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Suono ma nessuno apre

Suono ma nessuno apre

A cura di Matteo Fabbri

Kate Bush aveva bisogno di 'Stranger Things' per essere rilanciata?

La splendida hit targata 1985 “Running Up That Hill” di Kate Bush è tornata in classifica dopo ben trentasette anni, a seguito del suo utilizzo nella nuova stagione della nota serie Netflix “Stranger Things”

Quando pochi giorni fa è uscita la notizia che la splendida hit targata 1985 “Running Up That Hill” di Kate Bush era tornata in classifica dopo ben trentasette anni, a seguito del suo utilizzo nella nuova stagione della nota serie Netflix “Stranger Things”, ho provato un moto di gioia dentro di me. Soprattutto perché ho immaginato che un risultato simile sia stato possibile grazie ai giovanissimi (la cosiddetta “generazione Z”). Ormai infatti sono loro (ma non solo) a muovere più o meno direttamente (qualcuno ha detto “TikTok”?) i numeri dello streaming musicale. E in fin dei conti mi fa sempre piacere quando leggo che i ragazzini scoprono grandi pezzi del passato, che non siano dei soliti noti Beatles/Stones/Queen e compagnia.

Poco dopo, però, ho provato anche un senso di delusione nel pensare che per far conoscere un grande classico debba rendersi necessaria una serie tv. Perché in fin dei conti di “classico” si tratta se parliamo di un pezzo come “Running Up That Hill”. Non fraintendete: non voglio fare lo snob. Al contrario, sono proprio contento di sapere che un brano del genere venga (ri)scoperto da tanti, in primis dai giovani. Ma in questi casi mi chiedo: dove stiamo sbagliando? Perché una canzone (e soprattutto un’artista) come questa non se la filava più nessuno fino all’altro ieri? Badate bene: non si sta parlando di una band di scappati di casa o degli ultimi scemi che fanno musica alternativa, suonando nel garage e venendo ascoltati a malapena dai parenti. Stiamo parlando di Kate Bush, una cantautrice talentuosa che ha elevato il pop, con un timbro vocale tra i più riconoscibili di sempre. Un’artista a 360 gradi, compositrice, ballerina e coreografa. Una che, tanto per fare due nomi, è stata scoperta da David Gilmour (Pink Floyd) e ha collaborato a lungo con Peter Gabriel (Genesis).

Ormai bisogna fare i conti col fatto che le serie tv più seguite sono in grado di influenzare anche le sorti delle canzoni ad esse collegate, e sono un canale decisivo attraverso cui i giovani (ma non solo) entrano in contatto con la musica del passato. “Stranger Things”, in particolare, punta molto sul connubio “musica-immagini” ed essendo ambientata negli anni ‘80 è infarcita di grandi canzoni da quel periodo. E in generale coniuga bene i classici con momenti emozionali molto precisi.

Ma perché a ottenere un risultato simile è stata proprio “Running Up That Hill” e non tutte le altre? In primis perché, lasciatemelo dire, è una bellissima canzone che a distanza di tempo non ha perso un briciolo della sua freschezza e suona ancora bene. Del resto se non tutte le canzoni proposte da questa serie hanno avuto lo stesso grado di riscoperta, ci sarà un motivo. Sarà che non si tratta semplicemente di “una delle tante canzoni” nella quarta stagione di “Stranger Things”, ma è LA canzone, collocata in un momento chiave dove si concentra il culmine emotivo del racconto. Non è un pezzo qualunque della colonna sonora, ma è stata scelta per la sua qualità espressiva, per le sensazioni cui rimanda e per l’importanza nella narrazione. Insomma, la soundtrack in “Stranger Things” non è solo musica fine a sé stessa, ma ha un ruolo centrale nella storia.

Come piccola nota a margine mi preme sottolineare anche come sia stata proprio Kate Bush, di solito molto selettiva quando si tratta di concedere le sue canzoni per altri scopi, a dare il consenso all’utilizzo del brano, perché ha dichiarato di essere una fan della serie fin dalla prima stagione. Come a dire: non è una canzone a caso di un’artista a caso, ma una canzone scelta appositamente di un’artista contattata volutamente.

Per tutti questi motivi, “Running Up That Hill” è da giorni tra le canzoni più ascoltate al mondo, anche se non ho molti dubbi sul fatto che la stragrande maggioranza di coloro che la stanno riscoprendo approfondiranno anche il resto del canzoniere di Kate Bush. In conclusione, non che questi siano problemi di primaria importanza, soprattutto in un periodo come quello attuale; ma davvero viviamo in un’epoca in cui per scoprire una gigante col curriculum di Kate Bush c’è bisogno che trenta secondi di una sua canzone vengano passati da una serie tv adolescenziale? Qualche domanda me la farei e inizierei a valutare seriamente l’ipotesi di insegnare nelle scuole “storia della musica moderna” affianco a “storia dell’arte”, perché no?

A questo link è possibile ascoltare il podcast 'Suono ma nessuno apre'

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