Tra vip e influencer, il mestiere dello speaker radiofonico ormai non esiste più
I network sono infarciti di figure che provengono dal web, come influencer e youtuber, oppure di vip, più o meno popolari, della televisione. I buoni vecchi speaker radiofonici di professione, quelli che hanno studiato e si sono formati per fare radio, ormai sono sempre meno
Da amante di lungo corso della radio e, per un periodo, anche da “addetto ai lavori”, non posso far altro che constatare una situazione a mio avviso spiacevole: il “morbo dell’influencer” ha colpito anche il pianeta della radio. Ebbene sì, ormai da tempo i network sono infarciti di figure che provengono dal web, come influencer e youtuber, oppure di vip, più o meno popolari, della televisione. I buoni vecchi speaker radiofonici di professione, quelli che hanno studiato e si sono formati per fare radio, quelli che hanno speso anni di gavetta in piccole realtà, quelli che hanno fatto pratica in webradio o in modeste emittenti locali e regionali, ormai sono sempre meno (e sempre i soliti).
Sarà che io ho ancora una visione romantica (e forse vecchia) di una radio composta da speaker con personalità, talento e piglio radiofonico. Professionisti che, oltre alla bella voce, sanno fare radio e magari, perché no, hanno pure una buona conoscenza della musica e della sua storia. O quantomeno la sanno comunicare efficacemente. Il che non esclude per forza i gossip o le leggerezze, per carità. Ma c’è modo e modo.
Facendo un rapido giro tra i network nazionali, non di rado si incontrano nomi che probabilmente sono stati scelti anche (se non quasi esclusivamente) per ciò che si portano dietro a livello di numeri (leggi: follower). Tra i tanti, cito i primi che mi vengono in mente: Diletta Leotta, Ludovica Pagani, Pierpaolo Petrelli, Cristina D’Avena, Luciana Littizzetto, Katia Follesa, Giovanni Vernia, Francesca Manzini, Roberta Lanfranchi, Rossella Brescia, Paola Di Benedetto, Pif, Ambra Angiolini, ecc... La lista potrebbe proseguire ancora a lungo. Attenzione: non discuto l’abilità di questi soggetti, alcuni dei quali magari la passione per la radiofonia ce l’hanno per davvero e in certi casi magari hanno fatto qualche esperienza prima di diventare famosi in altri ambiti. E non discuto nemmeno che possano essere più bravi di chi ha studiato per fare lo speaker di mestiere. Alcuni dei sopraccitati nomi, infatti, piacciono anche a me. Ciò verso cui punto il dito è la motivazione alla base della loro scelta, a discapito di chi famoso non è. Scelta che, a parer mio, in molti casi risponde quasi esclusivamente a esigenze di numeri. Insomma: non sono in quella posizione per la loro competenza. O almeno non solo per quella.
Qualcuno dirà “Embé? Le radio sono aziende, devono guadagnare”. Certo, le radio hanno imprenditori o gruppi editoriali che rischiano col proprio patrimonio e investono nella loro impresa. Quindi sono liberissimi di assumere tutte le persone che ritengono più adatte per aumentare gli ascolti, e di conseguenza il proprio fatturato. Questo è pacifico. In questo articoletto mi metto, però, nei panni dei “piccoli”, dei tanti nell’ombra, di coloro che passano anni nelle radio locali sperando in una chiamata, in un salto, che in diversi casi può non verificarsi perché il vip di turno ha un canale preferenziale (leggi: attira follower, interazioni e persone che lo ascoltano anche solo per il nome). Peraltro trovo che questo “fenomeno” sia svilente pure per le stesse radio, che in taluni casi vengono utilizzate come mera “ruota di scorta” da personaggi ormai al crepuscolo in televisione, che magari provano riciclarsi in radio, un ambiente considerato affine (o addirittura inferiore). Come a dire “se so fare televisione, posso benissimo fare anche radio”.
Qualcuno dirà “Guarda che non siamo più negli anni ‘80, non basta avere una bella voce per fare radio”. Sicuramente. Ma questo a maggior ragione vale proprio per queste figure: non basta avere una bella voce in tv per fare radio. Saper fare tv non significa saper fare radio. Produrre dei video brillanti su YouTube non significa saper fare radio. E così via... Insomma, è sempre più raro trovare gente come Anna Pettinelli, Paoletta, Mixo, Luca De Gennaro, Mazzoli, Massimo Oldani, Albertino, Paolo Dini e Lester. O meglio, sono rimasti loro. E probabilmente ci saranno fino alla pensione perché nel tempo hanno saputo costruirsi una solida reputazione. Ma dove sono i giovani Oldani? Dove sono i giovani De Gennaro? O i giovani Mixo e le giovani Pettinelli? Probabilmente si trovano in qualche emittente locale che a malapena si sente nel raggio di due chilometri, e non ne verremo mai a conoscenza...
A questo link è possibile ascoltare il podcast di Suono ma nessuno apre