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Cronaca Lugo

Idrocarburi, Legambiente chiede una strategia regionale e un coinvolgimento della popolazione

In Emilia-Romagna sono attive 37 concessioni per l'estrazione di idrocarburi, 36 permessi di ricerca e 5 concessioni di stoccaggio, più altre richieste per estrazione e ricerca attualmente in corso di valutazione

In Emilia-Romagna sono attive 37 concessioni per l'estrazione di idrocarburi, 36 permessi di ricerca e 5 concessioni di stoccaggio, più altre richieste per estrazione e ricerca attualmente in corso di valutazione. In sostanza, quasi la metà del territorio regionale (e la quasi totalità della pianura) è interessata da progetti attivi o da richieste di autorizzazione, senza considerare poi quanto avviene nell'alto adriatico, a pochi chilometri dalla costa, dove si estraggono circa 4 miliardi di metri cubi di gas, oltre 10 volte la quantità estratta in terraferma.

Se da un lato in questi mesi è aumentata l'attenzione da parte dei cittadini per l'assetto del territorio, non risulta facile per la popolazione partecipare ai processi decisionali ed esprimere un parere consapevole su queste attività, sui rischi e sugli eventuali benefici. “Le concessioni minerarie - ha dichiarato Yuri Rambelli, Presidente del circolo Legambiente A. Cederna - sono infatti procedimenti lunghi, che durano anni, ma spesso riservati, se non nella forma quantomeno nella sostanza, ai soli addetti ai lavori”. Se infatti in teoria i cittadini avrebbero la possibilità di presentare osservazioni quando vengono depositati i documenti, all'atto pratico ciò risulta pressoché impossibile, perché pochi ne sono a conoscenza e in ogni caso si tratta di migliaia di documenti tecnici, comprensibili sostanzialmente solo dagli addetti ai lavori. Ciò significa che in realtà le prime vere comunicazioni alla popolazione vengono spesso fornite solo nell'imminenza dell'inizio del lavori, quando ormai le decisioni sono già state prese.

“A ciò si aggiunga - ha dichiarato Rambelli - che ognuno degli oltre 60 permessi attualmente vigenti, tra ricerca e coltivazione, ha una procedura autorizzativa a sé stante, si fatica a vedere il quadro generale e a farsi quindi un'idea dell'assetto che si vuole dare a questo territorio. Basti pensare al fatto che nella Bassa Romagna nelle ultime settimane abbiamo dovuto esaminare quattro diversi progetti, ognuno indipendente, ma ricadenti tutti a pochi chilometri di distanza l'uno dall'altro”.

Secondo Legambiente, sulla base della documentazione disponibile al pubblico, il rilancio della ricerca ed estrazione di idrocarburi in mare e a terra servirebbe inoltre ben poco a limitare la dipendenza dall'estero in quanto agli attuali ritmi di sfruttamento del nostro Paese le riserve verrebbero esaurite nell'arco di un anno o due; d'altra parte i rischi e i danni per il territorio potrebbero invece essere notevoli e irreversibili. Basti pensare al rischio subsidenza che interessa quasi tutta la pianura regionale, cioè l'abbassamento del terreno in conseguenza dell'estrazione di fluidi (acqua e gas) dal sottosuolo.

I rischi connessi alla subsidenza sono notevoli: dall'erosione delle spiagge al rischio di ingressione marina, dal possibile squilibrio delle reti idrauliche e fognarie nelle zone di bonifica, con rischio di allagamenti e inondazioni, ai danni al patrimonio artistico e monumentale e più in generale all'aumento della vulnerabilità degli edifici. In particolare, lungo la costa negli ultimi 50 anni il terreno si è abbassato di 70-100 centimetri. Se però, in seguito ai forti abbassamenti degli anni '60-'80, sono state pressoché fermate le estrazioni di acqua di falda per usi civili (rallentando notevolmente il fenomeno) la subsidenza prosegue tuttora a ritmi di circa un centimetro l'anno, anche in conseguenza della prosecuzione delle estrazioni di metano.

A fronte dei possibili rischi legati alla subsidenza, l'introito derivante dalle royalties, cioè i diritti di estrazione che le compagnie devono corrispondere agli enti locali, è limitato: pochi decine di migliaia di euro per le amministrazioni comunali che ospitano pozzi sul proprio territorio e circa 7-8 milioni di euro per la Regione Emilia-Romagna, mentre è stato invece calcolato che solo per rimpiazzare la sabbia persa ogni anno dai 100 km di costa della nostra regione, sarebbero necessari circa 13 milioni di euro.

“Se si vuole favorire un vero sviluppo sostenibile del territorio regionale, compatibile con il paesaggio, un corretto uso del territorio e delle risorse economiche - ha concluso Rambelli - e soprattutto un coinvolgimento attivo della popolazione nelle scelte che condizioneranno le loro vite nei decenni a venire, è perciò evidente che occorre superare l'attuale sistema, basato sull'esame di ogni singolo progetto, spesso con processi decisionali riservati, se non nella forma sicuramente nella sostanza, ai soli addetti ai lavori. Stiamo perciò realizzando un dossier regionale per chiedere una pianificazione delle concessioni minerarie che stabilisca se, dove e come, con quali prescrizioni, quali cautele, quali costi e quali benefici per la collettività, sfruttare le ricchezze del sottosuolo dell'Emilia-Romagna”.

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