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Cronaca

Codice Rosso, Linea Rosa: "La legge da sola non basta, serve l'intervento della rete d'aiuto"

Secondo i risultati di un’indagine condotta dall’Istat, dal 2012 al 2016 in Italia, su 417 sentenze esaminate, 355 sono classificabili come femminicidio, ovvero l’85% del totale

Erano oltre 300 i partecipanti al convegno online di martedì pomeriggio dal titolo "Codice Rosso. La Legge n. 69/2019. Dalla ratio ai profili di applicazione forense", organizzato da Linea Rosa in collaborazione con la Fondazione Forense Ravennate e il Cpo Avvocatura Ravennate, nell’ambito della rassegna patrocinata dal Comune di Ravenna “Società per Relazioni”, e accreditato dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Ravenna. All’incontro hanno preso parte nel ruolo di relatori e relatrici l’avvocatessa Paola Carpi, direttrice della Fondazione Forense Ravennate, l’avvocatessa Sonia Lama, presidente del Cpo dell’Ordine degli avvocati di Ravenna, Alessandra Bagnara, presidente di Linea Rosa odv, Fabio Roia, presidente della Sezione Penale del Tribunale di Milano e l’avvocato Giovanni Scudellari. Un momento importante di informazione e formazione rispetto a una legge introdotta dal Legislatore quale risultato dell’evoluzione giuridica e culturale in atto, e inserita in un contesto storico-sociale in cui appare evidente la necessità di un provvedimento deciso di fronte ad un’emergenza che ha assunto le dimensioni di fenomeno.

Secondo i risultati di un’indagine condotta dall’Istat, dal 2012 al 2016 in Italia, su 417 sentenze esaminate, 355 sono classificabili come femminicidio, ovvero l’85% del totale. Nell’88,5% dei casi l’autore del reato è un uomo e la vittima è una donna mentre solo nel 2% la vittima è stata uccisa da un’altra donna. Emerge poi che nel 9,2% dei reati gli autori sono in complicità uomini e donne a danno di altre donne. Infine, nel 9,5% dei delitti, a fronte di uno o più autori, le vittime sono più di una, inclusi uomini (il che include anche la categoria dei figli maschi della vittima). Nel complesso, gli uomini si ritrovano tra gli autori nel 98% delle sentenze esaminate. Altro dato rilevante: nel 55,8% dei casi tra assassino e vittima esiste una relazione sentimentale, in atto al momento dell’omicidio o pregressa. Se a questi si aggiungono le circostanze in cui esisteva una relazione di parentela, si scopre che in circa il 75% dei casi le donne muoiono nell’ambito familiare. 

“Sono tre gli effetti concausali alla base di un femminicidio - spiega il presidente Roia - Il primo è riconducibile alla mancanza di una denuncia pregressa di eventuali episodi di maltrattamenti del carnefice, il secondo ad una trascuratezza nel trattare le denunce da parte di chi le raccoglie mentre il terzo è legato ad una sbagliata valutazione del rischio degli operatori e delle operatrici del sistema di soccorso. Per trovare soluzione a questo triste fenomeno l’impegno deve essere collettivo e coinvolgere tutta la rete di aiuto. Proprio per questo ogni anello della catena deve operare con umiltà comunicando l’uno con l’altro e mostrando quanta più empatia possibile nei confronti della vittima”.

La collaborazione dei soggetti della rete è un aspetto fondamentale a cui la presidente di Linea Rosa Bagnara attribuisce buona parte del successo nel percorso di uscita dalla violenza di una donna: “Affinché tale cooperazione sia produttiva, la loro formazione costante rispetto agli strumenti a disposizione è un aspetto fondamentale da non sottovalutare. Solo conoscendo tutte le alternative giuridiche si può collaborare al meglio in modo efficace”. Concorde il parere dell’Ordine degli avvocati secondo cui la formazione è una necessità reale per non sentirsi inadeguati e riuscire ad esprimere la totale empatia nei confronti delle vittime, come loro diritto che sia, e, al contempo, conferire all’avvocatura un ruolo fondamentale nel cambiare un retaggio culturale che talvolta colpevolizza le stesse vittime.

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