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Giovedì, 28 Marzo 2024
Suono ma nessuno apre

Suono ma nessuno apre

A cura di Matteo Fabbri

Quando Lucio Battisti provò a conquistare l'America ma fece flop

Lucio fece una cosa che nessun italiano all’epoca aveva avuto il coraggio di fare: lanciarsi nel mercato statunitense con la pubblicazione di un disco cantato interamente in lingua inglese

Partiamo da un presupposto: nel 1977 Lucio Battisti era all’apice della carriera in Italia grazie ai continui successi, anno dopo anno, cominciati nel 1969, e a una discografia che ormai contava quasi dieci album in studio. Gli ultimi dei quali (“Lucio Battisti, La Batteria, Il Contrabbasso, Eccetera” del ‘76 e “Io Tu Noi Tutti” proprio del ‘77) erano caratterizzati da una forte componente “black” (discomusic, funky e soul) che aveva assorbito durante un viaggio nella costa ovest degli Stati Uniti, luogo che in breve diventerà casa sua, in tutti i sensi (si trascinerà dietro moglie e figlio, e lì vivrà stabilmente per un po’). In aggiunta, era diventato un idolo assoluto anche per via di quell’aura di mistero dopo il suo clamoroso addio alla vita pubblica: da qualche tempo, infatti, aveva smesso coi concerti e si negava a giornali, radio e tv, scegliendo di far parlare solo la sua musica.

A livello di sound ormai era considerato a tutti gli effetti l’artista italiano dal maggior “respiro internazionale”. Non a caso si stava circondando di musicisti stranieri con cui dava vita a canzoni che, se non si facesse caso alla lingua, potrebbero tranquillamente sembrare brani di pop-rock angloamericano, di quelli che potevano ascoltarsi in una qualsiasi radio estera, al pari di gente come Doobie Brothers, Fleetwood Mac, Steely Dan o Christopher Cross. Ebbene, in quel momento Lucio fece una cosa che nessun italiano all’epoca aveva avuto il coraggio di fare: lanciarsi nel mercato statunitense con la pubblicazione di un disco cantato interamente in lingua inglese. Come se, per usare una metafora sportiva, avesse pensato “in Italia ho vinto tutto, adesso tento l’avventura all’estero”.

L’album che ne scaturì si intitola “Images”, usciva proprio in questi giorni di agosto (ma del 1977) ed era composto da un paio di classici del passato e da alcune delle canzoni di “Io Tu Noi Tutti” (l’ultimo lavoro in studio contenente, tra le altre, le perle “Sì Viaggiare” e “Amarsi Un Po’”). Il tutto reinterpretato in inglese per l’occasione.  Avrà avuto successo? No, per niente. E adesso voi penserete: “Ma come? Hai appena detto che la musica di Battisti era di stampo internazionale, e poi ha fatto flop proprio con un disco in inglese?”. Beh, le ragioni sono diverse e secondo me non dipendono dal talento (indiscusso) di Lucio.

Il primo difetto è legato alla sua pronuncia goffa, incerta e maccheronica. Un aspetto che proprio non convinse gli ascoltatori statunitensi. Il secondo problema furono i testi che, per volere di Mogol, vennero adattati in maniera forse troppo didascalica, quasi parola per parola (e sappiamo quanto poco efficace sia una traduzione di questo tipo). Infine, pare che l’etichetta discografica avesse, sì, sganciato molti soldi per la realizzazione del disco, ma si fosse occupata poco della sua promozione: Lucio, infatti, partecipò solo a qualche trasmissione radiofonica di serie B ma nessuno show veramente importante oltreoceano.

Il disco, insomma, si rivelerà un fiasco. Non solo negli States ma anche in Italia, dove verrà addirittura ritirato pochi giorni dopo l’uscita per non provocare cadute d’immagine. A proposito di questa esperienza Lucio sarà, come al solito, molto lucido e autocritico, dichiarando: “dopo aver raggiunto certi risultati in Italia era un po’ ridicolo aspettarmi di raggiungere immediatamente gli stessi traguardi in una lingua per me quasi sconosciuta, ma ne è valsa la pena: ho aggiustato il tiro e mi ha dato nuova linfa”. E fu proprio così perché dopo questo primo (e unico) passo falso, il duo Battisti/Mogol si rifarà subito l’anno seguente col raffinato ed elegante “Una Donna per Amico”. Anche se il sodalizio tra i due non sarà destinato a durare ancora per molto, ma questa è un’altra storia...

A questo link è possibile ascoltare l'episodio del podcast

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