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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Covid nelle case di riposo, la denuncia del sindacato: "Poche mascherine e tamponi"

"Ci sono alcune realtà in cui i dipendenti erano obbligati a lavare i propri indumenti da lavoro a casa e si vedevano consegnare una mascherina chirurgica per turni di 6 ore"

"Situazione tragica nelle case di riposo. Strutture inadatte a contrastare il contagio del virus. I tamponi a 30-40 giorni si sono dimostrati insufficienti e c’è chi ancora risparmia sui dispositivi di sicurezza". E' la denuncia della Fuzione Pubblica Cgil di Ravenna, che esprime grande preoccupazione per il drammatico scenario che si è delineato nelle strutture residenziali per anziani della provincia di Ravenna.

"Il numero di focolai e l’ampio raggio di persone coinvolte fra operatori sanitari, infermieri, oss, fisioterapisti, responsabili delle attività assistenziali e utenti ci convince ogni giorno di più della necessità di ripensare il modello organizzativo del lavoro, coniugandolo positivamente con le necessità di anziani e dipendenti - spiegano - Serve un modello che garantisca la sicurezza e la salute a ospiti e lavoratori. Nella seconda ondata della pandemia, la quasi totalità dei casi di positività, tra il personale (circa 180 unità) e gli ospiti (circa 280 unità) dei centri per gli anziani, si è verificata in strutture gestite dalla cooperazione sociale, da privati o strutture non accreditate. Una domanda si pone legittima: è compatibile una gestione finalizzata al profitto con l’assistenza, la salute e sicurezza di ospiti e personale? Noi riteniamo che non sia solo un problema di allentamento nell'applicazione di protocolli e norme, ma vi sia una questione di fondo nel modello organizzativo. Sino ad ora le gestioni che “facevano bilancio” comprimendo diritti dei lavoratori, turnazioni e organici o negando l'acquisto di strumentazioni e dotazioni atte a tutelare lavoro e servizi si ripercuotevano sui dipendenti provocando malattie professionali a spalle, colonna vertebrale e in alcuni casi al sistema nervoso. Queste gestioni negavano quasi sempre corrette relazioni sindacali, invitando al silenzio il personale che si lamentava o che andava al sindacato. Oggi queste gestioni non hanno il presupposto per isolare e gestire il contagio. Una volta che il virus entra in struttura, il sistema implode trasmettendo il virus, con conseguenze a volte letali, a ospiti, personale e loro familiari. Ci sono alcune realtà in cui i dipendenti erano obbligati a lavare i propri indumenti da lavoro a casa e si vedevano consegnare una mascherina chirurgica per turni di 6 ore".

"Riteniamo che molto si stia facendo, ma per intervenire in questo scenario chiediamo a tutti i nostri interlocutori - Distretto Sanitario, Dipartimento di sanità pubblica, Asp, centrali cooperative e loro associate - di adoperarsi, ognuno per la propria competenza, per creare le condizioni indispensabili per invertire questo trend in ogni singola realtà - proseguono dalla Cgil - In un momento così tragico, lesinare sui dispositivi di sicurezza non fa altro che aumentare il numero dei contagiati, i disagi e le paure per gli operatori, gli anziani e le famiglie che vi ruotano attorno. La vita di ogni singola persona è preziosa, il bene che ognuno riserva al proprio caro è inestimabile e dobbiamo tutelarli con tutte le risorse a disposizione, così come dobbiamo tutelare la vita dei lavoratori e dei loro famigliari, spesso colpiti in prima persona. Chiediamo alle cooperative virtuose, con le quali sono costanti gli incontri di aggiornamento e coinvolgimento nei protocolli covid e di informazione sulle situazioni di focolai, di essere da esempio. Ci sono realtà che negano il coinvolgimento del sindacato nei comitati covid, demandano e rimandano le forniture di dispositivi di protezione individuale (Dpi) specifici, anche nel momento in cui si verificano casi accertati all’interno della struttura, non garantiscono, con sistematicità, tamponi e screening. Simili situazioni favoriscono il diffondersi in maniera incontrollabile di casi che, come purtroppo stiamo vedendo, hanno portato alla morte di numerosi anziani e residenti nelle strutture per anziani e di famigliari del personale coinvolto. Serve una maggiore attenzione nella gestione dei focolai, che garantisca reparti distinti fra positivi e negativi. Pur comprendendo la difficoltà dell’emergenza, i positivi vanno immediatamente isolati e gestiti da personale dedicato che non venga in contatto con altri ospiti e colleghi".

"Chiediamo a tutti i gestori privati e pubblici la massima collaborazione per garantire screening e tamponi con cadenza almeno quindicinale, perché è sotto gli occhi di tutti che tamponi eseguiti ogni 30/40 giorni siano quanto meno tardivi e insufficienti - concludono - Non è possibile che, ancora oggi, una struttura per anziani non sia dotata di un servizio professionale di lavanderia e dia risposte approssimative al sindacato quando chiede chiarimenti in merito a protocolli covid e gestione dell’emergenza. Troppo spesso succede che le mascherine chirurgiche siano centellinate o date solo su richiesta, che le mascherine Ffp2 non siano fornite, assieme a visiere e camici idonei".

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