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Cronaca

Tagli per 25 milioni all'Ausl, l'imperativo è "risparmiare"

Non si rinuncia all'alta specializzazione (il così detto 3° livello) per le quali oggi i citytadini di Ravenna vanno verso altri territori

L'imperativo categorico per l'Ausl è quello di risparmiare. Sono i contenuti del bilancio di previsione dell'Ausl di Ravenna che la Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria nella seduta del 17 giugno scorso ha esaminato e approvato, condividendo le linee di intervento individuate dall’Azienda per coniugare qualità e sostenibilità economica. La previsione di esercizio 2013 risponde ai vincoli economico finanziari che discendono dalla normativa nazionale e regionale.

Tra questi vi è la riduzione del finanziamento sanitario di circa 260 milioni alla Regione Emilia Romagna che, per Ravenna , equivalgono a circa 25 milioni in meno di finanziamento. Per questo ci sarà l'assoluta necessità di equilibrio economico / pareggio di bilancio, con il blocco del turnover del personale (30%) e il raggiungimento standard per effetto spending review (posti letto 3,7 per mille abitanti; ricoveri 160 per mille abitanti). La previsione del bilancio 2013 formulata tenendo conto di questo contestodovrebbe portare ad un risultato d’esercizio coerente con l’obiettivo del pareggio di bilancio.

Spiega una nota del direttore generale dell'Ausl di Ravenna, Andrea Des Dorides: “Sono essenzialmente 2 gli obiettivi sui quali orientare il nostro lavoro: dare maggiore impulso all’attuazione di tutti gli interventi che mirano a qualificare l’assistenza, adottando modelli organizzativi avanzati sui processi assistenziali ed organizzativi interni alla struttura ospedaliera e sull’organizzazione dell’assistenza territoriale, spingendo al massimo i processi di integrazione sia funzionale che strutturale. Secondo garantire la sostenibilità economica a meno risorse, agendo in prima istanza su quelle aree che ancora oggi appaiono passibili di significativi margini di miglioramento dell’efficienza e dell’appropriatezza e, più in generale, ottimizzare l’uso delle risorse, senza incidere sulla efficacia dell’offerta”.

AREA VASTA.

Avanti tutta con l'Azienda Unica di Romagna, che con più di 1.100.000 abitanti e con un valore della produzione di ca. 2 miliardi e 200 milioni di euro, si qualificherà come la più grande del paese. “L’imminente processo di unificazione delle aziende dell’Area Vasta Romagna in un unico soggetto, rende irrinunciabile il completamento di questo processo, come condizione tesa a salvaguardare il percorso, gli sforzi e i risultati fin qui raggiunti”.

GLI OSPEDALI ROMAGNOLI A RETE

Dice una nota: “L’adozione di una logica di ospedale a rete, inteso come unico servizio ospedaliero, articolato in tre presidi territoriali, ma con una fortissima unità gestionale, consente di unificare la gestione della casistica e di mantenere l’erogazione di parte delle prestazioni specialistiche anche negli stabilimenti di 1° livello. Il modello organizzativo e funzionale a rete è quello che meglio risponde alla realtà demografica e sociale della Romagna, di un territorio cioè con un notevole indice di dispersione della popolazione e policentrico. D’altra parte è anche quello che può garantire la sostenibilità economica, preservando gli attuali livelli di servizio e anzi creando le condizioni per proseguire nel miglioramento qualitativo. Da quest’ultimo punto di vista è elemento di grandissima rilevanza strategica il fatto che nella nuova dimensione la rete ospedaliera acquisirà, se si opererà nella direzione indicata, le caratteristiche necessarie, come casistica afferente, per sviluppare prestazioni di alta specializzazione (il così detto 3° livello) per le quali oggi si è tributari verso altri territori. L’implementazione del modello “a rete” tra gli attuali ospedali distrettuali (1° livello) e quelli provinciali (2° livello) creerà l’opportunità per lo sviluppo “a rete”, tra questi ultimi, dell’ospedale specialistico (3° livello). Infine la qualificazione territoriale può essere ottenuta anche attraverso il ripensamento dei servizi esistenti e la ricollocazione delle risorse. Le due aree principali d’intervento sono le case della salute e l’organizzazione delle ‘Cure intermedie’ (rete strutture e assistenza domiciliare)”.

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