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Cronaca

Viaggio nel carcere di via Port'Aurea: "Oggi è un modello per tutta Italia, ma gli spazi sono ancora stretti"

"Oggi la casa circondariale di Ravenna non è più quel "non luogo infernale" dove sopravvivevano in condizioni vergognose 180 detenuti, che oggi sono invece 81"

"Una situazione completamente diversa rispetto a quella, molto critica, emersa dalle ultime visite". E' quanto afferma la delegazione Radicale e Socialista che, sabato 16 giugno, ha effettuato una visita alla casa circondariale di via Port'Aurea. La visita fa parte di una mobilitazione organizzata sull'intero territorio nazionale, con una serie di ispezioni all'interno di 40 strutture carcerarie in 14 regioni per raccogliere dati in occasione dei 35 anni dalla morte di Enzo Tortora, vittima di un caso di malagiustizia di cui l'uomo fu vittima che venne poi rinominato "caso Tortora".

"Siamo rimasti piacevolmente sorpresi da tutte le novità e migliorie apportate dalla nuova direttrice, Carmela di Lorenzo, in accordo con l'amministrazione comunale - spiega Davide Amadori di Radicali italiani - Oggi la casa circondariale di Ravenna non è più quel "non luogo infernale" dove sopravvivevano in condizioni vergognose 180 detenuti, che oggi sono invece 81, tutti condannati in via definitiva a pene non superiori ai cinque anni oppure in attesa di giudizio". Più della metà della popolazione carceraria - composta in gran parte da persone che hanno commesso reati contro il patrimonio (furti e rapine) o relativi allo spaccio di sostanze stupefacenti - risulta essere tossicodipendente, e circa la metà è rappresentata da persone di origini straniere. "Prima c'era un tasso di recidività molto alto - aggiunge Amadori - oggi non è disponibile un dato preciso, ma la sensazione è che la situazione sia ben diversa e i "ritorni" in cella siano molto inferiori. Inoltre, rispetto alle altre strutture, non si sono mai verificati casi di autolesionismo (escludendo un caso di suicidio avvenuto a marzo di quest'anno e uno ad agosto 2017, ndr)".

"La situazione è completamente diversa rispetto a quando siamo entrati l'ultima volta - aggiunge Cesare Sama, militante radicale - ed è giusto mettere in evidenza l'ottimo lavoro svolto, così come è giusto precisare che quella di Ravenna è una casa circondariale, e non un vero e proprio carcere attrezzato per accogliere detenuti con forti carichi penali, nè sono presenti al suo interno celle per l'isolamento". E' presente invece una biblioteca molto utilizzata, una postazione scolastica dove i detenuti possono studiare per ottenere la licenza media o per imparare l'italiano o l'inglese. C'è una piccola palestra, un giardino dove si svolgono i colloqui coi parenti, un refettorio dove mangiano i detenuti condannati in via definitiva (gli altri lo fanno in cella), un laboratorio di mosaico (i detenuti stanno realizzando un'opera ispirata a San Vitale) e uno per la panificazione (che "sforna" anche dei pizzaioli provetti), oltre al programma approvato dalla giunta comunale "Azioni per l'umanizzazione della pena e il miglioramento delle condizioni di vita che di trovano in area penale" con laboratori di cucina, teatro e informatica e tra poco inaugurerà un campetto da calcetto. "Una volta c'erano materassi buttati per terra e letti a castello da tre invece che da due in ogni cella - spiega Sama - Oggi c'è la possibilità di partecipare a corsi certificati di formazione lavorativa, e grande importanza viene data anche a cultura, teatro, recitazione e arte, con progetti importanti quali "Dante entra in carcere". Si sono creati percorsi con scuole e imprese che  organizzano visite in carcere e che mostrano ai visitatori come i detenuti non siano abbandonati dalla società e che lì dentro la vita non finisce, al contempo mostrando ai carcerati che fuori c'è un mondo che li aspetta". Anche i rapporti tra detenuti e guardie carcerarie, secondo la delegazione radicale, è ottimo: "C'è grande disponibilità da parte delle 56 guardie, sono brave e valide", spiega Sama.

"Credo che quella di Ravenna sia davvero un modello di casa circondariale per tutta Italia - spiega Lorenzo Corelli, esponente dei socialisti ravennati - Il pregio fondamentale è quello di essere inserito in una fitta rete di associazioni di volontariato, che insieme ai donatori aiutano molto a contrastare la povertà di risorse, purtroppo ancora presente". Il problema degli spazi però rimane, anche se i detenuti sono passati da 180 a 81 - visto che la capienza della struttura è di circa 50 posti, con celle da nove metri quadrati compreso il bagno ogni due persone. "A Ravenna manca anche una struttura che consenta una pena alternativa al carcere, come una casa di semi-libertà", aggiunge Amadori. Per Sama, invece, ciò che manca è il "prosieguo fuori dal carcere, progetti e attività lavorative rischiano spesso di iniziare e finire nella struttura perchè mancano possibilità di inserimento lavorativo. Se si vuole abbassare il numero di reati bisogna dare la possibilità di formarsi e reinserirsi nel mondo, altrimenti si condanna i detenuti a ripetere le loro azioni. La "pena certa", che spesso viene sventolata per fare propaganda, non è il carcere in sè, ma il progetto di recupero".

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