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Cronaca

Fanno fallire società e dirottano i capitali in Tunisia: coniugi imprenditori in carcere per bancarotta

L’indagine era stata avviata circa due anni fa, a seguito di una verifica fiscale eseguita dalle Fiamme Gialle di Ravenna

Due imprenditori del Forlivese sono stati arrestati dai militari della Guardia di Finanza di Ravenna con l'accusa di "bancarotta fraudolenta e omesso versamento di ritenute fiscali" in esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale bizantino. Il provvedimento restrittivo è stato adottato sulla scorta delle risultanze delle indagini svolte dalle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Ravenna, coordinate dal sostituto procuratore Daniele Barberini, che hanno fatto luce sul fallimento di un'azienda con sede a Cervia, già operante a livello nazionale nella costruzione di imbarcazioni a motore e a vela, zattere di salvataggio, motori marini, strumentazione elettronica navale e arredamento nautico, deliberatamente condotta al fallimento attraverso una sistematica opera di spoliazione del patrimonio aziendale.

L’indagine era stata avviata circa due anni fa, a seguito di una verifica fiscale eseguita dalle Fiamme Gialle di Ravenna, nel corso della quale erano state ipotizzate condotte fraudolente mette in atto dall’amministratore della società e dalla moglie, vice presidente del consiglio di amministrazione, finalizzate secondo gli investigatori a delocalizzare risorse finanziarie verso un’impresa tunisina mediante il pagamento di prestazioni di servizio per lavorazioni su scafi non adeguatamente documentate e prive di valide ragioni economiche. Subito dopo la conclusione della verifica, grazie alla quale era stata recuperata una base imponibile di circa 7 milioni di euro, i vertici societari avevano presentato domanda di ammissione al concordato preventivo.

Nel corso di tale procedura, alla luce anche delle risultanze emerse dall’attività ispettiva, la Procura di Ravenna ha delegato le indagini al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, che ha acquisito ed analizzato tutta la documentazione a disposizione dei Commissari Giudiziari, effettuando accertamenti bancari nei confronti della società e dei due indagati ed acquisendo testimonianze da una serie di soggetti a conoscenza dei fatti. L’attività investigativa ha consentito di accertare come i due coniugi imprenditori, nel periodo 2013-2015, quindi immediatamente prima di avanzare la domanda di concordato, avessero distratto dalla società circa 10 milioni di euro, facendoli confluire verso la società tunisina, dagli stessi controllata, attraverso una serie di operazioni commerciali pianificate ad arte, quali pagamenti per lavori su barche mai eseguiti, acquisizione di partecipazioni della società estera dal valore quasi nullo per circa 3.200.000 di euro, nonché mediante la riduzione e poi l’annullamento di un credito commerciale vantato per oltre 4 milioni di euro.  

Inoltre nel medesimo periodo gli stessi indagati avrebbero tentato, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, di svuotare le casse societarie con prelevanti di contante, emissione di assegni circolari e richiesta di bonifici a favore di una società con sede a Dubai per ulteriori 7.200.000 di euro, operazioni in parte non andate a buon fine in quanto non eseguite dagli istituti di credito, nel frattempo informati della procedura concorsuale in atto. Alla luce del quadro probatorio fornito, il Tribunale di Ravenna, nel novembre 2016, dichiarava il fallimento della società e, successivamente al fallimento, la Procura, sulla scorta delle evidenze investigative raccolte dalle Fiamme Gialle, ha richiesto ed ottenuto dal giudice per le indagini preliminari l’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i due imprenditori, indagati per reati di bancarotta fraudolenta consumata e tentata e per omesso versamento di ritenute fiscali. L’ordinanza è stata eseguita dalla Guardia di Finanza di Ravenna lunedì mattina e gli arrestati sono stati condotti presso il carcere di Forlì, a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Foto di Massimo Argnani

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