quel momento è una cantante al tramonto che, quarantenne e nel music business già da circa vent’anni, ormai si ritrova a girare per piccoli club e alberghi riproponendo ciclicamente i vecchi successi degli anni ‘60 e ‘70, quando faceva coppia, in tutti i sensi, col marito Ike. E’ notte, l’ora è tarda ma Tina è ancora sveglia, seduta da sola nel salotto di casa. Sembra pensierosa, ma dal suo volto traspare anche una certa rilassatezza. Forse perché ha appena completato la sua routine quotidiana di preghiere buddiste, pratica a cui da tempo si dedica per allentare la tensione e darsi forza. O forse il motivo è un altro.

Poche ore prima, infatti, aveva compiuto un gesto che non aveva mai avuto il coraggio di fare: si era adagiata su quello stesso divano per concedere un’intervista molto personale a un giornalista del noto magazine People. Una conversazione intensa, anzi, una vera e propria confessione straziante: Tina per la prima volta, dopo anni di silenzi, aveva rivelato la sua storia tribolata, fatta di sofferenze, vessazioni fisiche e psicologiche, abusi, torture, umiliazioni e pure un tentativo di suicidio. E tutto questo aveva un solo e unico colpevole: il marito, Ike Turner, colui che la scoprì e la lanciò nel firmamento della musica, non senza le dolorose conseguenze che cinque anni prima, nel 1976, la portarono a fuggire di nascosto e a trovare il sangue freddo per chiedere finalmente il divorzio. Così facendo Tina diventa, di fatto, la prima portavoce contro le violenze domestiche. Una sorta di eroina per tante donne che nell’ombra vivevano e vivranno quotidianamente le stesse pene.

A questo link è possibile ascoltare la puntata del podcast Suono ma nessuno apre

La sua carriera solista si sviluppò a partire da metà anni ‘70, dopo la separazione dal marito. Ma rifarsi una vita artistica non fu semplice. I primi dischi da solista non decollarono e Tina dovette ricominciare praticamente da capo, accettando di esibirsi in locali di basso livello o inaugurazioni di centri commerciali, dove veniva presentata come “star del passato”. A offrirle l’opportunità del rilancio intervenne un manager che sembrò credere in lei. Prima organizzandole una collaborazione con un giovane gruppo inglese, grazie a cui esordisce sul neonato canale dei giovani, MTV. Poi pianificando un prestigioso concerto al “Ritz” di New York, davanti a una platea composta da tanti vip, tra cui Bowie, Jagger, Warhol, Diana Ross, De Niro. Quel concerto sarà la svolta. Da lì Rod Stewart le chiede di duettare al “Saturday Night Live”, lo show televisivo più popolare del periodo, in cui milioni di telespettatori ritrovano una Tina più in forma che mai. Le recensioni furono entusiaste e il successo di quei giorni le procurò di nuovo un contratto con una major.

Nel 1984 esce l’album “Private Dancer”, con un suono più levigato rispetto a quello con l’ex-marito, e contenente, tra le altre, la title-track (scritta da Mark Knopfler) e soprattutto “What’s Love Got To Do With It”, che la porta per la prima e unica volta in vetta alle charts americane. L’album vende venti milioni di copie, produce sette singoli e vince quattro Grammy: Tina Turner, a quarantacinque anni, torna a essere una superstar internazionale, tanto da partecipare anche alla registrazione del singolo benefico “We Are The World” ed essere fra i protagonisti del mega concertone “Live Aid”. Anche Hollywood la rivaluta e, dieci anni dopo la parte di Acid Queen nel film tratto dall’opera rock “Tommy” degli Who, torna al cinema assieme a Mel Gibson in “Mad Max”. Nella cui colonna sonora è presente “We Don’t Need Another Hero”: inno contro la violenza e altro successo mondiale. Il periodo d’oro prosegue con collaborazioni di alto livello, album e singoli di successo come “The Best” e “I Don’t Wanna Lose You”. Insomma, gli anni ’80 e ‘90 diventano il periodo più proficuo per la regina del rock. E finalmente Tina torna a sorridere.

Che altro dire? Quando si parla di voci femminili nel rock è impossibile non menzionarla: cantante potente, talentuosa ballerina, compositrice, ma soprattutto simbolo del riscatto femminile. Tina ha dimostrato come sia possibile riemergere da abissi profondi, dando vita a uno dei più incredibili ritorni nella storia della musica. E oltre a essere una delle più grandi rockstar di sempre, le va riconosciuto il coraggio di aver denunciato pubblicamente i maltrattamenti ricevuti dal marito, diventando esempio di determinazione e coraggio per l’universo femminile…

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