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Cronaca

Cantiere alla foce dei Fiumi Uniti, ambientalisti: "Nuovo capanno impattante e a rischio mareggiate"

Con una lettera aperta le associazioni ambientaliste esprimono i propri dubbi sul cantiere aperto vicino alla foce dei Fiumi Uniti per costruzione di un capanno

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RavennaToday

Alcuni giorni fa, i volontari di varie associazioni ambientaliste, si sono recati presso la foce dei Fiumi Uniti in occasione di ormai consolidate attività di raccolta e monitoraggio dei rifiuti presenti nell’arenile vicino. La nostra attenzione è stata colpita/rapita da un movimento di macchine operatrici, che stavano effettuando lavori sull’argine destro dei Fiumi Uniti lato Lido di Dante e nello specifico da lavori che avevano comportato la realizzazione di sassaie sotto ed a fianco delle fondazioni di capanni e di palificazioni in legno. 

Incuriositi da tali attività, abbiamo effettuato un sopralluogo per capire cosa si stava realizzando, e giunti sulla spiaggia libera a sud della foce, ci si trovava in presenza di recinzione arancione a delimitare un cantiere, con la foto che indicava l’autorizzazione alla realizzazione di un capanno con relativa passerella di accesso. A questo punto, si è tentato di reperire informazioni su tale cantiere e sulle autorizzazioni rilasciate, ma giunti in prossimità della carraia di accesso ai capanni, ci si trovava di fronte a dei cartelli, che vietano l’accesso all’area quale proprietà privata, con relativo richiamo a sanzioni previste dal codice civile.

Con nostro stupore venivamo a conoscenza che gli argini della foce risulterebbero di proprietà dei capannisti con accesso vietato per i non autorizzati. Ma come, una foce fluviale che dovrebbe essere un bene pubblico, regolato dal demanio idraulico e dal demanio marittimo, può essere di proprietà di privati? Abbiamo cercato di capire come, almeno apparentemente, poteva risultare che quella fosse un’area privata permettendo quindi che il nuovo capanno in costruzione potesse sostituire una precedente struttura prima ubicata in posizione più avanzata verso mare ed abbattuta anni fa da una forte mareggiata. 

Chi ha facoltà e dovere di regolamentare e valorizzare non solo le bellezze paesaggistico – ambientali del territorio ma anche, e soprattutto, la sua messa in sicurezza dai rischi potenziali? Nel caso in oggetto, a fronte dell’eventuale diritto dei proprietari del capanno abbattuto dalla mareggiata (derivante da titolo edilizio preesistente) diviene spontaneo ed immediato ritenere che sarebbe stato più opportuno consentire la sua ricostruzione almeno in un’area più arretrata e libera lungo il tratto fluviale, ove già esistono decine e decini di capanni, per altro ubicate sufficientemente lontano dall’area SIC/ ZPS che caratterizza la zona di foce.

Non essendo noi ingegneri idraulici, ma semplici  cittadini, ci chiediamo, a fronte dei rischi derivanti dall’insieme dei molteplici problemi esistenti, ed ormai ampiamente evidenziati e precisati dagli studi condotti anche in questa area fociale sia a livello di servizi tecnici regionali e di bacino, non fosse stato più sicuro avere la foce del fiume non occupata da opere e palificazioni in cemento armato e acciaio.

Facendo memoria che la natura quando vuole si riprende i suoi spazi (decine e decine di metri di spiaggia come avvenuto negli ultimi anni nell’area così come il collasso del precedente capanno sotto la violenza delle mareggiate) era meglio riflettere se concedere tale autorizzazione e non ingaggiare un inutile confronto / scontro con la natura quando è ormai comprovato e condiviso che, quantomeno, le variazioni climatiche in atto dovranno sempre più rapidamente insegnarci a fornire risposte fattibili ed effettive attraverso forme di resilienza e salvaguardia in un contesto di sviluppo sostenibile. Qui ci si trova a riflettere su un banale capanno che si andrà a ricostruire sui fiumi Uniti a 50 metri in mezzo alla sua foce: sorge quindi spontanea la domanda del perché non autorizzarlo in un luogo idraulicamente meno rischioso non solo per il territorio, ma anche per chi ne dovrà fruire e paesaggisticamente meno impattante? 

Proprio in questi giorni nei webinair organizzati dal servizio ARPAE e Protezione Civile dell’Emilia-Romagna in merito alla “Sicurezza del territorio. Che costa sarà?”, ci stiamo interrogando su quale sarà la costa nei prossimi anni e quali azioni e provvedimenti adottare per mettere in sicurezza le aree del retrospiaggia, da 1 fino a 5 km. Da tali incontri e dai contributi portati dai tecnici ci è parso di capire di come errori commessi in passato hanno visto una eccessiva cementificazione delle nostre spiagge e fiumi in conseguenza di una pluridecennale azione antropica legata alla costruzione di infrastrutture che hanno comportato consistenti ed ormai irreversibili modificazioni nei sistemi fociali e di spiaggia con l’alterazione delle dinamiche costiere per strutture aggettanti.

Esempio rilevabile proprio intorno della foce dei fiumi Uniti, una delle aree maggiormente soggette a subsidenza, e che vedrà, così come ormai da tempo segnalato da studi e ricerche scientifiche di settore, un aumento dei livelli del mare ed un incremento significativo, sia in magnitudo che in tempi di ritorno, delle mareggiate. Ai posteri, ovviamente, l’ardua sentenza per giudicare chi autorizzò la realizzazione del capanno e delle sassaie in costruzione a foce Fiumi Uniti, magari confrontandola con la normativa speciale promossa in Abruzzo per il recupero e la valorizzazione estetica dei noti trabocchi storici in legno costruiti  lungo  la costa ed in relazione al futuro percorso ciclabile di interesse turistico regionale che riguarderà questo sito; magari potrà  risultare interessante per molti leggere quali  normative speciali sono state poste per la loro regolamentazione. La battaglia per l’Ortazzo… continua a Foce Fiumi Uniti!”  

I volontari di Italia Nostra Ravenna, L’Arca, Legambiente Ravenna, WWF Ravenna, Delegazione FAI-Ravenna.

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