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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

"Cinghiali e caprioli, in un anno 16 morti e danni per oltre un milione di euro"

Coldiretti - alla vigilia dell’apertura ufficiale della caccia prevista per domenica 17 – chiede che siano definiti "interventi adeguati per contenere la diffusione di questi animali e prevenirne i danni"

"Allevamenti decimati, centinaia di ettari di raccolti distrutti, frutta e uva irrimediabilmente danneggiate, terreni morfologicamente compromessi. La crescita esponenziale di grandi animali, ma anche di predatori e di numerose specie di uccelli, ha creato sul territorio provinciale una insostenibile densità di selvaggina, con danni sempre più estesi all’agricoltura". Coldiretti - alla vigilia dell’apertura ufficiale della caccia prevista per domenica 17 – chiede che siano definiti "interventi adeguati per contenere la diffusione di questi animali e prevenirne i danni. La quasi totale assenza e, in alcuni casi, l’impossibilità di un controllo reale della diffusione degli animali, in particolare degli ungulati, ha portato la presenza degli animali selvatici al di fuori delle aree prettamente montane arrivando in zone anche ad alta densità agricola e abitativa. Tutto questo senza dimenticare le nutrie che, pur non essendo considerata fauna selvatica, ma solo animali dannosi, quest’anno hanno spopolato nelle campagne perché non è stato possibile controllarne il numero a causa di problemi burocratici. Secondo gli ultimi dati disponibili, in Emilia Romagna nel 2015 sono stati risarciti agli agricoltori danni per un milione e 142mila euro. Ad essere colpiti dal proliferare incontrollato di cinghiali, cervi e caprioli, non sono solo gli agricoltori, visto che nel solo 2016 – sulla base dei dati Asaps – sulle strade italiane sono stati rilevati 119 incidenti gravi con animali, nei quali sono morte 16 persone e 151 sono rimaste ferite".

"La situazione sta diventando sempre più insostenibile nelle campagne, anche perché del 2016 è cambiata la normativa sulla prevenzione e sugli indennizzi che penalizza ancora di più chi vive del lavoro nei campi - prosegue Massimiliano Pederzoli, presidente di Coldiretti Ravenna - Le nuove norme infatti prevedono che possano essere risarciti solo i danni derivanti da specie protette, mentre per le specie cacciabili sono previsti indennizzi in regime di “de minimis” (quindi irrisori) e non sono previsti fondi per la prevenzione. Si tratta di una normativa dell’Unione Europea che ritiene che per i danni da animali non protetti gli agricoltori siano risarciti dagli introiti della caccia. Peccato che tutto questo sia possibile in 25 Paesi europei, dove gli animali non sono di nessuno (“res nullius”) o sono di proprietà di chi coltiva il fondo. Negli altri due Paesi, Italia e Grecia, invece gli animali sono patrimonio indisponibile dello Stato, per cui chi coltiva la terra non può ricavare nessun reddito dalla caccia. In questo modo gli allevatori e agricoltori italiani nutrono gli animali selvatici che poi vengono cacciati e mangiati o venduti da altri. Le principali specie cacciabili per cui non è previsto nessun risarcimento sono: cinghiale (154 mila euro di danni nel 2015), lepre (95 mila euro), storno (194 mila euro), fagiano (72 mila euro), piccioni (76 mila euro). Si tratta di una situazione estremamente negativa anche per l’ambiente e il territorio perché mette in crisi la biodiversità, creando una situazione di sofferenza per i piccoli animali e la flora. Il tutto aggravato quest’anno dalla situazione di siccità che non è stata dannosa solo per gli animali, ma molto di più lo è stato per gli agricoltori. Con gli animali selvatici, che stanno provocando danni insostenibili alle imprese agricole mettendo addirittura a rischio la vita dei cittadini nelle aree interne, serve responsabilità da parte di tutti. Non è più solo una questione di risarcimenti dei danni, ma è diventato un fatto di sicurezza delle persone e della vita nelle campagne. Per chi opera nelle aree montane e svantaggiate non è solo è a rischio la possibilità di poter proseguire l'attività agricola ma anche di circolare sulle strade o nelle vicinanze dei centri abitati”.

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