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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Oltre 51mila pensionate a Ravenna: il reddito medio supera i 15mila euro

Il reddito pensionistico medio annuale femminile è di 15.166 euro (51.635 le pensionate), quello maschile (44.209 i pensionati) è 20.645 euro

La disparità di genere sotto il profilo previdenziale è stata al centro dell'incontro pubblico dal titolo “Donne e pensioni – Quando e come organizzato dal Tavolo lavoro conciliazione e salute delle donne della Provincia di Ravenna in collaborazione con Cgil, Cisl, Uil e Comune, che si è svolto nella sala Buzzi di via Berlinguer. L'iniziativa è stata coordinata da Sonia Alvisi, Consigliera di parità della Provincia. L'argomento è stato trattato nella sua complessità prima da Giulia Dalla Nora, dottoranda del dipartimento di Sociologia e diritto dell’economia dell’Università di Bologna, che ha illustrato i fattori che condizionano le scelte di pensionamento delle donne, poi da Leonardo Ciavattone, dirigente dell’Inps di Ravenna e da Valeria Picchio, del dipartimento economia, fisco, previdenza, riforme istituzionali della Cisl nazionale.

Dagli interventi e dai dati presentati è emerso come a livello nazionale sia presente un netto divario tra i redditi pensionistici delle donne e quelli degli uomini a favore di questi ultimi. Che percepiscono un importo medio di pensione pari al 1.577 euro mensili contro i 1.103 delle donne, comprensivo di reversibilità percepita dal 69,1 per cento delle pensionate. Senza questa integrazione per loro l'importo scende a 916 euro mentre per gli uomini si attesta a 1.536. La situazione di Ravenna rispecchia quella nazionale: il reddito pensionistico medio annuale femminile è di 15.166 euro (51.635 le pensionate), quello maschile (44.209 i pensionati) è 20.645 euro. I motivi di questa oggettiva disparità a scapito delle donne sono molteplici: inserimento lavorativo più tardivo, incarichi interrotti per forza maggiore, carriere lavorative più corte. A questi fattori si aggiunge poi il peso delle esigenze famigliari che spesso sovrasta le scelte lavorative, sottraendo quindi quote di contributi per la futura pensione.

Per contro, sul piano giuridico previdenziale permangono condizioni penalizzanti legate ad un cambiamento accelerato dei requisiti pensionistici, alla mancanza di meccanismi compensativi durante la vita lavorativa a fronte di necessità famigliari, alle soglie economiche previste nel sistema contributivo, alle norme sui lavori usuranti declinate al maschile e alla scarsa tutela del lavoro di cura regolato col sistema di tipo  contributivo che non prevede integrazione al minimo. Su tali questioni aperte i sindacati stanno avanzando alcune proposte finalizzate a compensare gli svantaggi. Come ha spiegato Valeria Picchio, "Cgil, Cisl e Uil portano avanti l'accesso flessibile alla pensione senza ricalcolo contributivo, il riconoscimento del tempo dedicato al lavoro di cura, l'estensione e il potenziamento della contribuzione figurativa presso tutte le gestioni per periodi di congedo parentale, il lavoro di cura famigliare e assistenza a persone disabili e la diversità dei lavori fra uomo e donna".

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